Il nuovo reato di “indebita destinazione di denaro” non interviene sul “peculato”
La Cassazione, sentenza n. 4520/2025, ha chiarito che la nuova fattispecie interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’abuso d’ufficio (abrogato)
Il delitto, introdotto nel 2024, di indebita destinazione di denaro o cose mobili - articolo 314-bis cod. pen. -, sanziona le condotte distrattive del pubblico ufficiale che, nella disciplina previgente, la giurisprudenza di legittimità inquadrava nella fattispecie abrogata dell’abuso di ufficio, sicché con l’introduzione della nuova fattispecie di reato non risulta modificato l’ambito applicativo del delitto di peculato (314 cp). Lo ha chiarito con una articolata decisione la Sesta Sezione penale, sentenza n. 4520/2025.
La difesa del ricorrente, invece, aveva sostenuto che la collocazione sistematica dell’articolo 314-bis cod. pen., «a ridosso dell’art. 314 cod. pen.», e la clausola di riserva con la quale si apre la fattispecie, portavano a ritenere che la disposizione disciplini attualmente tutte le condotte di peculato per distrazione. L’articolo 314-bis cod. pen., dunque, non costituirebbe una forma speciale di abuso di ufficio («l’ultimo residuo dell’art. 323») ma costituirebbe la nuova disciplina generale del peculato per distrazione, idonea a erodere l’ambito applicativo dell’articolo 314 cod. pen., per come interpretato sino ad ora dalla giurisprudenza.
La Suprema corte ritiene però il motivo infondato. L’articolo 9, co. 1, Dl 4 luglio 2024, n. 92, «Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile, penale», ricorda la Corte, ha introdotto nel codice penale il reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili all’articolo 314-bis, a decorrere dal 5 luglio 2024. La disposizione sancisce che «Fuori dei casi previsti dall’articolo 314, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Si tratta, spiega la Cassazione, di una fattispecie a “struttura ibrida”, in quanto muta gli elementi costitutivi del peculato e in parte dell’ormai abrogato abuso d’ufficio (articolo 323 co). Nella Relazione di accompagnamento, si riporta che la giurisprudenza ha qualificato come abuso di ufficio le condotte non comportanti appropriazione, consistenti nel mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche. L’introduzione del nuovo reato che ha anticipato di pochi giorni l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, ha lo scopo di “chiarire definitivamente i termini di punibilità di tali condotte non appropriative”, anche in ragione della normativa euro-unitaria.
Le condotte di distrazione qualificabili come peculato, prosegue la decisione, non sono suscettibili di diversa qualificazione per effetto dell’introduzione del delitto di cui all’articolo 314-bis cod. pen., e, pertanto, rimangono punibili ai sensi dell’articolo 314 cod. pen. Sono questi i casi, spiega la Corte, in cui la condotta distrattiva integra un’effettiva appropriazione perché la res è sottratta in modo definitivo dalla finalità pubblica per conseguire finalità private. Con riferimento a queste ipotesi di “distrazione appropriativa” vi è, dunque, continuità nella qualificazione giuridica e, di conseguenza, nella risposta sanzionatoria. L’articolo 314-bis cod. pen., dunque, non interferisce e non costituisce lex mitior rispetto alle condotte di peculato per distrazione, che esulano del tutto dall’ambito applicativo della fattispecie di indebita destinazione.
La nuova fattispecie di reato sottrae, invece, le condotte di indebita destinazione di denaro o cose mobili, ritenute nell’assetto previgente quale condotte di abuso di ufficio, all’irrilevanza penale conseguente all’abolitio criminis di tale reato, per evitare il contrasto con gli obblighi di criminalizzazione derivanti dal diritto dell’Unione europea. Al contempo, l’articolo 314-bis cod. pen. esclude la riespansione dell’ambito applicativo del reato di peculato con riferimento a tali classi di condotte, in quanto chiarisce, in negativo, che la deviazione dal fine pubblico non integra sempre e comunque peculato.
La nuova fattispecie di indebita destinazione, dunque, interviene solo sulle condotte di “abuso distrattivo” di fondi pubblici, finora sussunte nell’articolo323 cod. pen., cioè quelle consistenti nel «mero mutamento della destinazione di legge del denaro o delle cose mobili pubbliche», pur sempre compatibili con i fini istituzionali dell’ente di appartenenza dell’agente pubblico. Le condotte di indebita destinazione, originariamente ascrivibili alla fattispecie di abuso di ufficio, stante la continuità nella rilevanza penale, continueranno, dunque, ad essere punibili ai sensi dell’articolo314-bis cod. pen. e si applicherà, ai sensi dell’articolo 2, quarto co., cod. pen. la lex mitior costituita dalla nuova cornice edittale.
E allora, il legislatore, rispetto alle condotte di indebita destinazione punibili dalla disciplina previgente come abuso (distrattivo) d’ufficio, ha inteso realizzare un’abrogatio sine abolitione parziale, rendendo non più punibili le condotte che non abbiano comportato violazione di specifiche disposizioni di legge o di disposizioni che lasciano residuare margini di discrezionalità del pubblico agente. Infine, un’ulteriore riduzione dello spazio di rilevanza penale delle condotte, si realizza in relazione al presupposto: il possesso o la disponibilità della res, richiesto dall’articolo 314-bis cod. pen., sul modello del peculato, è, infatti, più stringente rispetto a quello allora previsto dall’articolo 323 cod. pen., che utilizzava la formula «nello svolgimento delle funzioni o del servizio».