Giustizia

Il Csm chiede modifiche alle riforme processuali

Il plenum del Consiglio superiore della magistratura interviene sulla riforma del processo penale, ma anche di quello civile con due densi pareri in attesa che il Governo uscente approvi definitivamente i testi dei decreti legislativi

di Giovanni Negri

Proroga dei termini per le indagini da estendere; discovery anticipata con effetti potenziali assai gravi; difficoltà attuative di passaggi chiave come la nuova udienza predibattimentale e il maggiore utilizzo delle videoregistrazioni; problematico allargamento dell’inappellabilità. Il plenum del Consiglio superiore della magistratura interviene sulla riforma del processo penale, ma anche di quello civile con due densi pareri in attesa che il Governo uscente approvi definitivamente i testi dei decreti legislativi.

Sul versante penale il parere condivide la generale intenzione del legislatore di razionalizzare i termini di durata delle indagini e di semplificare le procedure, riducendo il numero di proroghe ammesse, ma segnala che il decreto delegato circoscrive di fatto le ipotesi in cui può essere richiesta la proroga delle indagini ai soli casi in cui queste ultime si rivelano complesse, non essendo considerati i casi, ora previsti, in cui, per le ragioni più diverse ed indipendenti dalla volontà del pubblico ministero, può rilevare una oggettiva impossibilità di concluderle nei termini di legge.

Inoltre se il pm non ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, non ha esercitato l’azione penale o non ha avanzato richiesta di archiviazione, opera una discovery automatica delle indagini effettuate. Ma «la discovery obbligata può avere «un effetto disastroso sulle indagini espletate (essendo idonea a vanificare sforzi investigativi impegnativi e a frustrare le esigenze cautelari evidenziate eventualmente in una richiesta di misura.

Analogamente è a dirsi per il caso in cui l’omessa assunzione di una formale determinazione conclusiva delle indagini dipenda dalla necessità di coordinare le indagini del procedimento con quelle, connesse, in atto presso altri uffici giudiziari nazionali o esteri.

Tra gli altri rilevi critici, la relativa diffusione di apparecchiature idonee alla videoregistrazione delle udienze che rischia di vanificare alcune misure della riforma come quella sulla rinnovazione delle dichiarazioni, l’introduzione dell’udienza filtro predibattimentale per numerosi procedimenti, che moltiplicherà i casi di incompatibilità, l’allargamento dei casi proscioglimento inappellabili con conseguente aggravio per la Cassazione.

Sul fronte civile il parere, oltre a ribadire uno scetticismo di fondo sul fatto che le modifiche processuali siano in grado di raggiungere gli obiettivi di taglio di durata, si sofferma sulla fase introduttiva , largamente rivista, per sottolineare come a uscirne penalizzato sarà soprattutto il convenuto: «quest’ultimo, infatti, sebbene ormai citato a comparire non più a 90, ma a 120 giorni, è onerato a costituirsi almeno 70 giorni (e non più 20) prima dell’udienza, sicché il suo spatium deliberandi risulta ridotto rispetto al passato».

Di più. In un quadro in cui la controversia non è prevedibilmente destinata ad essere definita solo in pochi mesi, appare incongruo, avverte il Csm, ancorare le verifiche preliminari (anche su aspetti cruciali del procedimento) ad un momento anteriore anche allo svolgimento della prima udienza e, quindi, all’instaurazione di un contraddittorio non solo cartolare tra le parti; analogamente incongruo risulta imporre, per qualsiasi attività istruttoria di qualsiasi controversia, un termine “iniziale” di svolgimento dell’istruttoria, quando invece più opportunamente il giudice dovrebbe poter dosare l’urgenza della prova e in generale la tempistica del suo espletamento in rapporto al tempo della decisione.

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