Amministrativo

Il Csm si spacca e vota la decadenza di Davigo

Il plenum ha considerato incompatibile la carica di consigliere togato con il pensionamento

di Giovanni Negri

Piercamillo Davigo non è più consigliere del Csm. Il plenum di ieri pomeriggio ne ha decretato la decadenza al compimento (oggi) dei 70 anni, data di pensionamento dei magistrati, ma lo ha fatto solo dopo una lunga discussione che ha spaccato il Consiglio. Determinante il pronunciamento del compitato di presidenza, che ha fatto cambiare di senso da favorevoli alla permanenza ad astenuti ad alcuni consiglieri. Il vicepresidente David Ermini, il nuovo primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi, pur esprimendo tutti stima e anche amicizia personale con Davigo hanno ritenuto che il suo collocamento a riposo è incompatibile con la permanenza in carica in qualità di componente togato.

Ermini: «Vale la Costituzione»

Per Ermini è la Costituzione stessa a imporre la decadenza, visto che prevede la necessità dello status di magistrato non solo al momento dell’elezione ma anche poi per tutta la durata della consiliatura. In caso contrario, è stata la preoccupazione espressa dal vicepresidente del Csm, a venire alterato sarebbe lo stesso equilibrio tra laici e togati di un terzo e due terzi.

Gli schieramenti

La decisione è passata con 13 voti a favore, 6 contrari e 5 astensioni. Oltre ai 3 componenti del Comitato di presidenza, a favore della delibera, che già aveva diviso la commissione Verifica titoli (2 a 1), hanno votato i gruppi di Magistratura Indipendente e di Unicost, il consigliere Nino di Matteo, i laici Filippo Donati (M5S), Emanuele Basile (Lega), Alessio Lanzi e Michele Cerabona (Forza Italia) Contro si sono espressi tutti i togati di Autonomia e Indipendenza, la togata di Area Alessandra Dal Moro e il laico Fulvio Gigliotti (M5S). Si sono anche astenuti Alberto Benedetti (M5S) Stefano Cavanna (Lega) e i togati di Area Giuseppe Cascini, Giovanni Zaccaro e Mario Suriano. Davigo non ha partecipato alla riunione.

La tesi dei difensori

Non è passata così la tesi dei sostenitori di Davigo, figura per molti aspetti controversa ed emblema forse suo malgrado di un giustizialismo anche caricaturale, ma certo molto apprezzata tra le toghe (tra l’altro in queste ore al voto per il rinnovo del ”parlamentino” dell’Anm). Per l’ex protagonista delle indagini milanesi dei primi anni Novanta e per alcuni consiglieri, la stessa Costituzione, all’articolo 104, prevede che i consiglieri restano in carica 4 anni e soprattutto la pensione non è prevista tra le cause di decadenza. Comportarsi diversamente significherebbe fare assurgere il Csm all’improprio rango di legislatore su un tema di estrema delicatezza. Tanto più che quella causa di decadenza era sì prevista, ma solo fino al 1990, poi venne abrogata.

L’opportunità

Di certo, al di là della disputa giuridica su un tema inedito, di cui è testimonianza anche il parere chiesto dal Consiglio all’Avvocatura dello Stato (peraltro favorevole alla decadenza), nelle valutazioni del plenum hpesato anche un senso di opportunità nei confronti dell’istituzione: in una fase certo di non particolare popolarità della magistratura, una chiusura che sarebbe apparsa corporativa poco sarebbe stata comprensibile all’esterno.

A Davigo subentra il primo dei non eletti nella votazione per il Csm del 2018 riservata ai consiglieri della Cassazione, Carmelo Celentano, sostituto pg, e appartenente al gruppo di Unicost che ora passa a 3 consiglieri.

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