Il consenso della minore di 18 anni ad atti sessuali col compagno della madre convivente non scrimina il reato
Il ruolo para-genitoriale rivestito dall'uomo sottintende comunque che abbia abusato della propria posizione di supremazia
Instaurare una relazione amorosa e sessuale con una persona minore che pur abbia compiuto i sedici anni è reato che non è scriminato dal consenso della vittima se l'abuso proviene da persona con essa convivente.
Così la Cassazione, con la sentenza n. 8735/2023, ha chiarito che anzi è proprio la sussistenza di una relazione amorosa che diventa indice dell'abuso della propria supremazia da parte del soggetto maggiorenne in quanto " adulto di riferimento" per il minorenne. Ovviamente il ricorrente, che era stato condannato a due anni in appello, intendeva spendere in senso contrario all'accertamento della propria responsabilità penale la circostanza di un'intima condivisione, non solo sessuale, con la figlia minore ultrasedicenne della nuova compagna di vita. Infatti, secondo i giudici tale circostanza è indice di un comportamento manipolatorio dell'adulto, il quale ha diretta responsabilità verso un minore in ragione del ruolo che riveste ai suoi occhi e che coincide con il senso di affidamento. La norma incriminatrice dà infatti rilevanza alla correttezza dei comportamenti attesi da parte di figure adulte che in diversi ambiti (familiari, scolastici o sportivi) assurgono a figure di riferimento per i minori di cui hanno la custodia o per i quali rivestono un ruolo morale nella loro crescita o formazione.
Quindi nessuna scriminante del reato previsto dall'articolo 609 quater del Cp (atti sessuali con persona minorenne) può scaturire dal consenso del minore che si affida all'adulto, che per il suo ruolo si trova in posizione di supremazia rispetto al minore, anche ultrasedicenne. Infatti, il ricorrente si vede confermare la condanna per la condotta penalmente rilevante ex secondo comma dell'articolo 609 quater del Codice penale. Secondo la norma incriminatrice, fuori dai casi previsti dall'articolo 609 bis del Cp (violenza sessuale), "l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni".
Paradossalmente proprio l'argomento difensivo secondo cui tra l'uomo e la figlia della compagna non ancora diciottenne vi fosse anche una relazione amorosa, e non solo compimento di atti sessuali, ha convinto i giudici - e ora lo conferma la Cassazione penale - che il ricorrente avesse utlizzato l'intimità creatasi tra i due al fine di indurre la ragazza a fare sesso con lui. Segnale di tale atteggiamento "corrutivo" dell'adulto è stato ravvisato dai giudici nell'iniziale complicità dell'uomo a comprare di nascosto e di abitudine le sigarette alla figlia della compagna del tutto inconsapevole. Quindi l'uomo ha manifestato un atteggiamento contrario alla sua immagine naturale di padre aggiunto per corrompere, anche con promesse materiali, la giovane verso la quale era invece tenuto a mantenere un comportamento assimilabile alla responsabilità genitoriale.