Civile

"Servizi" Google, la posizione dominante non basta per liquidare il danno ai concorrenti

Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di MutuiOnline

di Francesco Machina Grifeo

La posizione dominante di Google e la relativa condotta anticoncorrenziale accertata dalla Commissione Ue (decisione del 27.6.2017) a favore di Google Shopping, non solleva l'impresa concorrente dall'onere della prova circa l'effettiva sussistenza di un danno, i suoi possibili effetti e il relativo nesso causale. Lo ha stabilito la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano respingendo (nel primo procedimento follow-on italiano seguito alla decisione della Commissione), il ricorso (ex 696 bis del Cpc) sollevato dal comparatore Trovaprezzi.it di proprietà di 7Pixel, controllata del gruppo MutuiOnline, che aveva chiesto un risarcimento di centinaia di milioni di euro.


Secondo la Commissione, Google avrebbe fatto leva sulla propria posizione dominante nella ricerca generalista su internet invece che sulla capacità di competere in base ai meriti del servizio offerto presentando nelle pagine dei risultati di Google Search il proprio servizio di comparazione Google Shopping in modo più favorevole rispetto ai servizi offerti dai concorrenti.

A questo punto, la società ricorrente 7Pixel, dopo aver svolto "un'analisi delle conseguenze negative determinate a proprio sfavore dalla condotta di Google Llc", ha fissato nella cifra compresa tra 811 e 906 milioni di euro il danno subito. E siccome la Commissione aveva già identificato e dimostrato con precisione la condotta anticoncorrenziale, al posto di una causa risarcitoria ha utilizzato lo strumento della consulenza tecnica preventiva finalizzata alla conciliazione della lite (ex 696 bis del cpc).

Per il Tribunale però tale istituto processuale non può applicarsi in quei casi in cui la decisione della controversia "necessiti della preventiva soluzione di questioni giuridiche complesse o l'accertamento di fatti che esulano dall'ambito dell'indagine propriamente di natura tecnica" e che devono essere affrontati nel pieno contraddittorio delle parti garantito da un giudizio di merito.

Inoltre, lo stesso provvedimento sanzionatorio della Commissione è ancora oggetto di impugnazione dinanzi al Tribunale di primo grado UE. Un simile ultimo rilievo, prosegue la decisione, porterebbe di per sé ad immaginare un provvedimento di sospensione del procedimento, tuttavia, osserva ancora il Tribunale, va considerato che "non può ritenersi sussistente – come correttamente rilevato dalla resistente – alcuna presunzione che attenga sia alla sussistenza di un danno, che non appare legislativamente disposta in ipotesi di abuso di posizione dominante, che alla chiesta estensione della responsabilità risarcitoria a condotte successive al periodo considerato dal provvedimento della Commissione". "Esse risultano di fatto pertinenti per tale parte ad una controversia stand alone che impone alla parte attrice/ricorrente l'onere probatorio di dare conto – quantomeno – della permanenza delle condotte illecite in precedenza accertate e delle loro conseguenze in termini di danno".

Dunque, la finalità deflattiva che giustifica l'istituto della consulenza tecnica preventiva e la sua attitudine a consentire una definizione bonaria della controversia, in questo caso, non sono "obiettivi concretamente raggiungibili".

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