Penale

Il decreto 231 si può applicare anche alle società unipersonali

A questa importante e innovativa conclusione approda la Cassazione con la sentenza n. 45100 della Sesta sezione penale depositata ieri su un caso di corruzione nei confronti dell’assessore di un Comune

di Giovanni Negri

Il decreto 231 si può applicare anche alle società unipersonali. A questa importante e innovativa conclusione approda la Cassazione con la sentenza n. 45100 della Sesta sezione penale depositata ieri su un caso di corruzione nei confronti dell’assessore di un Comune. Il Tribunale di Pescara aveva annullato l’ordinanza con cui era stata disposta la misura cautelare del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione nei confronti di tre srl. Per il Tribunale, a differenza del Gip, le società avrebbero carattere unipersonale, sarebbero quindi imprese individuali non soggette alle disposizioni del decreto 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti.

La Cassazione non è stata di questo avviso e ha annullato l’ordinanza del Tribunale, sostenendo innanzitutto il margine di manovra che deve essere lasciato all’autorità giudiziaria nell’interpretazione della norma. Dove al giudice deve essere lasciato un potere di accertamento per arrivare anche al superamento di una rigida concezione dei soggetti espressamente previsti nell’area di applicabilità del decreto.

In questa prospettiva allora, a dovere essere valorizzata è la distinzione tra impresa individuale e società unipersonale. È vero, ammette la sentenza , che la estrema semplificazione della struttura, l’origine e la consistenza patrimoniale dell’ente, la gestione della società unipersonale, possono condurre a ritenere inesistenti le differenze con l’impresa individuale e tuttavia i due istituti sono profondamente diversi.

La società unipersonale infatti è un soggetto autonomo e distinto, sottolinea la pronuncia, dalla persona fisica dell’unico socio, «un soggetto metaindividuale, a cui la legge riconosce , in presenza di determinati presupposti, una personalità diversa rispetto a quella della persona fisica». Si tratta cioè di un soggetto che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi. Le imprese individuali, invece, possono anche avere un’organizzazione estremamente complessa, ma, osserva la Corte, non sono enti e dunque sono escluse dal decreto 231.

La società unipersonale perciò può essere chiamata a rispondere sulla base della disciplina sulla responsabilità degli enti, senza particolari incertezze quando è partecipata da una società di capitali. Ma può essere chiamata in causa anche la società unipersonale di piccole dimensioni , in cui la particolare struttura rende assai sfumata la differenza tra l’imputazione alla persona fisica e quella persona giuridica.

Da evitare c’è un duplice rischio: quello del bis in idem, che si realizzerebbe imputando alla persona fisica un cumulo di sanzioni per i medesimi fatti, ma anche quello opposto, della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioni con l’obiettivo di frammentare e polverizzare i rischi economici e normativi.

Andrà allora condotta una verifica complessa che si snoderà attraverso l’accertamento della organizzazione della società, dell’attività in concreto svolta, della dimensione dell’impresa, dei rapporti tra socio unico e società, della esistenza di un interesse sociale e del suo effettivo perseguimento. La Cassazione, dopo avere ricordato le disposizioni del Codice civile che puntano a evitare comportamenti abusivi sul fronte delle spa unipersonali, ricorda che comunque l’imputazione dell’illecito all’ente richiede un collegamento funzionale tra persona fisica ed ente.

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