Civile

Il tempo del bambino non si divide al 50 % tra gli «ex»

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di Giorgio Vaccaro

Non è conforme all’interesse del minore prevedere una astratta «ripartizione simmetrica» dei tempi di frequenza con i due genitori. La Corte di cassazione con l’ordinanza 3652 del 13 febbraio 2020 (Prima civile, relatore Bisogni) afferma come sia obbligo del Giudice, valutare con priorità assoluta, l’interesse del minore, rispetto alle diverse richieste dei genitori.

Nell’esaminare un ricorso di un padre - che chiedeva la cassazione di una sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria - la Prima sezione ha ritenuto adeguata la pronuncia del giudice territoriale in quanto nel merito erano state già pienamente valutate tutte le istanze del ricorrente e solo dopo questa analisi era stato ritenuto «maggiormente rispondente ad una crescita e equilibrata della minore la sua convivenza con la madre» pur «con un ampio riconoscimento della relazione e della frequentazione con il padre».

Ciò ribadito, la Corte ha inteso - per superare in via definitiva ogni richiesta che mettesse a base del ragionamento un astratto diritto del genitore a ripartire il tempo del figlio al 50 per cento – come debba considerarsi nella valutazione giudiziaria il seguente principio di diritto: «La regolamentazione dei rapporti fra i genitori non conviventi e i figli minori, non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori. Ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto ad una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi ad una piena realizzazione della loro relazione con i figli ed all’esplicazione del loro ruolo educativo».

Questa importante precisazione – che viene appunto espressa come “Principio di diritto” e che, quindi, va ad integrare quanto già statuito dalla giurisprudenza del Supremo collegio – pone il diritto del genitore all’esplicazione della propria genitorialità a un livello subordinato a quello dell’interesse del figlio a una serena crescita.

Il vaglio del giudice deve quindi avere come stella polare l’indagine della miglior via per assicurare in primis al minore appunto «la situazione più confacente al suo benessere ed alla sua crescita armoniosa». Ogni diversa ipotesi che voglia immaginare prevalente il diritto alla esplicazione della responsabilità genitoriale, rispetto all’interesse alla serenità del figlio, non può essere consentita perché contraria alla corretta lettura delle norma vigente.

Ricordiamo peraltro come il contenuto più importante del corretto esercizio della responsabilità, cosiddetta, parentale, sia quello di «mantenere viva nella mente del figlio la figura dell’altro genitore». L’ordinanza in nota rigetta le ulteriore doglianze paterne, quella relativa alla mancata previsione di un’alternanza «dei tempi di frequenza secondo i turni di lavoro dei genitori» e quella relativa all’astratta inadeguatezza dell’iniziale collocamento della figlia con la madre, perché preso in via «provvisoria ed urgente» e quindi senza istruttoria, rigettando in toto ogni ipotesi di rilettura. Secondo la Cassazione i giudici di merito hanno affrontato specificamente entrambe le questioni, motivando poi in modo esaustivo e circostanziato le ragioni delle decisioni in tema.

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