Amministrativo

I risvolti penali dei brogli elettorali non prolungano il termine per impugnare le elezioni

Le indagini in corso non fanno slittare in avanti l'inizio del decorso previsto nel rito speciale né ne ampliano il thema decidendi

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di Paola Rossi

Il termine per impugnare i risultati elettorali in caso di brogli di rilevanza penale è sempre quello di 30 giorni dalla proclamazione dei risultati elettorali. Il Tar Calabria con la sentenza n. 515/2021 ha affermato l'immodificabilità del giorno di decorrenza del termine decadenziale previsto dal rito speciale elettorale. La certezza dei rapporti di diritto pubblico impone, secondo i giudici, un limite temporale invalicabile e che non può essere spostato in avanti in base all'imprevedibile andamento di indagini penali peraltro prorogabili.

E, precisa la sentenza, che non solo non è possibile uno "spostamento" del termine di decadenza dall'impugnazione, ma non è ammissibile che da questo si determini un "ampliamento" del thema decidendi, in conseguenza di indagini penali in corso. Conseguenze entrambe incompatibili col forte carattere di specialità impresso dalla legge al procedimento giurisdizionale elettorale improntato alla celerità. Da cui la previsione di termini stringenti e ridotti. Non si può quindi ammettere, a meno di contraddire le peculiarità del rito elettorale, che dalla notitia criminis o dai successivi sviluppi delle indagini penali si modifichi - con uno spostamento in avanti - il termine decadenziale previsto.

Nel caso in esame i ricorrenti denunciavano l'esistenza di brogli praticati attraverso la registrazione di voti per mezzo della duplicazione di tessere elettorali di persono che dichiaravano di fatto di non aver votato e di non aver mai chiesto un duplicato della propria tessera. Denunciavano, inoltre, le nomine irregolari di fonte amministrativa dei presidenti di seggio che, in concreto andavano a sostituire le persone individuate inizialmente presso la Corte di appello. Infine, all'avvenuta applicazione della misura cautelare contro alcuni degli accusati posti agli arresti domiciliari i ricorrenti sostenevano che il dies a quo del termine di 30 giorni, imposto dal rito elettorale per impugnare il risultato delle elezioni, dovesse decorrrere dalla notitia criminis, cioè in tal caso dall'applicazione della cautela. Ma la risposta del Tar è stata tetragona sull'immutabilità del previsto dies a quo che coincide inevitabilmente con la proclamazione dei risultati, limite insuperabile anche attraverso l'applicazione del termine di 180 giorni, come sostenuto in seconda battuta dai ricorrenti, per la contestazione delle nullità.

A ciò si aggiunge l'inammissibilità di un ampliamento sine die del thema decidendi dopo la scadenza del termine di decadenza. Non si può determinare, come infatti spiegano i giudici, neanche in base alla circostanza che i vizi di legittimità delle elezioni vengano conosciuti a seguito di indagini o di informative o " dalla cura con la quale si sia seguito l'andamento di un procedimento penale". Per cui la modifica, se non il sovvertimento, dei risultati elettorali non può essere lasciata appesa all'avvenuta effettiva conoscibilità dei vizi che vanno invece tempestivamente e precisamente contestati. Nel caso concreto i ricorrenti chiedevano alternativamente l'invalidazione dell'intera tornata elettorale comunale o in alternativa l'annullamento dei risultati delle sezioni di cui si contestava la legittima costituzione o l'espletamento delle operazioni di voto.

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