Penale

Giudizi per direttissima, stop alla tagliola per la scelta del rito abbreviato

La Corte costituzionale, sentenza n. 243 depositata oggi, ha infatti dichiarato l'illegittimità degli articoli 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, del Cpp per come interpretati dalla giurisprudenza prevalente

di Francesco Machina Grifeo

Più tempo per la richiesta dei riti alternativi nei giudizi per direttissima. La Corte costituzionale, sentenza n. 243 depositata oggi, ha infatti dichiarato l'illegittimità degli articoli 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, del Cpp, per come interpretati dalla giurisprudenza prevalente. E cioè nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all'imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. pen.

Il Tribunale di Firenze ha rimesso la questione di legettimità dovendosi pronunciare sulla richiesta di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 Cpp, avanzata dall'imputato dopo che questi, in esito all'udienza di convalida, aveva ottenuto il termine a difesa di cui all'articolo 558, comma 7, cod. proc. pen., previsto nel giudizio direttissimo dinnanzi al tribunale in composizione monocratica. A impedire l'accoglimento, tuttavia, rilevava il rimettente si porrebbe la lettura della Cassazione, «assurta al rango di diritto vivente», secondo cui la concessione del termine a difesa comporterebbe l'apertura del dibattimento, con conseguente preclusione della possibilità di richiedere il giudizio abbreviato e l'applicazione della pena su richiesta.

La questione posta alla Corte, dunque, è se del termine a difesa ci si debba avvalere – secondo l'orientamento di legittimità – unicamente per la prosecuzione della fase dibattimentale del giudizio direttissimo, ovvero se esso debba essere concesso anche in vista delle scelte che l'imputato ha la facoltà di compiere sull'accesso ai riti alternativi, come auspicato dal rimettente.

Nel caso del giudizio direttissimo, si legge nella decisione, la scelta dell'imputato di accedere a uno dei riti speciali non può comportare il sacrificio delle essenziali esigenze difensive sull'altare della speditezza dei tempi processuali. "Non può dunque ritenersi che la scelta del rito debba necessariamente avvenire seduta stante e incognita causa". Il giudice ove l'imputato ne faccia richiesta, è perciò "tenuto a concedere il termine non solo in vista dell'approntamento della migliore difesa nella prosecuzione della fase dibattimentale, ma anche in funzione dell'esercizio consapevole della scelta sull'accesso al giudizio abbreviato e all'applicazione della pena a norma dell'art. 444 cod. proc. pen.".

Del resto, prosegue il ragionamento, nel giudizio direttissimo la "compressione" del diritto di difesa dell'imputato è molto forte. "Basta considerare, al riguardo - prosegue -, come il rapido susseguirsi delle fasi processuali del giudizio di convalida dell'arresto e dell'instaurazione del giudizio direttissimo, seppure consente di «pervenire con immediatezza all'accertamento di responsabilità penale dell'imputato», può risolversi, talvolta, anche in uno spazio di poche ore, il che rende non infrequente che l'imputato non sia assistito dal difensore di fiducia, e che si trovi, inoltre, a dover compiere la scelta sul rito senza disporre di alcun apprezzabile lasso di tempo, quando non in modo addirittura istantaneo".

Per tutte queste ragioni la Corte, riaffermando il dettato dell'ordinanza n. 254 del 1993 e preso atto dell'incompatibilità con l'articolo 24 Cost. dell'interpretazione della «consolidata giurisprudenza di legittimità» (sentenza n. 68 del 2021), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, cod. proc. pen. in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all'imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. pen.

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