Società

I requisiti di operatività della compensazione fallimentare

Al fine dell'operatività della compensazione fallimentare è necessaria l'anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte, mentre non rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce

di Rossana Mininno

L'articolo 56 della Legge fallimentare, dedicato alla disciplina dell'istituto della compensazione fallimentare, prevede che i creditori «hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento» (comma 1).

Come chiarito dai Giudici di legittimità, la ratio legis della norma «è di evitare che il debitore del fallimento, che bene abbia corrisposto il credito di questo, sia poi esposto al rischio di realizzare a sua volta un proprio credito in moneta fallimentare» (Cass. civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 481).

I medesimi Giudici hanno, altresì, chiarito quali siano i presupposti la cui ricorrenza è necessaria al fine dell'operatività - in sede fallimentare - dell'istituto della compensazione.

In primis è ritenuta necessaria l'anteriorità, rispetto alla data della declaratoria del fallimento, del fatto generatore della pretesa creditoria: «[l]a compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del debitore del fallimento divenga liquido e esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico della obbligazione sia anteriore alla relativa dichiarazione, mentre è irrilevante che la sentenza di accertamento del controcredito intervenga successivamente alla dichiarazione di fallimento» (Cass. civ., Sez. III, 27 ottobre 2015, rv. 637553 - 01).

Deve, comunque, trattarsi di debiti e crediti «scaturenti da rapporti direttamente intercorsi con il fallito» (Cass. civ., Sez. I, 28 novembre 2018, n. 30824).

Nella fattispecie scrutinata la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non compensabile il debito restitutorio di un soggetto nei confronti del fallimento, conseguente all'intervenuta dichiarazione di inefficacia di un atto di liberalità ai sensi dell'art. 64 L.F., con il credito da lui stesso vantato nei confronti del fallito ancorché ammesso al passivo).

È, altresì, necessario che la pretesa creditoria abbia "gli ulteriori requisiti della certezza e liquidità, richiesti in generale dall'art. 1243 cod. civ." (Cass. civ., Sez. II, 30 dicembre 2014, n. 27441).

Per quanto attiene, invece, al requisito dell'esigibilità, «[a]i fini dell'operatività della speciale compensazione tra crediti del fallito e crediti verso il fallito, prevista dall'art. 56 legge fall., non occorre che i secondi presentino il requisito della esigibilità, in quanto, ai sensi dell'art. 55 della legge predetta e dell'art. 1186 cod. civ., i debiti del fallito si considerano scaduti alla data del fallimento» (Cass. civ., Sez. II, 30 dicembre 2014, n. 27441, rv. 633885 - 01).

Qualora il Curatore fallimentare abbia agito in via giudiziale per la riscossione di un credito, «nel caso in cui alla domanda della curatela […] sia contrapposta domanda riconvenzionale riguardante un controcredito, il giudice di merito, accertati gli stessi, è tenuto a dichiarare la compensazione, ove richiesta, dei reciproci debiti e sino alla loro concorrenza. […] Per contro, non potrà pronunziarsi sentenza di condanna del fallimento al pagamento del debito nella misura corrispondente all'eventuale eccedenza del credito verso il fallito, perché questa deve essere oggetto di autonomo procedimento di insinuazione al passivo del fallimento» (Cass. civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 481, rv. 606199 - 01).

Secondo il consolidato orientamento dei Giudici di legittimità, il diritto del creditore di far valere la compensazione non è condizionato alla preventiva verificazione del credito vantato mediante l'ammissione al passivo del fallimento, essendo l'insinuazione necessaria solo per recuperare il maggior credito che eventualmente residui all'esito dell'operata compensazione (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. I, 21 maggio 1984, n. 3113; Cass. civ., Sez. III, 10 gennaio 2012, n. 64; Cass. civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 481).

Con precipuo riferimento ai crediti non scaduti il legislatore, al fine di evitare possibili abusi, ha escluso l'operatività della compensazione «se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore» (comma 2), in virtù della presunzione che l'acquisto sia avvenuto al solo fine di sottrarsi, ricorrendo alla compensazione, al pagamento del proprio debito.

Con la recente ordinanza n. 1047, pubblicata in data 21 gennaio 2021 , i Giudici della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione hanno ribadito - ponendosi in sostanziale continuità con l'orientamento giurisprudenziale esistente - che «ai fini dell'operatività della speciale compensazione tra crediti del fallito e crediti verso il fallito, prevista dall'art. 56 l. fall., non occorre che i secondi presentino il requisito dell'esigibilità (in quanto, ai sensi del precedente art. 55 l. fall. e dell'art. 1186 cod. civ., i debiti del fallito si considerano scaduti alla data del fallimento), ma è necessario che essi abbiano gli ulteriori requisiti della certezza e liquidità richiesti in generale dall'art. 1243 cod. civ. (Cass. 27441/2014)».

Hanno, altresì, ribadito che «ai fini dell'applicazione dell'art. 56 l. fall. è necessaria l'anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte, mentre non rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce; di conseguenza le esigenze poste a base della norma in parola, volta a sottrarre il creditore in bonis alla falcidia fallimentare evitandogli la partecipazione al concorso e consentendogli, per l'effetto, di sottrarsi all'iniquità dell'integrale pagamento del proprio debito a fronte della soddisfazione delle sue ragioni in moneta fallimentare, giustificano l'ammissibilità nel fallimento non solo della compensazione legale, ma anche di quella giudiziale, per la cui operatività è necessario che i requisiti dell'art. 1243 cod. civ. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia (si vedano in questo senso Cass., Sez. U., 775/1999, Cass. 9013/2003, Cass. 15779/2004, Cass. 10025/2010, Cass. 18195/2010, Cass. 14418/2013, Cass. 24046/2015)».

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