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Giustizia digitale: Etica e Deontologia Forense nell’era dei Social Media

L’uso dei social network da parte degli avvocati richiede una combinazione di etica, competenza e consapevolezza giuridica

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di Lorica Marturano*

Il contributo esamina il rapporto tra la professione forense e l’uso dei social network, concentrandosi sulle implicazioni deontologiche, legali e comunicative. Vengono analizzati i rischi connessi all’utilizzo dei social media da parte degli avvocati, magistrati e altri operatori della giustizia, evidenziando come le piattaforme digitali possano influire sull’immagine pubblica e sulla fiducia nel sistema giudiziario. Infine, si propone un confronto tra le normative vigenti, le linee guida del Consiglio Superiore della Magistratura e i codici deontologici professionali, suggerendo prassi virtuose per una corretta comunicazione legale.

La rivoluzione digitale e la comunicazione giuridica

L’avvento della rivoluzione digitale ha trasformato radicalmente il modo in cui le informazioni vengono diffuse e ricevute. Anche il settore giuridico è stato investito da questo cambiamento, in particolare attraverso l’uso sempre più diffuso dei social network. Piattaforme come Facebook, LinkedIn e Twitter consentono agli avvocati di comunicare rapidamente con il pubblico, migliorando la visibilità professionale e promuovendo l’accesso alla giustizia.

Tuttavia, l’utilizzo dei social media pone importanti sfide deontologiche e legali. La velocità con cui le informazioni possono essere diffuse può minare il diritto alla privacy, violare il segreto professionale e compromettere l’imparzialità dei procedimenti giudiziari. Per questa ragione, la comunicazione giuridica deve essere esercitata con particolare cautela, rispettando i principi di trasparenza, correttezza e riservatezza.

L’obiettivo principale di questo contributo è analizzare il rapporto tra la professione legale e l’uso dei social network, valutando le implicazioni etiche e legali legate alla comunicazione digitale. La trattazione si concentra sulle normative vigenti, le linee guida emanate dalle autorità giudiziarie e le prassi professionali consolidate. In questo contesto, vengono proposte anche raccomandazioni pratiche per un uso responsabile dei social media nella professione forense.

CONTESTO NORMATIVO

Il Codice Deontologico Forense regola il comportamento professionale degli avvocati italiani, includendo norme specifiche sull’uso dei social media. In particolare, l’art. 35 disciplina la pubblicità informativa, autorizzando gli avvocati a promuovere la propria attività purché lo facciano in modo trasparente, veritiero e rispettoso della dignità professionale. Ogni messaggio diffuso sui social deve evitare contenuti fuorvianti, promesse di risultati e confronti con altri professionisti.

Le Linee Guida emanate dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con Delibera del 25 marzo 2021, stabiliscono norme dettagliate per l’utilizzo dei social network da parte dei magistrati e, indirettamente, riguardano anche gli avvocati. Esse impongono standard comportamentali rigorosi volti a salvaguardare l’immagine di correttezza, raccomandano di evitare contatti online che possano compromettere l’apparenza di imparzialità, come l’accettazione di richieste di “amicizia da parte di soggetti coinvolti in procedimenti giudiziari.

A livello europeo, il Network Europeo dei Consigli di Giustizia (ENCJ) e l’ONU hanno emanato raccomandazioni non vincolanti sull’uso dei social media da parte dei professionisti del diritto. Il Public Confidence and the Image of Justice: Individual and Institutional Use of Social Media within the Judiciary è un documento che analizza l’uso dei social media nel contesto della giustizia, offrendo raccomandazioni per una comunicazione responsabile. Le “Non-Binding Guidelines on the Use of Social Media by Judges” dell’ONU, invece, sottolineano l’importanza della formazione continua e della consapevolezza dei rischi legati alla comunicazione digitale. Queste linee guida rappresentano un modello da seguire anche per gli avvocati, in vista di una maggiore armonizzazione normativa a livello internazionale.

