Imposta di registro al 9% per le aree di recupero
Il trasferimento di un’area inserita, dallo strumento urbanistico comunale, in una «zona di recupero» (articolo 27 della legge 457/1978), destinata a un intervento di demolizione e ricostruzione normato da un «piano di recupero» (articolo 28, legge 457), è soggetta all’imposta di registro con l’aliquota del 9 per cento.
Lo afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 67 del 14 novembre 2018 ( clicca qui per consultarla ), la quale nega che, nella fattispecie esaminata, si applichi la norma di cui all’articolo 1, comma 88, legge 205/2017, la quale dispone l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale (e cioè il regime previsto dall’articolo 20, comma 1, legge 10/1977 in combinazione con l’articolo 32, dpr 601/1973) per gli «atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi».
L’Agenzia rammenta che i piani di recupero sono quelli (contemplati nell’articolo 28, legge 457/1978) che «prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree anche attraverso interventi di ristrutturazioni urbanistiche» i quali vengono predisposti in quelle «zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso» (articolo 27, legge 457/1978).
Il piano di recupero è quindi quello strumento urbanistico attuativo che viene elaborato per l’eliminazione di particolari situazioni di degrado prevedendo interventi di recupero e di risanamento di edifici con l’obiettivo di adattare il tessuto preesistente alle nuove esigenze urbanistiche delineate nella pianificazione urbanistica comunale (in tal senso la Risoluzione n. 383 dell’11 dicembre 2002).
Per il trasferimento delle aree e degli edifici compresi nei piani di recupero, l’articolo 5 legge 168/1982 prevedeva l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. Sennonché, questa norma di favore è stata abrogata dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011.
Si tratta ora di capire quindi se al trasferimento di immobili compresi in aree di recupero si può applicare la nuova agevolazione di cui al predetto articolo 1, comma 88, legge 205/2017.
La risposta delle Entrate è negativa, ma assai fumosa, perché da essa non si trae una precisa individuazione delle situazioni che rientrino nel perimetro applicativo di detta norma: viene infatti affermato (ribadendo quanto il Dipartimento delle Finanze aveva già espresso nella sua nota n. 32399 del 23 luglio 2018) che questo regime agevolativo «non può essere esteso ad atti che, sebbene genericamente preordinati alla trasformazione del territorio, non hanno ad oggetto interventi edilizi riconducibili a quelli previsti dalla disciplina individuata dalla legge n. 10 del 1977» in quanto esso è diretto solamente agli atti che siano inquadrabili come «strumento di adeguamento al costante aggiornamento della disciplina urbanistica, al fine di tener conto della evoluzione degli strumenti urbanistici, caratterizzata anche da mutamenti di carattere procedurale che si concretizzano altresì nell’adozione, da parte degli enti territoriali, di strumenti più snelli, coerentemente con le sopravvenute esigenze degli operatori del settore».