Lavoro

Il risarcimento per la mancata attivazione della retribuzione di risultato non è tassabile

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza 14344/2022, respingendo il ricorso dell'Agenzia delle Entrate. Il caso riguardava dirigenti medici e veterinari dell'Asl di Crotone

di Francesco Machina Grifeo

Non è tassabile il risarcimento del danno corrisposto dal datore di lavoro a seguito della mancata attivazione, prescritta dalla contrattazione collettiva, del sistema della retribuzione di risultato o per obiettivi, configurandosi come una "perdita di chance". Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza 14344/2022, respingendo il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.

La V Sezione civile affermando un principio di diritto ha infatti statuito che: "le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cosiddetto lucro cessante), e non costituiscono reddito imponibile nell'ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cosiddetto danno emergente)". "Non è quindi tassabile – prosegue la Corte - il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore dipendente, anche in via transattiva, per la perdita di chance di accrescimento professionale (a causa dell'assenza di programmi ed obiettivi incentivanti), ed è irrilevante che, ai fini della determinazione del quantum debeatur, si faccia riferimento al c.c.n.l. di un certo comparto».

La ripresa tributaria da parte del Fisco era correlata al contenzioso promosso davanti al giudice del lavoro da parte di numerosi dirigenti "Medici e veterinari" a tempo indeterminato, dipendenti dall'(ex) Asl di Crotone per l'accertamento dell'inadempimento contrattuale dell'Azienda sanitaria rispetto all'intero meccanismo della "retribuzione di risultato" (prescritto dall'art. 52 del c.c.n.l. dell'08/06/2000 dirigenza sanitaria) ed al relativo risarcimento. In breve, i dirigenti lamentavano la mancata attivazione del sistema prescritto dalla contrattazione collettiva, che avrebbe consentito la corresponsione di "compensi incentivanti" in base ai risultati raggiunti in relazione a programmi predeterminati.

Il giudice del lavoro, accertato l'inadempimento contrattuale dell'Asl, ha riconosciuto il diritto dei lavoratori al risarcimento del danno patito per effetto dell'inadempimento dell'ente ed ha precisato che «il danno deve ravvisarsi sia sotto il profilo della lesione alla professionalità, essendo evidente che l'assenza di programmi ed obiettivi incentivanti comporti una perdita di chance di accrescimento professionale, sia sotto il profilo della perdita di chance relativa a una componente, di natura accessoria, della retribuzione», demandandone la quantificazione a un separato giudizio.

Raggiunto un accordo transattivo, le Entrate hanno inviato gli avvisi di accertamento per il recupero a tassazione Irpef, per l'annualità 2009, quali redditi di lavoro dipendente, le somme riconosciute dall'Azienda. A seguito di impugnazione, la Ctr ha però affermato che le liti, transatte, tra i contribuenti e l'Asp riguardano il risarcimento del danno da perdita di chance di accrescimento professionale, come accertato dal giudice del lavoro, e, quindi, gli importi ricevuti sono esenti da tassazione. Contro questa decisione il Fisco ha proposto ricorso in Cassazione che lo ha respinto.

Del resto, prosegue il ragionamento della Suprema corte, la retribuzione di risultato non è una voce automatica, "ma è soggetta, per ciascun dirigente, a determinazione annuale, da effettuarsi solo a seguito della definizione, parimenti annuale, degli obiettivi e delle valutazioni degli organi di controllo interno". In questo senso, prosegue, il Tribunale di Crotone ha accertato l'omessa attivazione di obiettivi/percorsi professionali e delle consequenziali valutazioni dei risultati. E ne ha dedotto una "perdita di chance di miglioramento attitudinale/dirigenziale e di valutazione (eventualmente positiva) dei risultati conseguiti con ricadute economiche".

Per la Cassazione in tal modo si realizza una situazione affine a quella del demansionamento (sul punto cfr. Agenzia delle entrate, risposta ad interpello n. 185 dell'8 aprile 2022) o della precarizzazione (Cass. Sez. U. 15/03/2016, n. 5072), "là dove l'attribuzione nummaria non è meramente sostitutiva della retribuzione, ma anzitutto ristora la lesione della capacità professionale del lavoratore".

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