Uso dei Social Network da Parte degli Avvocati

Gli avvocati, come cittadini, godono della libertà di espressione garantita dall’art. 21 della Costituzione italiana. Tuttavia, questa libertà incontra limiti precisi nell’esercizio della professione, sanciti dal Codice Deontologico Forense. Gli avvocati devono astenersi da dichiarazioni che possano ledere la dignità della professione o compromettere l’indipendenza della giustizia. I commenti su procedimenti in corso o la diffusione di contenuti che violino il segreto professionale sono severamente vietati.

L’uso dei social media per la promozione professionale è consentito, ma regolamentato. L’art. 35 del Codice Deontologico Forense permette la pubblicità informativa purché sia veritiera, trasparente e non comparativa. Gli avvocati possono utilizzare siti web, blog e profili social per presentare il proprio studio legale, servizi e specializzazioni. Tuttavia, sono vietati toni sensazionalistici, promesse di risultati o confronti con altri professionisti.

Le relazioni sui social network tra avvocati e magistrati devono rispettare il principio dell’apparenza di imparzialità. Le linee guida del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, sopra citate, raccomandano che magistrati e avvocati evitino connessioni digitali che potrebbero compromettere l’immagine di indipendenza della magistratura. L’accettazione di “amicizie” o la partecipazione a discussioni pubbliche può generare dubbi sull’imparzialità, richiedendo cautela e riservatezza.

Reputazione e credibilità professionale

L’immagine pubblica di un avvocato può essere significativamente influenzata dall’attività sui social media. Un uso consapevole e professionale può rafforzare la reputazione, migliorando la visibilità e l’accesso a nuove opportunità professionali, ed al contrario, comportamenti inappropriati, affermazioni polemiche o la partecipazione a dibattiti pubblici controversi possono minare gravemente la credibilità.

Uno dei rischi principali associati ai social network riguarda la divulgazione accidentale di informazioni riservate. Gli avvocati devono garantire la protezione dei dati sensibili dei propri clienti, evitando di discutere dettagli di casi specifici anche in ambienti apparentemente sicuri come chat private. La violazione del segreto professionale può comportare conseguenze disciplinari e legali gravi.

I social network sono terreno fertile per la diffusione di fake news e interpretazioni distorte di procedimenti giudiziari. Gli avvocati devono contrastare tali fenomeni con comunicazioni accurate e responsabili. Partecipare al dibattito pubblico in modo corretto può contribuire alla trasparenza e alla comprensione delle dinamiche legali da parte dei cittadini, ma occorre evitare ogni intervento che possa essere percepito come manipolatorio o propagandistico.

Comunicazione Istituzionale e Professionale

Gli studi legali devono adottare strategie di comunicazione istituzionale coerenti con i valori della professione forense, rispettando il Codice Deontologico Forense. Ogni comunicazione ufficiale deve essere chiara, veritiera e conforme alla legge. I canali utilizzati comprendono siti web, newsletter, comunicati stampa e profili social ufficiali. È essenziale che tutte le comunicazioni riflettano l’immagine professionale dello studio, evitando promesse di risultati e dichiarazioni ambigue.

I siti web degli studi legali rappresentano il principale strumento di comunicazione istituzionale e devono contenere informazioni precise e aggiornate su servizi offerti, aree di competenza e contatti. La trasparenza è un valore centrale, che contribuisce a costruire fiducia nei potenziali clienti.

L’interazione con i media tradizionali (televisione, stampa e radio) richiede attenzione e preparazione. Gli avvocati devono assicurarsi che le dichiarazioni rilasciate siano misurate, rispettose del segreto professionale e prive di elementi che possano compromettere il corretto svolgimento dei procedimenti giudiziari.

Le interviste e le dichiarazioni pubbliche devono essere pianificate con cura, preferibilmente affidandosi a professionisti della comunicazione legale. Inoltre, è buona pratica preparare comunicati stampa ben strutturati, contenenti informazioni rilevanti e facilmente comprensibili dal pubblico.

La gestione delle crisi rappresenta un aspetto imprescindibile nella comunicazione istituzionale, specialmente nel settore forense. In contesti giuridici, scandali mediatici, procedimenti legali di alto profilo o controversie pubbliche possono rapidamente degenerare, minando la reputazione di uno studio legale o di un’istituzione. Pertanto, è essenziale adottare un approccio strutturato e proattivo.

