Imputato assente: il giudice deve verificare il rapporto effettivo col difensore
Per celebrare il processo in absentia il giudice deve verificare l'effettiva instaurazione di un rapporto tra l'imputato e il difensore d'ufficio
Per celebrare il procedimento penale senza l'imputato, non basta la presenza dell'avvocato d'ufficio ma occorre la verifica di un effettivo rapporto difensivo. Così la Cassazione penale (sentenza n. 9802/2021) che ha dato ragione allo straniero condannato in appello per furto aggravato e continuato in concorso.
Processo celebrato in absentia
Per mezzo del proprio difensore, l'imputato ricorreva al Palazzaccio avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino, lamentando la celebrazione del processo in absentia e il respingimento della deduzione sulla violazione dell'articolo 420-ter bis c.p.p. sulla base del mero richiamo alla presenza del difensore d'ufficio nel dibattimento, in violazione del necessario accertamento dell'instaurazione di un effettivo rapporto difensivo, tale da dimostrare la conoscenza dell'esistenza del procedimento a suo carico.
Gli Ermellini gli danno ragione riepilogando il contrasto giurisprudenziale sorto in materia ricomposto dalle Sezioni Unite (sentenza n. 23948/2019).
Il contrasto giurisprudenziale e la sentenza delle Sezioni Unite
Il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità era il seguente: "Se, ai fini della pronuncia della dichiarazione di assenza di cui all'art. 420-bis c.p.p., integri di per sé presupposto idoneo l'intervenuta elezione da parte dell'indagato di domicilio presso il difensore di ufficio nominatogli o, laddove non lo sia, possa comunque diventarlo nel concorso di altri elementi indicativi con certezza della conoscenza del procedimento o della volontaria sottrazione alla predetta conoscenza del procedimento o di suoi atti".
Sul punto, le Sezioni unite della Cassazione, hanno affermato che, ai fini della dichiarazione di assenza (e in relazione a fattispecie precedenti all'introduzione dell'articolo 162, comma 4-bis, c.p.p., ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103) "non possa considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento, ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso".
Ricostruito il paradigma normativo, le Sezioni Unite, con specifico riferimento alla situazione dell'imputato che, "nel corso del procedimento, abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare, ovvero abbia nominato un difensore di fiducia", ne hanno sottolineato l'accertamento in termini di necessaria effettività e, riguardo l'elezione di domicilio, hanno valorizzato l'esigenza di accertamento di un effettivo rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti, come rimarcato dalla stessa opzione normativa (articolo 162 c.p.p. comma 4-bis introdotto dalla legge n. 103/2017), da cui si deduce in via generale l'inidoneità ex se dell'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio.
I giudici, interpretando la norma citata, hanno rimarcato quindi la necessità di valutare se, nel caso concreto, vi sia stata un'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'imputato e se si siano o meno realizzate le condizioni da cui dedurre l'esistenza di un rapporto di informazione tra il legale, benché nominato di ufficio, e l'assistito; ciò in quanto gli indici di conoscenza dell'articolo 420-bis, 2 comma, c.p.p., genericamente indicati nella disposizione, vanno interpretati secondo la loro funzione di garanzia di certezza di conoscenza, senza agevolazioni di natura presuntiva.
Per il Supremo Consesso, dunque, l'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio può ritenersi efficace, al fine non solo della regolarità formale della notifica ma per poter avere la certezza che l'atto così notificato giunga a conoscenza del destinatario, solo quando vi sia un effettivo collegamento tra la persona ed il luogo eletto, ricorrendo, viceversa, un'ipotesi di domicilio "inidoneo".
È stato affermato, pertanto, il principio, applicabile alle situazioni precedenti alla regola di cui al comma 4-bis dell'articolo 162 c.p.p., secondo cui: "La sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell'indagato, non è di per sé presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all'articolo 420-bis c.p.p., dovendo il giudice in ogni caso verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata un'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento stesso".
La decisione
Nel quadro delineato, quindi, emerge come il diritto vivente abbia segnato il definitivo superamento del sistema di conoscenza legale, posto a fondamento del processo contumaciale, in favore della effettiva consapevolezza dell'esistenza del procedimento, accertata mediante indicatori dotati di effettiva attitudine dimostrativa e senza il ricorso a meccanismi presuntivi.
Nella fattispecie, la corte d'appello di Torino non ha applicato correttamente i principi indicati, perché dall'avversata sentenza risulta come la consapevolezza della celebrazione del processo a carico dell'imputato sia stata ritratta dalla mera presenza, nel giudizio di primo grado, del difensore d'ufficio, presso il quale lo stesso aveva eletto domicilio nel corso delle indagini preliminari, ed alla stregua di una esplicita "presunzione legale di conoscenza", risolta ex se nella stessa notifica al difensore d'ufficio domiciliatario, senza che alcun ulteriore indicatore, esplicativo dell'effettiva conoscenza, invece necessaria, sia stato valorizzato al riguardo.
Il principio di diritto
La Cassazione ha annullato quindi la sentenza con rinvio e affermato il seguente principio di diritto: "Ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la mera presenza in giudizio del difensore d'ufficio domiciliatario, che abbia ricevuto la notifica del decreto di citazione dell'imputato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso".