Civile

Immobili in categoria D, Comuni fuorigioco

La Cassazione sottolinea che dal 2007 gli enti locali non possono più procedere all’accertamento Imu/Ici

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

A partire dal 2007, i comuni non hanno più il potere di accertare ai fini Ici/Imu gli immobili di categoria D, non censiti, con la rendita presunta, potendo al più verificare l’esattezza del costo contabilizzato.

La rendita catastale attribuita, inoltre, produce effetti retroattivamente, dalla data in cui è stata attivata la procedura Docfa. La precisazione giunge dalla sentenza 21115/2022 della Cassazione.

Nel caso deciso dalla Suprema corte, il comune, in presenza di immobili connessi a una centrale elettrica, privi di rendita, aveva ritenuto di accertare l’Ici dovuta su di essi, relativa all’anno 2010, applicando una rendita presunta. Dopo alterne vicende davanti ai giudici di merito, la questione approdava alla Cassazione. La Corte rilevava in primo luogo che, dal 2007, per effetto della legge 296/2006, erano state abrogate le disposizioni del Dlgs 504/1992 che consentivano di determinare l’imponibile dei fabbricati privi di rendita ricorrendo alle rendite relative a fabbricati similari. Nel contempo, osserva sempre la Corte, erano entrate in vigore alcune previsioni che consentivano di accatastare d’imperio le unità immobiliari non censite (articolo 1, comma 336, legge 311/2004) oppure di modificare i classamenti non congrui rispetto alla effettiva situazione immobiliare (articolo 1, comma 335, stessa legge 311).

Dal complesso delle disposizioni sopra indicate, il collegio di legittimità ha pertanto desunto il criterio di diritto secondo cui, a partire dal 2007, i comuni non hanno più il potere di accertare l’imponibile degli immobili non censiti sulla base della rendita presunta, si ritiene, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza dell’unità immobiliare. Con specifico riferimento ai fabbricati di categoria D, ove questi siano privi di rendita, distintamente contabilizzati e interamente posseduti da imprese, l’unico criterio applicabile è del quello del costo contabilizzato. Negli altri casi, è l’agenzia delle Entrate che, anche su eventuale sollecitazione dei comuni, deve provvedere all’accatastamento con stima diretta.

Tuttavia, il fatto che l’accertamento fosse fondato su di un criterio errato non comportava l’azzeramento della pretesa, dovendo la società contribuente versare l’imposta dovuta sulla base della rendita catastale successivamente attribuita, a decorrere dalla data in cui era stata attivata la relativa richiesta.

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