Civile

Accertamento, non basta il rinvio per le intercettazioni

La sentenza 2223/2021 della Cassazione: illegittimo l’accertamento che rinvia a intercettazioni telefoniche non conoscibili alla data di notifica del provvedimento

di Laura Ambrosi

È illegittimo l’accertamento che rinvia alle intercettazioni telefoniche acquisite in ambito penale, se non sono conoscibili dal contribuente alla data di notifica del provvedimento impositivo. A fornire questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 2223/2021 depositata il 2 febbraio.

La vicenda trae origine da un accertamento emesso in seguito a una verifica effettuata dalla Gdf nei confronti di un contribuente. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario e, tra i diversi motivi, il ricorrente eccepiva il vizio di motivazione. In particolare, non erano stati allegati all’atto né il Pvc, né la documentazione relativa alle prove espressamente richiamate, quali l’esito delle intercettazioni telefoniche e ambientali.

La Ctp accoglieva il ricorso, ma la relativa pronuncia era riformata in grado di appello. Il contribuente ricorreva così in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata applicazione della norma.

I giudici di legittimità hanno distinto la mancata allegazione del Pvc, dalla documentazione delle intercettazioni. Circa il verbale, la Cassazione ha ricordato che l’obbligo di allegazione dei documenti richiamati nella motivazione, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza. Nella specie, il Pvc risultava consegnato alla contribuente, e pertanto l’accertamento non era viziato.

In riferimento, invece, all’omessa allegazione delle trascrizioni delle intercettazioni, la Suprema corte ha ricordato che nel caso di “doppia motivazione per relationem”, ovvero quando il documento menzionato nella motivazione dell’atto si riferisce a sua volta a ulteriori documenti, è necessario e sufficiente che tali atti siano in possesso o conosciuti dal contribuente o, quanto meno, agevolmente conoscibili.

Tuttavia, i giudici hanno escluso l’applicazione di tale principio in riferimento agli atti dell'indagine penale coperti dal segreto investigativo, cui fa riferimento il Pvc, qualora entrino nella sfera di conoscenza del contribuente dopo la notifica dell’accertamento (Cassazione 32127/2018). Nella specie, la conoscibilità di tali atti era intervenuta dopo la notifica del provvedimento, atteso che la conclusione delle indagini penali, dalla quale scaturiva la possibilità di accedere al fascicolo, era avvenuta in data successiva. La sentenza ha altresì rimarcato che l’omissione rilevava sia quale vizio di motivazione sia per l'assenza di prova.

La decisione affronta una questione diffusa. Spesso gli uffici emettono atti impositivi riportando stralci o propri sunti di intercettazioni a carico del contribuente o anche di terzi estranei. È evidente, però, che al fine di una compiuta difesa occorra una valutazione integrale di tali elementi. Da segnalare che per la Corte di giustizia Ue (sentenza C-189/18 del 16 ottobre 2019) il contribuente deve poter accedere agli elementi penali sui quali è fondata la rettifica tributaria nella loro integrità. Solo in tal modo è garantito il pieno esercizio del diritto di difesa, atteso che gli elementi riportati dall’Amministrazione per sintesi potrebbero essere solo a sostegno delle proprie ragioni.

Ne consegue così che l’atto impositivo dovrebbe riportare per intero i dati raccolti e non solo un sunto o uno stralcio o in alternativa si dovrebbe allegare il documento di riferimento.

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