Professione e Mercato

Il giurista d'impresa non è un avvocato, non può essere iscritto all'albo ma svolgere solo attività di consulenza

Lo ha affermato il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 161/2020, pubblicata il 18 febbraio 2021 sul sito istituzionale del codice deontologico

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di Marina Crisafi


Il giurista d'impresa non è un avvocato. Non può essere iscritto all'albo forense (e va tenuto distinto dall'"avvocato degli enti pubblici") potendo svolgere soltanto attività professionale di consulenza e assistenza stragiudiziale in favore del proprio datore di lavoro o del soggetto con cui abbia stipulato un contratto di prestazione d'opera. Lo ha affermato il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 161/2020, pubblicata il 18 febbraio 2021 sul sito istituzionale del codice deontologico.

I fatti
I fatti hanno origine dal ricorso presentato dal dirigente dell'ufficio legale di una compagnia di assicurazioni che chiedeva l'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati. La sua istanza veniva rigettata dal consiglio dell'ordine locale, il quale ravvisava la sussistenza della causa di incompatibilità ex art. 18, lett. d) della legge professionale (rapporto di lavoro subordinato).
Il professionista ricorreva quindi al Cnf invocando l'applicazione dell'art. 2, comma 6, della legge professionale, il quale consentirebbe – secondo la sua interpretazione – non solo l'instaurazione (per l'iscritto) di rapporti di lavoro subordinato "aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l'opera viene prestata" ma anche l'iscrizione dei soggetti titolari di tali rapporti di lavoro (cd. giuristi di impresa) nell'elenco speciale, ove non iscritti.

La posizione del Cnf
Per il Consiglio, però, il ricorso è infondato.
Il giurista d'impresa non va confuso con l'avvocato dell'ente pubblico
Innanzitutto, precisa il Cnf, le fattispecie "giuristi d'impresa" e "avvocati degli enti pubblici" devono essere tenute distinte in quanto assoggettate dalla L. n. 247/2012 a differente disciplina.
I "giuristi d'impresa" sono regolati dall'art. 2, c. 6, della L. P. al solo fine di consentire agli stessi l'esercizio dell'attività professionale di consulenza e assistenza legale stragiudiziale previa instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero stipulazione di contratti di prestazione d'opera continuativa e coordinata nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l'opera viene prestata.
Lo status di "giurista d'impresa" non consente, perciò, l'iscrizione all'albo degli avvocati.
Gli avvocati degli enti pubblici, invece, sono figura assai diversa dai giuristi d'impresa e sono assoggettati alla speciale disciplina dettata dall'art. 23 della L.P.
Si tratta, quindi, di un diverso trattamento previsto e voluto dalla legge che non crea alcuna discriminazione perché diverse sono le figure che la legge 247 prevede e regolamenta, diverse le motivazioni che sottendono e consentono agli enti pubblici (o ai soggetti di diritto privato a capitale totalmente o prevalentemente pubblico) "di dotarsi di strutture burocratiche legali per l'inserimento di avvocati, ancorché dipendenti pubblici, iscritti nel previsto elenco e stabilmente dediti alla difesa in giudizio di interessi, non di natura privatistica, ma connessi al particolare status dell'ente rappresentato".

Incompatibilità avvocati e lavoro subordinato
Nulla di fatto, infine, riguardo alla causa di incompatibilità consistente nella titolarità di rapporto di lavoro subordinato contestata dal ricorrente. Il Cnf non si discosta dal granitico orientamento giurisprudenziale che ritiene insuscettibile di applicazione analogica l'iscrizione nell'elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici. Men che meno, poi, conclude il Consiglio rigettando il ricorso, lo stesso potrebbe "creare figure professionali diversamente inquadrabili da quelle previste dalla legge".

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