Il giudice rileva d'ufficio il difetto di rappresentanza del procuratore che ha concluso un contratto
Le sezioni Unite della Cassazione, esaminando una vicenda che ha riguardato un complesso affaire avente a oggetto dei trasferimenti immobiliari, sono intervenute, con la sentenza 11377/2015, sulla questione se la deduzione di inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator sia inquadrabile come eccezione in senso stretto, e come tale sollevabile soltanto da chi è falsamente rappresentato e nei limiti della fase iniziale del processo di primo grado, oppure costituisca un'eccezione in senso lato e, come tale, non solo rilevabile d'ufficio ma proponibile dalle parti per tutta la durata del giudizio di primo grado e persino per la prima volta in appello.
La questione decisa e i due orientamenti - Con una giurisprudenza uniforme e consolidata nel tempo, la Corte aveva affermato il principio secondo cui l'inefficacia del contratto concluso dal rappresentante, senza poteri o che abbia ecceduto da quelli conferitigli, non possa essere rilevata d'ufficio ma soltanto su eccezione di parte. Poiché il rimedio è diretto a tutelare il falso rappresentato, soltanto da quest'ultimo, o dai suoi eredi, può essere invocato mentre il terzo contraente, ai sensi dell'articolo 1398 del Cc, può soltanto chiedere al falsus procurator il risarcimento dei danni sofferti per aver confidato nell'operatività del contratto.
Di conseguenza, se lo pseudo rappresentato non solleva l'eccezione o la solleva processualmente in ritardo, il giudice non può pronunciarsi sull'inefficacia del contratto anche se dagli atti emerga il difetto del potere di rappresentanza e la mancanza dell'intervenuta ratifica.
L'eccezione di inefficacia del contratto viene, in tal modo, qualificata come eccezione in senso stretto, e giustificata dal fatto che, non vertendosi in ipotesi di nullità, non soccorre la regola di cui all'articolo 1421 del Cc dal momento che l'improduttività degli effetti è posta soltanto a tutela della sfera giuridica della persona del falsus rappresentato.
Di recente, però, l'orientamento in questione è stato messo in discussione da un indirizzo dottrinario che, in tema di distinzione fra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato, ha ritenuto che rientrano tra le seconde soltanto quelle previste dalla legge in casi specifici. Si è ritenuto, in sostanza, che il codice non abbia previsto una figura di contratto, concluso dal rappresentante senza procura o che abbia ecceduto i limiti della stessa, avente un'efficacia precaria per il falso rappresentato in attesa che questo possa rimuoverla con un recesso o con un rifiuto. La non vincolatività è, invece, una conseguenza automatica del difetto di rappresentatività da parte dello stipulante, tanto che allo pseudo rappresentato non è richiesta alcuna iniziativa.
Inoltre, se l'eccezione di inefficacia del contratto viene sottratta al rilievo d'ufficio e la parte interessata, per una ragione di preclusione processuale, non può più sollevarla in appello, si perverrebbe al risultato di ottenere la ratifica tacita da parte dello pseudo rappresentato, raggiungendo così un effetto opposto a quello stabilito dall'articolo 1399, comma 4, del codice civile.
Si è posto, quindi, all'esame delle sezioni Unite il quesito se basti per il giudice rilevare dagli atti legittimamente acquisiti in causa la mancanza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui, oppure se occorra anche la esplicita e tempestiva istanza dello pseudo rappresentato al fine di consentire al giudice di rigettare la domanda formulata dal terzo che ha trattato con lo pseudo rappresentante.
La soluzione della Cassazione - Per la Corte, il terzo contraente che deduce in giudizio un contratto, stipulato con il rappresentante, per ottenere, nei confronti del rappresentato, il riconoscimento di diritti che da quel contratto gli derivano, pone a fondamento della domanda non solo gli elementi richiesti dall'articolo 1325 del Cc per il perfezionamento del contratto, ma anche il fatto che il contratto sia stato concluso da un rappresentante, autorizzato dal rappresentato a stipulare in suo nome, oppure che lo pseudo rappresentato con la ratifica abbia attribuito al falso rappresentante quella legittimazione a contrarre con lui che, invece, mancava al tempo del contratto.
La disposizione contenuta nell'articolo 1388 del Cc stabilisce, infatti, che il contratto concluso dal rappresentante, in nome del rappresentato, produce effetti in capo a quest'ultimo soltanto se concluso nei limiti delle facoltà conferite al rappresentante. Qualora, invece, il negozio sia stato concluso da chi ha agito come rappresentante senza esserlo oppure da chi ha esorbitato dal potere di rappresentanza, quel contratto non produce effetti nella sfera giuridica del preteso rappresentato.
Si tratta, dunque, di un contratto non nullo né annullabile ma inefficace in assenza di ratifica (Cassazione 2860/2008). Il terzo contraente non ha, pertanto, titolo per esercitare nei confronti dello pseudo rappresentato né l'azione di inadempimento né quella per l'esecuzione del contratto.
Ai fini dell'onere della prova, la Corte ha inoltre affermato che qualora il rappresentato neghi di aver rilasciato la procura, sarà onere del terzo che ha contrattato con il rappresentante di provare l'esistenza e i limiti della procura.
La deduzione di inefficacia del contratto, secondo i Supremi giudici, non rappresenta un'eccezione ma una mera difesa con la conseguenza che tale deduzione difensiva può essere svolta senza alcuna limitazione temporale.
La rilevabilità d'ufficio - Nel caso in cui l'interessato, costituito in giudizio, ometta di prendere posizione circa la sussistenza del potere di rappresentanza allegato dall'avversario a sostegno della propria domanda, ciò avrà comunque una sua rilevanza processuale.
Infatti, al di fuori dell'ipotesi in cui la mancanza del potere rappresentativo dipenda da un difetto di forma prescritta per la sua validità, e in questo caso la mancata contestazione non assume rilevanza, negli altri casi il giudice può sempre rilevare l'inesistenza del fatto allegato da una parte anche se non contestato dall'altra, qualora tale inesistenza emerga dagli atti di causa o dall'indagine probatoria raccolta. Se la mancanza del potere rappresentativo risulta acquisito agli atti, il giudice può, quindi, tenerne conto, d'ufficio, anche in assenza di una specifica deduzione della parte interessata.
Nel caso, invece, in cui sia il falso rappresentato ad agire in giudizio con una domanda che presuppone l'efficacia del contratto concluso dal rappresentante senza poteri, il terzo non potrà opporre la carenza del potere di rappresentanza né lo potrà fare il giudice; lo stesso accadrà quando lo pseudo rappresentato sia convenuto in giudizio e tenga un comportamento inequivoco diretto a far proprio il contratto concluso dal falsus procurator.
In sostanza, il comportamento processuale del dominus con la ratifica, anche tacita, fa venir meno l'originaria carenza dei poteri di rappresentanza e la non vincolatività del contratto stipulato dal falsus procurator.
Hanno ritenuto, infine, le sezioni Unite che di ratifica tacita è possibile parlare soltanto se l'atto o il comportamento da cui risulti chiara la volontà di fare proprio il negozio, stipulato dal falsus procurator, sia proveniente dall'interessato o dai suoi eredi e non da terzi.
Corte di cassazione – Sezioni Unite civili – Sentenza 3 giugno 2015 n. 11377