Civile

Il giudice civile non può ordinare la demolizione dell'opera abusiva realizzata dal condomino

Si tratta di illecito che solo il magistrato amministrativo può sanzionare riguardando i rapporti fra il privato e la Pa. Lo ha precisato il Tribunale di Pavia con sentenza numero 567 pubblicata il 4 maggio 2023

di Fulvio Pironti

Il giudice civile non può ordinare la rimozione dell'opera abusiva, trattandosi di illecito che solo il magistrato amministrativo può sanzionare riguardando i rapporti fra il privato e la Pubblica Amministrazione. Lo ha precisato il Tribunale di Pavia con sentenza numero 567 pubblicata il 4 maggio 2023.

Il caso
Un condomino evocava una condomina dinnanzi al Tribunale di Pavia dolendosi della costruzione di una tettoia e di una scala a chiocciola, entrambe realizzate da quest'ultima. L'attore rappresentava di essere proprietario di una abitazione costituita da un piano seminterrato e uno fuori terra. Il cespite immobiliare ricadeva in un edificio di tre piani nel quale la convenuta era proprietaria di una unità situata al primo. Chiedeva che venisse accertato e dichiarato che la tettoia fabbrile e la scala a chiocciola erano state realizzate dalla convenuta in assenza dei necessari titoli abilitativi amministrativi. Chiedeva perciò che venisse condannata a rimuoverli immediatamente e a proprie cure e spese anche perché alteravano l'estetica dell'edificio e ledevano il godimento dei beni comuni.
La convenuta si costituiva eccependo il difetto di legittimazione processuale della attrice relativamente alla domanda di demolizione dei manufatti in quanto prerogativa attribuita alla Pubblica Amministrazione e non alla magistratura ordinaria. Respingeva la domanda attorea volta a ottenere la condanna alla demolizione della scala a chiocciola esterna e tettoia in ferro poiché inammissibile. Rilevava, infine, l'insussistenza di ogni limitazione delle facoltà di godimento dei beni comuni.

La decisione
Il decidente pavese ha osservato, quanto al sollevato difetto di legittimazione attiva della attrice teso a conseguire la demolizione delle opere realizzate in contrasto con la legislazione urbanistica, che l'articolo 31 d.P.R. n. 380/2001 (in base al quale l'esecuzione di interventi edilizi in assenza del permesso comporta l'ordine demolitorio da parte dell'autorità comunale) opera ai fini della repressione dell'illecito esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell'abuso, da un canto, e amministrazione deputata alla vigilanza del territorio, dall'altro. Perciò, non assegna al condomino un credito al ripristino del bene nei confronti di altro condomino per cui l'attore, nel caso di specie, non può conseguire la demolizione dei beni a servizio della convenuta soltanto perché non in regola con la normativa urbanistica.
Il tribunale ha ritenuto fondata l'eccezione della convenuta. L'assenza del titolo abilitativo per la edificazione di una opera è questione pubblicistica che può essere vagliata solo dal giudice amministrativo, unico legittimato a sanzionare il responsabile con l'ordine demolitorio e riduzione in pristino.
L'attore, inoltre, ha chiesto la rimozione dei beni della controparte assumendo violato l'articolo 1102 Codice civile. Il giudicante ha ribadito che per ottenere la rimozione dei beni della convenuta occorreva che dalla istruttoria emergesse il potenziale uso che l'attore avrebbe potuto esercitare negli spazi comuni occupati dalla convenuta al fine di verificare se l'uso più intenso impedisse quello potenziale dell'attore. In sostanza, l'attore avrebbe dovuto provare l'uso più intenso che avrebbe potuto fare delle aree occupate, ovvero che un pari uso da parte sua risultasse impedito. Quanto alla tettoia, il consulente tecnico d'ufficio ha chiarito che il bene e la struttura di sostegno poggiano parzialmente sul balcone della convenuta e in altra parte sul muro perimetrale dell'edificio mentre la scala a chiocciola insiste sul cortile e sul muro perimetrale, entrambi di proprietà comune.
In definitiva, il tribunale ha rigettato la domanda attorea volta alla rimozione dei manufatti realizzati dalla convenuta ed insistenti parzialmente sul bene comune.

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