Il riscatto della laurea pagato dal datore di lavoro come forma di incentivo all'esodo: il parere dell'Agenzia delle Entrate
L'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 490 del 21 ottobre 2020, è intervenuta in merito al trattamento fiscale applicato alla contribuzione previdenziale versata dal datore di lavoro all'INPS per il riscatto agevolato della laurea di alcuni lavoratori coinvolti in un accordo sindacale di incentivazione all'esodo
I fatti riguardano l'interpello proposto all'amministrazione finanziaria da parte di un'azienda interessata – nell'ambito di un piano di riduzione del personale – a coinvolgere alcuni propri dipendenti a fine carriera in un accordo di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro che preveda la possibilità, per questi, di riscattare la laurea in modo agevolato e anticipare, di conseguenza, il conseguimento del diritto a pensione.
Nell'ambito dell'offerta economica riconosciuta per l'uscita dei lavoratori, l'azienda avrebbe infatti concesso a questi di percepire – entro il limite massimo equivalente a 12 mensilità della propria retribuzione annua lorda – una somma da destinare al pagamento dei contributi previdenziali necessari per il riscatto agevolato del corso di laurea.
Propedeuticamente, il datore di lavoro avrebbe siglato uno specifico accordo con l'INPS al fine di accentrare presso di sé il versamento della contribuzione previdenziale utile al pagamento degli oneri di riscatto. Pertanto, i lavoratori che avessero deciso di destinare una quota dell'incentivo all'esodo a tale iniziativa ne avrebbero fatto esplicita richiesta alla società, la quale avrebbe contestualmente accantonato il relativo importo da destinare al pagamento accentrato dei contributi previdenziali da riscatto.
Inoltre, la società, in qualità di sostituto d'imposta, avrebbe provveduto a rielaborare il conguaglio fiscale di fine rapporto dei dipendenti coinvolti, riconoscendo loro in via automatica la deduzione dell'onere per la contribuzione volontaria, da far valere a riduzione del reddito di lavoro dipendente prodotto in corso d'anno e assoggettato a tassazione ordinaria.
A dire del datore di lavoro istante, infatti, "dalla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione separata sembrerebbero, interpretando letteralmente la norma contenuta nell'articolo 19, comma 2 del TUIR, non rientrare i contributi «versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza», bensì solo i «contributi obbligatori dovuti per legge»".
In merito all'operazione prospettata da parte dell'azienda, l'autorità fiscale ha precisato, in prima istanza, come i contributi previdenziali versati all'INPS per conto del dipendente nell'ambito dell'accordo costituiscano reddito da assoggettare a tassazione separata, in quanto costituenti una forma di incentivo all'esodo al pari del resto dell'indennità prevista per la cessazione del rapporto di lavoro. Viene infatti osservato come l'incentivo all'esodo si sostanzi, in via generale, "in un'offerta, da parte del datore di lavoro, di somme aggiuntive rispetto a quelle dovute al dipendente per legge e/o contratto, che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro". Nella fattispecie in esame, dunque, l'incentivo all'esodo comprensivo della quota destinata a riscattare i periodi d'istruzione universitaria "dovrà essere assoggettato a tassazione separata con l'aliquota applicata al Trattamento di Fine Rapporto".
Circa il conguaglio fiscale di fine rapporto descritto dalla società, l'Agenzia delle Entrate ha rappresentato come "la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi volontari alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza può essere riconosciuta anche dal datore di lavoro ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera h) del TUIR, in applicazione del quale non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, tra l'altro, «le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all'articolo 10 e alle condizioni ivi previste»".
L'autorità fiscale espone infatti come la finalità perseguita dalla norma sia quella di evitare che "il lavoratore debba presentare la dichiarazione dei redditi al solo fine di fruire di oneri deducibili di cui il datore di lavoro è a conoscenza, avendo effettuato trattenute per gli stessi".
Per quanto riguarda, infine, il trattamento ai fini IRES della somma destinata al pagamento dei contributi previdenziali del riscatto, l'Agenzia delle Entrate ha espresso come questa sia integralmente deducibile, poiché costituente "una controprestazione per agevolare la risoluzione consensuale del rapporto ed abbia, quindi, una specifica connessione con il rapporto di lavoro, con conseguente deducibilità come componente negativo del reddito di impresa".
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*Consulente del Lavoro di HR Capital