Amministrativo

Professioni sanitarie: giurisdizione speciale per le controversie inerenti la tenuta degli albi, il ruolo della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie

La funzione di organo di giurisdizione speciale in ordine a controversie il cui ambito è puntualmente e normativamente delimitato è stata più volte ribadita tanto dal Consiglio di Stato quanto dalla Corte di Cassazione

di Rosita Ponticiello*, Barbara Marzoli*


Dinanzi al giudice ordinario un professionista sanitario impugnava il provvedimento di diniego di iscrizione al relativo Albo da parte dell'Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione, con ricorso ex art. 700 cpc chiedendo di provvedere con immediatezza all'iscrizione presso l'albo ordinario e disporre ogni altro provvedimento idoneo ad eliminare il pregiudizio subito e subendo.

L'Ordine territoriale convenuto eccepiva il difetto di giurisdizione a favore della Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, quale organo di giurisdizione speciale.

In particolare, si osservava che Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS) è un organo di giurisdizione speciale, istituito presso il Ministero della Salute presieduto da un Consigliere di Stato e composta da componenti designati dal Consiglio Superiore di Sanità, nonché dai membri designati dalle Federazioni nazionali degli Organi e Collegi delle professioni sanitarie; detti componenti vengono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Istituita con il Decreto Legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 13 settembre 1946, n. 233 e relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 5 aprile 1950 n. 221, è sopravvissuta quale organo di giurisdizione speciale al divieto contenuto al comma 2 dell'art. 102 della Carta Costituzionale, in quanto ritenuta conforme ai canoni costituzionali individuati in materia di indipendenza ed imparzialità dell'organo giudicante (all.2 D.L.C.p.s. n. 233 del 1946 e regolamento attuativo D.p.r. 221 del 1950) .

La funzione di organo di giurisdizione speciale in ordine a controversie il cui ambito è puntualmente e normativamente delimitato è stata più volte ribadita tanto dal Consiglio di Stato quanto dalla Corte di Cassazione.

La competenza della Commissione Centrale quale organo di giurisdizione trova i suoi limiti nelle norme contenute negli artt 5, 15 lett g) e 18 D. Lgs. C.p.S 233/1946 e negli articoli 9 e 21 e dal 38 al 53 del D.P.R. 221 del 1950. In particolare è competente in via esclusiva in materie di vertenze attinenti: a) iscrizione, sospensione e cancellazione dall'albo professionale; b) applicazione delle sanzioni disciplinari nei confronti degli iscritti all'albo; c) elezione dei componenti del Consiglio Direttivo dell'Ordine e Collegio Professionale. Avverso le decisioni assunte da tale organo è ammesso ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

La giurisdizione speciale della Commissione sulle suddette controversie non è venuta meno nemmeno a seguito della copiosa normativa che ha dato il via al riordino delle professioni sanitarie e alla costituzione degli Albi delle professioni sanitarie tecniche. L'art. 4 del D.M. 13 marzo 2018, in materia di tenuta degli albi, rinvia esplicitamente all'art 4 della Legge 11 gennaio 2018 n. 3 (c.d. Legge Lorenzin) che al comma 4 statuisce "contro i provvedimenti per le materie indicate ai commi 1, lettera a) (decisione del Consiglio direttivo di ciascun Ordine in ordine all'iscrizione del professionista al relativo Albo), e 2 lettere a) (proposta di iscrizione del professionista della Commissione di Albo al Consiglio direttivo) e c) (provvedimenti disciplinari), è ammesso ricorso alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (L. 11 gennaio 2018 n. 3 e D. M. 13 marzo 2018).

A riprova di quanto argomentato si richiama una recente sentenza del Tar Lazio (Sentenza TAR Lazio, Sez III Quater, n. 11567 del 29.11.2018) che proprio in ordine ad un ricorso avente ad oggetto il diniego di iscrizione all'albo di una professione sanitaria "lo dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiarava la giurisdizione della Commissione Centrale per le professioni sanitarie di cui all'art. 17 del D.Lgs C.P.S. n. 233 del 1946". Suddetta Commissione, non vi è dubbio, che abbia tale esclusiva competenza tant'è vero che vi sono molteplici e recenti pronunce in materia come da estratto del massimario pubblicato dal Ministero della Salute.

