Civile

Il Comune risarcisce il danno da movida con 42mila euro a testa

Dopo il precedente di Como sono i giudici ordinari a punire le inadempienze

di Eugenia Parisi

Un considerevole numero di soggetti, abitante in un quartiere noto per la cosiddetta movida notturna, ha chiamato in causa il Comune di residenza per essere risarcito dei danni provocati dagli effetti del rumore provocato da tale fenomeno e il Tribunale di Torino, sulla scia di quello di Como (sentenza 312/2019) , ha accolto la richiesta con la sentenza 1261/2021.

Il quartiere di residenza dei condòmini ricorrenti era, infatti, diventato la principale zona di svago e di divertimento notturno della città con aperture di ristoranti, wine e cocktail bar, enoteche, street food, minimarket con asporto, ai quali si erano aggiunti numerosi venditori ambulanti.

La classificazione acustica

Il piano di classificazione acustica assegnava ad alcuni isolati del quartiere la classe III (aree di tipo misto, con un limite assoluto di immissione rumorosa pari a 50dB(A)) e a pochi altri la classe IV (aree di intensa attività umana, con il limite di 55dB(A)). Negli anni, l’ARPA e la Polizia Municipale avevano individuato venti locali dove i limiti di immissione sonora erano superati e tutte le relazioni erano state inviate al Comune

I ricorrenti richiamavano, a questo punto, i diritti costituzionali: alla salute, all’inviolabilità del domicilio, al godimento della proprietà, mentre la legge quadro sull’inquinamento acustico 447/95 attribuisce ai Comuni il controllo del rispetto della normativa. Inoltre, il Comune è tenuto a rispettare, come ogni proprietario di un fondo, l’articolo 844 del Codice Civile, che vieta le immissioni, nei fondi vicini, di rumori che superino la normale tollerabilità.

La consulenza tecnica aveva evidenziato l’elevata criticità dello stato acustico interno alle abitazioni degli attori e la causa dell’inquinamento acustico era sempre e soltanto la cosiddetta movida.

Il nesso causale

I provvedimenti del Comune avevano avuto un successo al più limitato e provvisorio e, comunque, si erano palesati del tutto insufficienti, con l’ovvia deduzione che alla responsabilità municipale conseguiva l’obbligo del risarcimento.

Trovare le vie e le piazze di ogni giorno imbrattate e invase da rifiuti provoca una rabbia costante e impotente con «pregiudizio non patrimoniale derivante dallo sconvolgimento dell’ordinario stile di vita» indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato. E per i sette anni di sofferenza il Tribunale ha disposto un ristoro di 42mila euro a persona, oltre agli interessi legali.

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