Greenwashing, primi ricorsi proposti da consumatori e aziende concorrenti
Dalla class action Dieselgate ai carburanti Eni, fino allo stop del claim (poi revocato) per danni ai competitor
È stata la tutela dei diritti dei consumatori contro le pratiche commerciali scorrette a innescare le prime controversie sul greenwashing. È il caso della class action sul Dieselgate, avviata nel 2017 da Altroconsumo contro Volkswagen, considerata responsabile di aver “ripulito” le emissioni delle auto grazie all’uso di software che, di fatto, truccavano i test ambientali. La sentenza del Tribunale di Venezia, arrivata a luglio dello scorso anno, ha stabilito i rimborsi per i 63mila aderenti all’azione di classe, fino a un massimo di 3.300 euro a testa. Una decisione che Volkswagen ha deciso di impugnare in appello.
Ci sono dichiarazioni non veritiere sulle emissioni, oltre che sulle caratteristiche “green” del carburante diesel prodotto e sull’impatto ambientale del suo utilizzo, anche alla base della multa da 5 milioni di euro che l’Antitrust ha irrogato a Eni a gennaio 2020. Eni ha impugnato il provvedimento di fronte al Tar Lazio che, a novembre del 2021, ha respinto il ricorso e confermato la multa.
Di fronte al Tribunale di Gorizia, invece, è finita la controversia tra due società concorrenti, produttrici di materiali tessili per gli interni delle automobili: l’una accusava l’altra di claim ingannevoli dei suoi prodotti, presentati come green. Il giudice, con un provvedimento d’urgenza reso a novembre 2021, ha bloccato i messaggi pubblicitari. Ma contro il provvedimento ha presentato reclamo la società colpita; il Tribunale, riesaminando il caso, lo scorso gennaio ha revocato la prima ordinanza perché non ha ravvisato il danno.