Non meno rilevante risulta poi essere la questione relativa al presupposto di ammissibilità della tutela cautelare atipica prevista dall'art. 700 c.p.c. costituito dalla sussidiarietà del rimedio d'urgenza, nel senso che ad esso non può ricorrersi qualora sia invocabile altro rimedio tipico. Questo significa che per poter ricorrere a tale rimedio il soggetto che adisce l'autorità giudiziaria non debba essere in possesso di un altro strumento di tutela a lui offerto dall'ordinamento, senza differenza alcuna tra rimedi tipici processuali e rimedi stragiudiziali, con i quali può agire in autotutela.

Nel caso di specie, il ricorrente avrebbe dovuto adire, avverso il rigetto della sua domanda di iscrizione, la Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, quale organo di giurisdizione speciale. Non trovando ragionevolezza la considerazione che sarebbe da ciò derivato un pregiudizio immediato per la tutela dei diritti che lo stesso sosteneva di vantare, posto che il ricorso di fronte tale organo di giurisdizione ha effetto sospensivo.

Inoltre, deve aggiungersi il riferimento a quella parte della giurisprudenza che, più in generale, esclude all'origine la possibilità di ricorrere all'uso della tutela cautelare al fine di ottenere l'anticipazione degli effetti di una sentenza avente natura costitutiva. Si argomenta infatti che l'efficacia di una pronuncia costitutiva è legata al passaggio in giudicato della relativa sentenza con cui il diritto si viene a costituire. Pertanto va esclusa la tutela cautelare anticipatoria per mancanza di attualità del diritto, non potendosi ammettere una tutela per un diritto solo sperato.

Il Tribunale di Viterbo con Ordinanza del 2 settembre 2020 rigettava il ricorso dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore della CCEPS ed evidenziando che "non risulta superabile la predetta eccezione neanche sul rilievo di parte ricorrente della ritenuta assenza della previsione di una tutela di natura cautelare in capo alla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, da ciò facendone derivare la necessaria giurisdizione del giudice ordinario adito sulla domanda proposta d'urgenza dalla ricorrente al fine di scongiurare un vuoto di tutela;" infatti, "il giudizio davanti alla Commissione Centrale è disciplinato in maniera specifica dal capo V del D.P.R. n. 221/1950, vigente all'attualità, il quale prevedendo in maniera puntuale, all'art. 53, un potere di sospensione in capo alla predetta Commissione, comporta la non esclusione – ritenuta invece da parte ricorrente – di un'eventuale fase cautelare, ben potendo dunque adottare la Commissione, con ordinanza, una misura d'urgenza motivata sulla valutazione della sussistenza del fumus boni iuris e del periculum, come già ritenuto in tema di ricorsi avverso la validità delle operazioni elettorali, di cui all'art. 21 del D.P.R. richiamato, nell'ambito del quale non è neanche previsto alcun effetto sospensivo, né automatico né discrezionale, come invece stabilito all'art 53, e ciò anche considerando che, come già attuato dalla giurisprudenza amministrativa in sede interpretativa, prima della positivizzazione di una tutela cautelare atipica, anche ante causam, nei confronti dei c.d. atti negativi con effetti positivi, ben potrebbe la ricorrente richiedere un'iscrizione all'albo con riserva nell'ambito del giudizio da promuovere innanzi alla Commissione Centrale in capo alla quale sussiste la giurisdizione sulle questioni relative all'iscrizione all'albo per quanto sopra detto e, in particolare, visto l'art. 9 del già citato D.P.R. che oltre a stabilire, come già riportato che "Avverso la deliberazione di rigetto della domanda di iscrizione nell'Albo l'interessato può ricorrere alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, la quale decide in merito alla iscrizione", prevede altresì, al secondo periodo, che "Decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione della domanda senza che il Consiglio abbia deliberato, è dato ricorso alla stessa Commissione centrale ai fini dell'iscrizione".

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*Avvocato del Foro di Viterbo

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