Civile

Il rapporto tra le domande relative al tributo e quelle relative alle sanzioni nel processo tributario

Il principio era da ultimo stato affermato da Cass. 24732-20, la quale ne aveva fatto applicazione a favore dell'Agenzia: l'Agenzia aveva impugnato la sentenza favorevole al contribuente e doveva ritenersi, per la Corte, che così facendo avesse impugnato anche la parte relativa alle sanzioni.

di Maurizio Conti*

Giudicando un'interessante questione relativa alla deducibilità ai fini dell'imposta sul reddito dell'IVA indetraibile (se nell'anno di pagamento o se mediante capitalizzazione ed ammortamento), la Corte di Cassazione ha ribadito l'effetto espansivo interno dell'impugnazione relativa alla non debenza del tributo, che necessariamente si porta dietro la questione della non debenza delle sanzioni.

Il principio era da ultimo stato affermato da Cass. 24732-20, la quale ne aveva fatto applicazione a favore dell'Agenzia: l'Agenzia aveva impugnato la sentenza favorevole al contribuente e doveva ritenersi, per la Corte, che così facendo avesse impugnato anche la parte relativa alle sanzioni.

Nel caso deciso da Cass. 20435-21 il contribuente era stato soccombente in secondo grado riguardo al tributo, ma la CTR aveva ritenuto non dovute le sanzioni ai sensi dell'art. 8 D. Lgs 546/92 per obiettiva incertezza sulla portata ed applicazione della norma. Il contribuente aveva fatto ricorso sul punto relativo al tributo e l'Agenzia delle Entrate per quanto riguarda le sanzioni. Nell'accogliere il ricorso del contribuente, la Corte dichiara inammissibile quello dell'Agenzia in quanto, annullata la pretesa erariale, la pronuncia non può che estendersi anche alle sanzioni, poiché l'impugnazione della parte della sentenza che riguarda il tributo si estende alle sanzioni che sono da esso dipendenti (ma non, ricorda la Corte, alla domanda di annullamento delle sanzioni per ragioni diverse).

La conseguenza processuale non è la semplice reiezione dell'impugnativa dell'Agenzia, ma l'inammissibilità di essa; in altre parole, non ha senso chiedersi se si sia in presenza di un caso di disapplicazione delle sanzioni in quanto il comportamento, dal punto di vista oggettivo, non rientra nella previsione illecita: il contribuente non pagando un tributo non dovuto non può (nemmeno astrattamente) aver commesso un illecito sanzionabile.

Molto chiaro il principio: se non è dovuto il tributo non possono essere dovute le sanzioni.

Non vale il contrario: può essere dovuto il tributo, ma disapplicate le sanzioni per incertezza interpretativa (art. 6 del d.lgs. n. 472/1997, art. 10 comma 2 dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 8 D. Lgs 546/92), o per altre ragioni quali l'essersi adeguati ad indicazioni dell'Amministrazione Finanziaria (art. 10 comma 1 Statuto), o la ricorrenza delle altre ipotesi espressamente indicate nel D. Lgs 472 / 1997 quali la mancanza di imputabilità (art.4), o di colpa (art. 5), o perché chi è tenuto al tributo riveste la qualifica di erede (art. 8), o perché ci si trova in presenza di causa di forza maggiore (art. 6 comma 5), o di un autore mediato dell'illecito (art. 10). In questi casi, pur in presenza di un tributo dovuto, non si applicano le sanzioni.

Quali conseguenze ha tutto ciò sulle domande che il difensore può svolgere nelle impugnative tributarie? L'intreccio di aspetti sostanziali con aspetti processuali merita una breve riflessione.

Dal punto di vista processuale chi è soccombente su un punto deve impugnare in maniera specifica. Invece le questioni non esaminate, in quanto assorbite da altre, devono essere riproposte.

