Civile

Illegittima la maxi multa per chi ferma l'auto per far salire la prostituta

La Suprema corte, sentenza n. 4924 depositata oggi, ha bocciato il Regolamento comunale di Brescia

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione boccia il Regolamento "anti prostituzione" del comune di Brescia. Mostrando una certa fantasia regolamentare, il municipio aveva infatti previsto una maxi multa da 500 euro per chiunque fermando l'auto in tutto il territorio comunale facesse salire una donna dedita al meretricio. Con quale scusa? L'intralcio al traffico.

Per la Suprema corte, sentenza n. 4927 depositata oggi, come già affermato nelle fasi di merito, però la disposizione entra in conflitto con una norma di tipo primario "atteso che se la prostituzione, seppur contraria al buon costume, non costituisce un'attività illecita, è preclusa la possibilità di porre delle regole che creino ostacolo o intralcio allo svolgimento di tale libertà di iniziativa economica se non mediante leggi statali".

Non è del resto consentito, spiega la II Sezione civile, "alle ordinanza sindacali ‘ordinarie' - pur rivolte al fine di fronteggiare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana - di derogare a norme legislative vigenti, come invece è possibile nel caso di provvedimenti che si fondino sul presupposto dell'urgenza e la condizione della temporaneità dei loro effetti".

Le deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, infatti, "sono consentite solo se «temporalmente delimitate». E non è questo il caso.

Né si può sostenere che il provvedimento sindacale "rispondeva alla asserita finalità di regolamentare la circolazione stradale, onde evitare gli intralci alla stessa mediante l'eventuale imposizione del divieto di fermata in una determinata strada o zona (come consentito dagli artt. 6 e 7 del C.d.S.)".

Dunque nell'ordinanza, "correttamente ritenuta illegittima in sede di merito e disapplicata", si rileva un vizio di eccesso di potere, "avendo il Sindaco, sulla base delle facoltà riconosciutegli dalla sopra richiamata normativa del Codice della Strada, emesso un provvedimento riguardante, invece, l'ordine pubblico". E cioè ha fatto ricorso ad un provvedimento "apparentemente finalizzato alla regolamentazione della circolazione stradale di autoveicoli, per vietare il meretricio sessuale, con estensione, e tale aspetto è ancor più decisivo, in modo indiscriminato su tutto il territorio del Comune".

Una autogol con cui di fatto certificava che il Regolamento non mirava certo a "esigenze di tutela di un determinata strada o di una determinata zona [cosi come "impone" il tenore letterale degli artt. 6 e 7 C.d.S.], bensì sanzionare, in modo illegittimo l'attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento in genere e, in modo indiscriminato, su tutto il territorio comunale".

Mentre che l'attività di meretricio non sia illecita ma anzi rientri "nelle attività economiche, per cui non può esserne vietato l'esercizio se non attraverso una normativa statale", lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue (20.11.2001 causa C-268/99). In conclusione per la Cassazione "il Comune non ha il potere di bloccare un'attività che non può considerarsi illecita, adducendo che si vuole tutelare la sicurezza del cittadino, in quanto si deborderebbe in una competenza esclusiva dello Stato a cui gli Enti locali non possono sostituirsi".

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