Penale

Illegittimo sostituire l'avvocato che non riesce a partecipare all'udienza da remoto

Per la Cassazione, quando l'avvocato non riesce a partecipare all'udienza da remoto, è illegittima la sua sostituzione con un difensore d'ufficio

di Marina Crisafi

Non si può sostituire l’avvocato con uno d’ufficio, solo perché il primo non riesce a partecipare all’udienza da remoto. È quanto ha affermato la prima sezione penale della Cassazione con sentenza n. 17492/2022.

La vicenda

Ad interessare la Suprema corte è un detenuto che si era visto respingere l’istanza diretta a ottenere un permesso di necessità per partecipare al funerale del fratello e/o trascorrere qualche ora presso la propria abitazione familiare. Il magistrato di sorveglianza aveva respinto la richiesta, dando atto di averla potuto valutare soltanto in ritardo ed evidenziando ad ogni modo come fosse mancante la prova della parentela con il deceduto.

Avverso tale decisione il detenuto proponeva reclamo che veniva dichiarato inammissibile dal tribunale di sorveglianza, poiché, essendo stato presentato direttamente dall'interessato con riserva dei motivi, questi ultimi non erano agli atti.

  Il ricorso

A questo punto, il difensore di fiducia del detenuto adiva la Suprema corte chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento del tribunale, ponendo alla base dell'impugnazione un unico motivo con cui lamentava la mancata possibilità di intervenire all'udienza in camera di consiglio, a seguito della notificazione di fissazione dell'udienza con possibilità di poter partecipare da remoto tramite piattaforma Microsoft Teams, tempestivamente richiesta cinque giorni prima dell'udienza indicando anche il numero di telefono cellulare sul quale essere raggiunto.

Il legale asseriva di aver cercato inutilmente di contattare telefonicamente le utenze dell'Ufficio di sorveglianza pubblicate sia il giorno stesso dell'udienza che successivamente, nonché di aver inviato nei giorni seguenti più messaggi tramite Pec al Presidente del Tribunale di Sorveglianza, al Presidente del Tribunale e al deposito atti penali, nonché ad altri indirizzi di posta certificata, senza ricevere risposta alcuna. Sosteneva, pertanto, la nullità del procedimento camerale e della relativa decisione assunta senza consentirgli di partecipare «ai sensi degli artt. 178-179 c.p.p., per l'effetto estensivo delle disposizioni di cui all'art. 666 c.p.p. in relazione all'art. 127 del medesimo codice, relative all'intervento e l'assistenza dell'imputato ovvero all'assenza del difensore».  Aggiungeva, infine, il legale che l'eventuale nomina di un difensore d'ufficio in sua sostituzione non poteva sanare detta nullità.

La decisione

Per gli Ermellini l'impugnazione è fondata. Che il difensore non abbia partecipato all’udienza da remoto, nonostante avesse comunicato la propria volontà in tal senso risulta agli atti, rilevano innanzitutto i giudici. Inoltre, è principio già affermato in giurisprudenza, che «in tema di procedimento di sorveglianza “da remoto”, qualora, a causa di un improvviso malfunzionamento del sistema di videoconferenza, sia impossibile la partecipazione del difensore di fiducia del condannato all'udienza ‘a distanza’, è illegittima la sostituzione dello stesso con un difensore d'ufficio designato ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p., con conseguente nullità ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 179 c.p.p. sia di detta udienza che del provvedimento in esito ad essa adottato».

Per cui da questo principio, è possibile desumere rincarano dal Palazzaccio, che, «in ogni caso, il difensore avrebbe avuto diritto a partecipare all'udienza tenutasi apparentemente senza patrocinio alcuno a favore del detenuto richiedente». In definitiva, il ricorso è accolto e il provvedimento impugnato annullato. La parola passa, quindi, al Tribunale di sorveglianza per la trattazione del reclamo ritualmente presentato.

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