Nel ricorso in primo grado e nelle successive impugnazioni il contribuente può limitarsi a chiedere l'annullamento dell'avviso di accertamento ed in caso di accoglimento della domanda l'effetto si estenderà necessariamente alle sanzioni.

Tuttavia, se il ricorrente non ha chiesto la disapplicazione delle sanzioni per altre ragioni (diverse ed autonome rispetto al tributo), il giudice, se respinge il riscorso riguardo all'imposta, non potrà d'ufficio disapplicare le sanzioni.

Ove la domanda sulle sanzioni per ragioni differenti ed autonome sia stata svolta, occorrerà coltivarla diligentemente nei successivi gradi di giudizio. Se il contribuente risulterà soccombente su entrambi i punti, ove cioè il giudice abbia ritenuto dovuto il tributo e non abbia ritenuto ricorrere ragioni per disapplicare le sanzioni, entrambi i capi della sentenza andranno impugnati, col ricorso al giudice del gravame: non debenza del tributo (che in caso di accoglimento si porta dietro la non debenza delle sanzioni), in subordine, ove anche il tributo sia dovuto, valide ragioni per la disapplicazione delle sanzioni. Ove il secondo punto non sia stato oggetto di impugnazione esplicita, così come il primo giudice non poteva giudicare d'ufficio sulla domanda, il giudice del gravame non potrà pronunciare, per essersi formato un giudicato.

Se il contribuente risulterà vittorioso sulla non debenza del tributo, in caso di impugnazione dell'Agenzia, lo stesso contribuente avrà l'onere (non di impugnazione incidentale, ma) di "riproposta" della questione d'inapplicabilità delle sanzioni per ragioni autonome. In caso contrario la domanda si reputerà abbandonata e nel caso di riforma della decisione sul punto principale (validità dell'accertamento) il giudice dell'impugnazione non potrà pronunciarsi su quanto non gli è stato chiesto.

Ricapitolando, rispetto alla disapplicazione delle sanzioni per ragioni diverse ed autonome dalla non debenza del tributo: la soccombenza importa l'onere di impugnazione, la non pronuncia per assorbimento importa l'onere della riproposizione, la vittoria sul punto non importa alcun onere processuale.

Un punto interessante è quello della sorte delle sanzioni definite in via agevolata (art. 17 comma 2 D. Lgs 472/97) nel caso di annullamento del tributo in seguito ad accoglimento del reclamo mediazione (art. 17 bis D. Lgs 546/92) ove ne ricorrano i presupposti (controversie di valore fino a cinquantamila euro). Se chi riceve un avviso di accertamento decide di definire le sanzioni nella misura del terzo e poi propone ricorso alla CTP da valere anche quale reclamo ai sensi dell'art. 17 bis D. Lgs 546, che ne è delle sanzioni pagate se l'Agenzia delle Entrate accoglie integralmente il reclamo ed annulla l'atto impositivo? La giurisprudenza ha sempre ritenuto (Cass. 25577-17, 8585-21) che l'accoglimento del ricorso avverso l'avviso di accertamento non potesse avere come conseguenza la ripetizione delle sanzioni definite in via agevolata poiché, così facendo, il contribuente riduce il rischio relativo alle sanzioni e la contropartita è, appunto, la definizione di esse, il che importa la non ripetibilità.

L'accoglimento del reclamo ex art. 17 bis è tuttavia diverso dalla vittoria in sede giudiziale in quanto equivale ad annullamento (in autotutela) dell'avviso di accertamento. E se si dovesse trattare di annullamento vero e proprio (cioè per riconoscimento della mancanza ab origine delle ragioni per emanare l'avviso) rimarrebbe il dubbio della correttezza di una soluzione che impedisca la ripetizione delle sanzioni: se è la stessa Agenzia ad annullare l'atto quale rimarrebbe il fondamento per non restituire le sanzioni pagate.

*a cura dell'Avv. Maurizio Conti, Partner 24ORE Avvocati.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©