Famiglia

Il problema della manifestazione del consenso alla somministrazione del vaccino anti Covid 19 per i ricoverati presso strutture sanitarie assistite

È stato pubblicato in G.U. il d.l. 1/2021, che affronta anche la questione del consenso alla somministrazione del vaccino contro il contagio da Covid-19 per quei soggetti "incapaci" già ospiti di residenze sanitarie assistite o altre strutture similari, che non risultino in condizione di poter esprimere un consenso libero e consapevole.

di Maria Carla Barbarito*


È stato pubblicato in G.U. il d.l. 1/2021, che affronta anche la questione del consenso alla somministrazione del vaccino contro il contagio da Covid-19 per quei soggetti "incapaci" già ospiti di residenze sanitarie assistite o altre strutture similari, che non risultino in condizione di poter esprimere un consenso libero e consapevole.

L'autonomia di decidere a quali trattamenti medici sottoporsi è un diritto tutelato Costituzionalmente garantito anche a livello internazionale dalla Convenzione di Oviedo del 1997. Ogni paziente deve avere una specifica informazione sul trattamento medico a cui deve sottoporsi così da poter esprimere un'accettazione o un rifiuto volontari, consapevoli e coscienti.

E, allora, come comportarsi verso quei soggetti che, seppur maggiorenni, non siano in grado, in tutto o in parte, di intendere e di volere (definiti soggetti fragili o incapaci)?

Oltre alla normativa generale, sul punto vi è la legge n. 219/2017, in cui si chiarisce che il tutore o l'amministratore di sostegno debbano sempre ricercare la volontà del soggetto protetto ed incapace; si prevede, in via di eccezione, che il medico possa comunque assicurare, nelle situazioni di emergenza e urgenza, le cure necessarie al soggetto incapace, ove le condizioni cliniche del paziente non consentano di recepire il consenso dello stesso; e, infine, si stabilisce la possibilità di esprimere, ora per allora, le volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte in campo sanitario (DAT).

Il d.l. 1/2021 si colloca in linea con tali disposizioni, cercando (e riuscendo) a mantenere un equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto all'autodeterminazione.

Anzitutto, il legislatore ha ribadito che le persone incapaci esprimono il consenso al trattamento sanitario per le vaccinazioni anti Covid-19, a mezzo del relativo tutore, curatore o amministratore di sostegno, ovvero del fiduciario i quali tutti, in linea con quanto sopra, dovranno sempre cercare di raccogliere ove possibile la volontà dell'incapace.

La prima novità riguarda il caso in cui non vi siano tali figure, ovvero il caso in cui questi non siano reperibili. In questo caso sarà il direttore sanitario o, in difetto, il responsabile medico della residenza sanitaria in cui l'incapace è ricoverato, ad assumere la funzione di amministratore di sostegno del soggetto, al solo fine della prestazione del consenso di cui al comma 1. In difetto, la detta funzione sarà svolta dal direttore sanitario della ASL territorialmente competente sulla struttura stessa o da un suo delegato.

Il legislatore dopo aver individuato i soggetti che devono raccogliere ed esprimere il consenso chiarisce che i detti soggetti (amministratori di sostegno o i tutori i curatori o i fiduciari) debbono sentire, ove noti, anche altri soggetti (il coniuge, la persona parte di unione civile o stabilmente convivente o il parente più prossimo entro il terzo grado dell'incapace) dopo di che invieranno comunicazione scritta al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio.

Il d.l. precisa che il consenso non può essere espresso in difformità alla volontà dell'interessato o dei soggetti sopraindicati e specifica che, in caso di rifiuto, il responsabile medico potrà chiedere l'autorizzazione al giudice tutelare.

Una ulteriore novità è data dalla soluzione disposta per il caso in cui non sia possibile procedere per difetto di disposizioni di volontà dell'interessato, anticipate o attuali, e per irreperibilità o indisponibilità dei predetti soggetti. In questi casi il consenso, sottoscritto dal direttore sanitario o, in difetto, dal responsabile medico della struttura, viene comunicato immediatamente al giudice tutelare competente per territorio, il quale, nelle 48 ore successive, deve convalidare il consenso. Se la convalida viene negata, il consenso è privo di effetti, il silenzio del giudice tutelare nelle 48 ore equivarrà ad assenso.

* a cura di Maria Carla Barbarito, responsabile del dipartimento di diritto di famiglia di Lca Studio Legale

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