Una corretta gestione delle crisi richiede innanzitutto una pianificazione accurata. È fondamentale predisporre un piano strategico che delinei le azioni da intraprendere in caso di eventi critici. Questo piano dovrebbe includere scenari ipotetici, strategie di risposta e modalità di interazione con i media e il pubblico. La programmazione anticipata permette di agire rapidamente, minimizzando i danni alla reputazione.

Un altro elemento cruciale è la costituzione di un team di gestione della crisi. Questo gruppo dovrebbe includere sia professionisti interni, come responsabili della comunicazione, sia consulenti esterni specializzati in crisi legali e pubbliche relazioni. Tale struttura garantisce una risposta coordinata e competente, capace di affrontare anche situazioni particolarmente complesse.

La trasparenza comunicativa è un principio cardine: è essenziale fornire aggiornamenti tempestivi e regolari per evitare il pericoloso “silenzio stampa”, che potrebbe alimentare speculazioni e diffondere disinformazione. Secondo le Linee Guida del Consiglio Superiore della Magistratura (Delibera 11 luglio 2018), la comunicazione istituzionale deve essere improntata alla chiarezza e alla veridicità, contribuendo a preservare l’integrità e la credibilità del sistema giudiziario.

Infine, i messaggi trasmessi devono essere chiari, coerenti e riflettere la posizione ufficiale dello studio legale o dell’ente coinvolto. Una comunicazione confusa o frammentata può essere interpretata in modo errato, aggravando la crisi. È dunque opportuno affidare il compito a portavoce qualificati, capaci di veicolare informazioni precise e conformi ai principi deontologici stabiliti dal Codice Deontologico Forense (art. 35), evitando in ogni caso dichiarazioni che possano compromettere l’imparzialità e la riservatezza.

Conseguenze Disciplinari per l’Inosservanza delle Norme Deontologiche

L’inosservanza delle norme deontologiche legate alla comunicazione sui social network può avere conseguenze disciplinari rilevanti per gli avvocati, come stabilito dal Codice Deontologico Forense. A seconda della gravità della violazione, le sanzioni applicabili possono andare da semplici richiami formali a provvedimenti più severi che limitano o interrompono l’esercizio della professione.

Una delle misure disciplinari meno gravi è l’ammonizione, prevista dall’art. 22 del Codice Deontologico. Si tratta di un richiamo formale che interviene in presenza di comportamenti censurabili, ma non tali da compromettere seriamente la dignità della professione forense.

Se la condotta dell’avvocato risulta più grave e lesiva della sua reputazione professionale, pur senza giustificare la sospensione, può essere applicata la censura (art. 23). Questo provvedimento segnala pubblicamente la disapprovazione del comportamento adottato.

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), nella sentenza n. 57/2023, ha stabilito che un avvocato che diffonde sui social network espressioni offensive nei confronti delle istituzioni forensi commette una grave violazione deontologica, in violazione dell’art. 19 del NCDF. In questo caso, l’avvocato aveva utilizzato termini come “Cosa Nostra Forense” e “la mafia dell’Ordine Forense”, accostando le istituzioni forensi a organizzazioni criminali, comportamento ritenuto lesivo della dignità e del decoro professionale.

Nei casi più rilevanti, il Consiglio Nazionale Forense può imporre la sospensione dall’esercizio della professione(art. 24), una misura temporanea volta a impedire all’avvocato di esercitare il proprio ruolo qualora emergano condotte che compromettono gravemente l’integrità morale e professionale.

Il CDD Napoli, con Decisione n.37 del 19.05.2021 ha inflitto ad un avvocato la sanzione della sospensione di dodici mesi dell’attività professionale, per aver pubblicato un video su Facebook contenente espressioni denigratorie nei confronti delle istituzioni forensi, definendole “la mafia dell’Ordine Forense” e “la criminalità organizzata cui appartengono le Istituzioni Forensi italiane”, in violazione dei doveri di lealtà, correttezza e rispetto verso l’Ordine Forense e l’Avvocatura in generale, art. 9 e 63 CDF.

