Responsabilità

Importi divisi in due voci se il decesso avviene tempo dopo l’infortunio

Il giudice dovrà accertare e liquidare le somme in maniera separata

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di Antonio Serpetti di Querciara

In caso di decesso, che si verifichi dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’infortunio, il danno da morte è ripartibile in due voci, da accertare e da liquidare separatamente. Si distingue, infatti, il danno biologico terminale – sempre presente e che si protrae dal giorno dell’infortunio al decesso – e il danno morale catastrofale. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza 36841 del 15 dicembre 2022.

Il primo è un danno biologico (danno non patrimoniale che lede il diritto all’integrità psicofisica della persona), che dà luogo a una pretesa risarcitoria, trasmissibile iure hereditatis, da commisurare solo all’inabilità temporanea, adeguando, tuttavia, la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, seppur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero al punto di esitare nella morte. In tal caso, non è necessario avere consapevolezza e coscienza della propria condizione e la liquidazione viene compiuta attraverso le tabelle relative al danno non patrimoniale temporaneo, tenuto conto della menomazione fisica patita che culmina nel decesso. Affinché possa consolidarsi, giuridicamente, il danno alla salute, la morte non deve essere immediata, altrimenti ricorrerebbe il danno al bene “vita”, la cui lesione non è risarcibile iure hereditatis.

Diverso è il danno morale catastrofale che la Cassazione concepisce come un pregiudizio non patrimoniale di natura del tutto peculiare, consistente nella sofferenza patita dalla vittima che, lucidamente e coscientemente, assiste allo spegnersi della propria vita. In tal caso, non potendosi fare applicazione di una tabella, si utilizza un criterio equitativo puro, che tenga conto del caso concreto e della sofferenza generata dalla consapevolezza che la propria vita volge al termine. Una simile consapevolezza, infatti, culmina in un grave pregiudizio morale. La Cassazione propone, tuttavia, al fine di garantire una certa uniformità nel trattamento liquidatorio a livello nazionale, di adottare la tabella milanese per procedere al calcolo del risarcimento del danno catastrofale, salvo esigenze concrete che ne giustifichino la disapplicazione.

Secondo la Cassazione le due voci di danno sono distinte e, non essendo state disgiuntamente trattate dalla Corte d’appello, quest’ultima è pervenuta a un’errata liquidazione del danno. Per questo la Suprema corte annulla con rinvio la pronuncia.

Peraltro, l’ordinanza della Cassazione si pone in continuità con pronunce pregresse della stessa Suprema corte (Cassazione 12401/2020 e 16592/2019), che avevano già affermato la necessità di tenere distinte le due voci di danno, fenomenologicamente diverse.

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