Uno dei pilastri della politica sanzionatoria è che la commisurazione delle pene si deve riferire alla gravità del reato e al divario tra lo stato di libertà del soggetto e la sua carcerazione. Ma il nostro legislatore invece negli ultimi due decenni ha percorso la sola via dell'inasprimento punitivo, dell'upgrading sanzionatorio, delle nuove incriminazioni. Un pensiero alla base dell'editoriale di questa settimana, che dopo quello apparso sul n. 35 a firma di Francesco Petrelli Presidente dell'Ucpi, torna ad affrontare il tema carceri. Alberto Cisterna entra nel cuore del problema, con un approccio emotivo e anche ideale
È difficile discutere di carcere senza un afflato emotivo o ideale. La restrizione della libertà personale è stata per millenni l'unica vera alternativa alla legge del taglione, alla vendetta privata, all'«occhio per occhio, dente per dente» e l'intera cultura – in primo luogo occidentale – è permeata dalla convinzione che la punizione pubblica, governata dallo Stato, sia il modo più ragionevole, equilibrato, mite di porre rimedio all'ingiustizia del reato. Negli ultimi due secoli al principio della...
Rettifica del sesso tra diritto e realtà in un necessario rapporto di scambio
di Giuseppe Finocchiaro - Professore di Diritto processuale civile presso l'Università di Brescia