Infine, la radiazione dall’albo professionale (art. 25) rappresenta la sanzione più severa. Viene applicata quando le violazioni commesse sono talmente gravi da risultare incompatibili con la continuità nell’esercizio della professione legale.

Nel contesto della comunicazione digitale, l’uso scorretto dei social media da parte degli avvocati può dar luogo a violazioni specifiche del Codice Deontologico Forense. Tra le principali infrazioni figurano:

  • Dichiarazioni fuorvianti e ingannevoli (art. 35, comma 1): Gli avvocati sono tenuti a garantire che ogni comunicazione sia chiara, trasparente e non suscettibile di generare false aspettative nei potenziali clienti.
  • Promesse di risultati (art. 35, comma 2): È espressamente vietato includere riferimenti a risultati garantiti nelle comunicazioni pubblicitarie, in quanto ciò comprometterebbe l’indipendenza e l’obiettività della professione.
  • Diffusione di informazioni coperte dal segreto professionale (art. 17): La divulgazione di dati riservati o relativi a procedimenti giudiziari in corso rappresenta una violazione particolarmente grave, passibile di sanzioni disciplinari e, in taluni casi, anche di responsabilità penale.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 6826 del 22 agosto 2023, ha rilevato una violazione deontologica da parte di un avvocato che, in un atto giudiziario, aveva rivelato informazioni emerse durante una procedura di mediazione obbligatoria. Il tribunale ha sottolineato l’importanza del rispetto del dovere di segretezza e riservatezza, come previsto dall’articolo 13 del Codice Deontologico Forense: “L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.”

  • Confronti denigratori e pubblicità comparativa (art. 35, comma 3): Sono proibiti paragoni con altri professionisti che risultino offensivi o scorretti, in quanto ledono il principio di leale concorrenza.
  • Uso inappropriato di immagini e contenuti sensibili (art. 9): Gli avvocati devono astenersi dall’utilizzare contenuti visivi o testuali che possano compromettere la propria reputazione personale e professionale.

Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense (CNF) costituiscono un punto di riferimento essenziale nell’interpretazione delle norme deontologiche. Ad esempio, la decisione n. 120/2021 ha chiarito che l’uso di linguaggi aggressivi sui social network può configurare un comportamento lesivo della dignità professionale. Allo stesso modo, la giurisprudenza amministrativa ha stabilito che anche commenti apparentemente privati, se percepibili dal pubblico, possono determinare responsabilità professionale.

Reati legati alla comunicazione digitale

Gli avvocati sono soggetti alle stesse leggi penali applicabili a tutti i cittadini per reati legati alla comunicazione digitale, come diffamazione, calunnia e violazione della privacy. La pubblicazione di contenuti offensivi o falsi sui social media può comportare denunce penali e procedimenti giudiziari. È quindi essenziale che i professionisti legali adottino un comportamento prudente e rispettoso nelle comunicazioni online.

Il CNF è l’organo deputato a vigilare sul rispetto delle norme deontologiche da parte degli avvocati. Esso può avviare procedimenti disciplinari su segnalazione di privati, colleghi o autorità giudiziarie. Le decisioni del CNF rappresentano precedenti significativi e contribuiscono a definire le buone prassi professionali nell’era digitale.

Per assicurare che la comunicazione da parte degli avvocati sia sempre in linea con i principi etici e deontologici, è fondamentale che essi rispettino alcune regole essenziali. In primo luogo, è indispensabile utilizzare un linguaggio professionale e rispettoso in ogni contesto comunicativo, sia nelle interazioni dirette con i clienti che nelle dichiarazioni pubbliche, incluse quelle rilasciate sui social media.

Gli avvocati dovrebbero inoltre astenersi dal commentare pubblicamente procedimenti giudiziari in corso. Fare dichiarazioni premature o diffondere opinioni personali potrebbe compromettere la serenità del processo e violare il dovere di riservatezza, sancito dal Codice Deontologico Forense.

