Penale

Il crash dell’hard disk non salva dalla bancarotta documentale

La Cassazione ammette la tenuta informatica delle scritture contabili ma bisogna prevenire il malfunzionamento con stampe o backup

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di Sandro Guerra

I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento, o che siano richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa, possono essere formati e tenuti con strumenti informatici (articolo 2215-bis del codice civile), ma l’eventuale crash del sistema può costare caro all’imprenditore: lo ha ribadito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45044, depositata il 25 novembre 2022, dichiarando inammissibile - in questa parte - il ricorso relativo ad una condanna per bancarotta semplice documentale.

Nel caso in esame i libri contabili di cui la curatela non era entrata in possesso erano conservati su supporto informatico, divenuto tuttavia inaccessibile per un malfunzionamento del dispositivo: di qui la condanna, in entrambi i gradi del giudizio di merito, per il reato di bancarotta semplice documentale previsto dall’articolo 217, comma 2, della legge fallimentare, che punisce il fallito il quale, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Gli ermellini, richiamando il proprio precedente orientamento (Cassazione, quinta sezione penale, sentenze 22 aprile 2020, n. 12724; 14 maggio 2015, n. 20068; 16 settembre 2009, n. 35886), hanno evidenziato che la tenuta informatica della contabilità «non esime l’amministratore della società dall’adempimento degli obblighi di legge, relativi alla tenuta dei libri contabili e, quindi, dell’obbligo del puntuale aggiornamento dell’esercizio corrente, della veridicità delle singole attestazioni dei libri contabili nonché della loro conservazione, preordinata alla consultazione in qualunque momento degli stessi», con conseguente obbligo dell’interessato di «prevenire l’eventuale malfunzionamento del dispositivo nel quale vengono tenuti i libri contabili predisponendo anche modalità alternative o concorrenti di conservazione (stampa cartacea, backup su autonomo supporto ecc.) e comunque reagire tempestivamente a tale malfunzionamento provvedendo, qualora possibile, al recupero dei dati».

Confermata, dunque, la linea dura da tempo adottata della Suprema Corte, per la quale neppure il furto dell’elaboratore elettronico contenente la contabilità integra causa di forza maggiore idonea ad escludere la responsabilità ai sensi dell’articolo 45 del Codice penale (Cassazione, quinta sezione penale, 8 maggio 1995, n. 5158, pronunciata all’indomani dell’entrata in vigore dell’articolo 7, comma 4-ter, l. 8 agosto 1994, n. 489, che aveva introdotto la facoltà di «tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici»).

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