Il reo con l'ipertensione non ha diritto a ottenere la misura alternativa al carcere
Occorre una patologia particolarmente grave in modo che il soggetto non possa più stare in carcere
Gli episodi di ipertensione non rappresentano una patologia così grave da garantire una misura alternativa al carcere. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 38123/22.
La vicenda
Nel caso concreto il gip del tribunale di Catanzaro aveva respinto l'istanza del reo per la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con altra meno afflittiva. In base alle acquisite relazioni sanitarie stilate nell'agosto 2021 dall'azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale e gli accertamenti sanitari effettuati e programmati, il tribunale evidenziava che: il detenuto era costantemente monitorato; le patologie acclarate non necessitavano di particolari cure; gli accertamenti sanitari richiesti erano stati eseguiti; risultavano in programmazione ulteriori visite sanitarie. Non avendo, poi, la difesa fornito alcun elemento concreto tale da indurre a dubitare del parere sanitario, l'organo del riesame escludeva la sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 275, comma 4-bis, del cpp anche per la possibilità di accedere a visita medica presso centri esterni, in caso di necessità.
Si legge nella sentenza che in tema di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, la previsione dell'articolo 299, comma 4-ter del cpp impone al giudice la nomina del perito solo se sussiste un apprezzabile "fumus" e cioè se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, o comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere. Di qui è stata respinta l'istanza del reo in quanto emergeva che in caso di bisogno l'amministrazione penitenziaria sarebbe stata in grado di assicurare un costante monitoraggio clinico del detenuto. Conclude la sentenza che a far scattare l'obbligo di nominare un perito non basta prospettare una qualsivoglia malattia, ma occorre che venga evidenziata e circostanziata una patologia "particolarmente grave" la cui cura non sia compatibile con il regime carcerario.