Comunitario e Internazionale

IDI: il commento del Presidente in occasione della Giornata della Memoria

Tra memoria e giustizia c'è un rapporto molto stretto. Basti pensare che chiamiamo "amnistia" il provvedimento di clemenza con il quale si estingue il reato. Nella parola "amnistia" la radice mne- "ricordare" è preceduta da un "alfa privativo" che ne nega il significato: togliere il carattere di reato ad alcuni comportamenti del passato è un "non ricordare", un "dimenticare"

di Paolo Giordani*


"Nel mondo milioni di persone continuano a soffrire a causa di discriminazioni e violenze, inclusi coloro che fuggono da guerre e persecuzioni" ribadisce l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati. L'anno scorso erano 70 milioni le persone in fuga dalle loro case, il dato più alto dalla seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo crescono gli estremismi e si moltiplicano gli episodi di intolleranza e xenofobia che alimentano l'isolamento e l'esclusione sociale.

"Tra memoria e giustizia c'è un rapporto molto stretto. Basti pensare che chiamiamo "amnistia" il provvedimento di clemenza con il quale si estingue il reato. Nella parola "amnistia" la radice mne- "ricordare" è preceduta da un "alfa privativo" che ne nega il significato: togliere il carattere di reato ad alcuni comportamenti del passato è un "non ricordare", un "dimenticare". In politica l'"amnistia" può rivelarsi qualche volta utile e giustificata, addirittura benefica, per le più varie ragioni. Ma quando parliamo di storia la cancellazione della memoria genera sempre un'ingiustizia: non incide, ovviamente, sull'oggettività degli avvenimenti passati e soprattutto impedisce di conoscerli per quello che sono".

"Ricordare è un dovere, a maggior ragione quando dobbiamo ricordare il male e quando il male che dobbiamo ricordare ha le dimensioni dell'Assoluto, come nel caso dell'Olocausto. La data di oggi, 27 gennaio, giustamente è stata scelta dalla Repubblica italiana prima (2000) e dalla Nazioni Unite poi (2005) per aiutarci a ricordare. Quel giorno, nel 1945, i soldati sovietici entrarono ad Auschwitz e aprirono al mondo le porte di un orrore così grande da revocare in dubbio tra gli stessi credenti, come scrisse il filosofo Hans Jonas, perfino il concetto di Dio. La memoria di questo evento, inconcepibile ma storico, non è soltanto indispensabile strumento di conoscenza. E' anche la nostra unica speranza che qualcosa di simile non si ripeta mai più".

*a cura dell' Avv. Paolo Giordani, Presidente dell'Istituto Diplomatico Internazionale

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