Un altro aspetto cruciale è l’evitare qualsiasi forma di pubblicità comparativa o promesse di risultati. La deontologia professionale vieta infatti di fare paragoni diretti con altri professionisti o di garantire esiti favorevoli, poiché ogni caso legale è unico e soggetto a molteplici variabili.

Infine, è essenziale che tutte le informazioni comunicate siano trasparenti e corrette. Gli avvocati devono fornire dati precisi, aggiornati e facilmente comprensibili, senza mai omettere dettagli rilevanti o diffondere notizie false o ingannevoli. Questo approccio non solo garantisce il rispetto delle norme deontologiche, ma contribuisce anche a rafforzare la fiducia del pubblico nel sistema giuridico e nella professione legale.

La formazione professionale continua è indispensabile per aggiornare gli avvocati sulle evoluzioni normative e tecnologiche. Corsi dedicati alla comunicazione digitale, al marketing legale e alla gestione della reputazione online possono contribuire a prevenire violazioni deontologiche e reati digitali.

Le migliori pratiche internazionali offrono spunti preziosi per sviluppare una comunicazione giuridica efficace ed etica. Organizzazioni come l’International Bar Association (IBA) e l’European Network of Councils for the Judiciary (ENCJ) pubblicano linee guida e raccomandazioni basate su casi concreti e tendenze globali. L’adozione di questi standard può rafforzare la credibilità e l’immagine degli studi legali anche a livello internazionale.

In conclusione, la responsabilità professionale nell’uso dei social network richiede un costante impegno da parte degli avvocati per rispettare le norme deontologiche e prevenire rischi legali. Una comunicazione digitale consapevole e regolamentata contribuisce a tutelare l’immagine della professione legale e a consolidare la fiducia dei cittadini nella giustizia.

Conclusioni

La società digitale impone una riflessione continua sulle modalità con cui la professione forense comunica con il pubblico e interagisce con i media. L’avvocato non è soltanto un tecnico del diritto, ma anche un attore sociale che partecipa alla formazione dell’opinione pubblica. Questo ruolo comporta una responsabilità elevata, poiché un messaggio inappropriato può compromettere la fiducia nel sistema giudiziario.

Costruire una cultura della comunicazione responsabile richiede una formazione specifica, ma anche un’adesione profonda ai valori etici della professione. Gli avvocati devono coniugare la trasparenza con il rispetto della privacy e del segreto professionale, tenendo sempre presente l’impatto delle proprie dichiarazioni sull’opinione pubblica.

Il bilanciamento tra il diritto costituzionale alla libertà di espressione e i doveri imposti dalla deontologia professionale rappresenta una delle sfide più complesse per la professione forense. Gli avvocati hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma devono esercitare questo diritto con misura, evitando affermazioni che possano pregiudicare l’integrità del sistema giudiziario o compromettere la dignità della professione.

Questo equilibrio richiede un approccio prudente e una costante consapevolezza dei limiti imposti dal contesto legale. È necessario che la normativa deontologica sia chiara e aggiornata, in modo che gli avvocati possano muoversi in un quadro normativo certo e prevedibile.

L’evoluzione tecnologica e l’emergere di nuovi strumenti di comunicazione impongono una continua revisione delle regole deontologiche e delle normative applicabili. È prevedibile che nei prossimi anni il legislatore intervenga per definire in modo più puntuale i confini della comunicazione legale, introducendo obblighi specifici per l’uso dei social network.

Allo stesso modo, la giurisprudenza giocherà un ruolo determinante nella definizione delle prassi corrette e dei comportamenti sanzionabili. Le pronunce delle autorità disciplinari e dei tribunali contribuiranno a costruire un corpus di principi che orienterà gli avvocati nell’uso delle piattaforme digitali.

In conclusione, l’uso dei social network da parte degli avvocati richiede una combinazione di etica, competenza e consapevolezza giuridica. Solo attraverso una regolamentazione chiara e una formazione continua sarà possibile garantire una comunicazione legale che sia al contempo efficace e rispettosa dei valori fondanti della professione.

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*Lorica Marturano, Cultore della materia di diritto amministrativo presso la facoltà di Economia e Commercio del Dipartimento Jonico in “Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo: società, ambiente, culture” di Bari