Il CommentoImmobili

IMU, TASI e TARI, assoggettabilità dei terreni edificabili impiegati ad uso agricolo

In materia di tributi locali si è a più riprese dibattuto in ordine all'assoggettabilità o meno a tassazione di quei terreni e/o aree considerati edificabili in forza di piani regolatori adottati dagli Enti Comunali, di fatto però impiegati ad uso agricolo

di Leonardo Maria Galieni*

In materia di tributi locali si è a più riprese dibattuto in ordine all'assoggettabilità o meno a tassazione di quei terreni e/o aree considerati edificabili in forza di piani regolatori adottati dagli Enti Comunali, di fatto però impiegati ad uso agricolo.

Ove tale uso sia adeguatamente dimostrato - e salvo specifiche del singolo caso - non si può che escludere tali fattispecie da imposizione anche in virtù di quanto previsto dalle singole discipline che si passeranno in rassegna.

Nell'ordine: IMU, TASI, per poi affrontare la TARI.

Ma il confronto si palesa ancor più serrato allorché "la posta in gioco" riguardi la possibilità di applicare tale condizione giuridico-tributaria (esenzione e/o esclusione dal tributo) non solo ai soggetti che siano titolari del fondo e in possesso dei requisiti "qualificanti" stabiliti dalla Legge, bensì anche ai comproprietari che invece ne risultino privi.

Non a caso la questione è finita sul tavolo dei giudici tributari, fino ad approdare anche innanzi al Supremo Consesso ove è dato registrare, anche nelle più recenti pronunce, la condivisione di quell'orientamento favorevole al contribuente che nel corso degli anni si è stratificato e, al contempo, consolidato.

Prim'ancora di addentrarsi nel merito delle discipline approntate per ogni singolo tributo, su tale specifico aspetto appare doverosa una riflessione, che forse più si atteggia a domanda retorica: se la stessa Prassi Ufficiale dell'A.F (per quanto poi si dirà nel prosieguo) ha ritenuto che, in presenza delle condizioni di Legge, l'esclusione in parola deve ritenersi applicabile anche ai comproprietari del fondo, come mai poi i contribuenti si vedono costretti a fronteggiare simili pretese impositive da parte dei Comuni d'Italia?

All'intelligenza del singolo, rinvenire la risposta più calzante.

Ebbene, resosi opportuno tale incipit, si può dunque esaminare la disciplina adottata dal legislatore per ogni singolo tributo secondo lo schema che segue:
-presupposto impositivo;
-soggettività passiva;
-caso tipico di esenzione, ove previsto
.

IMU

Quando si parla di tributi locali il primo richiamo - specularmente a quanto avviene per l'IVA nel panorama dei tributi unionali - non può che esser all'IMU (imposta municipale propria).

Come tale, sin dal suo avvento è stato interessato da una serie innumerevoli di interventi legislativi che hanno modellato la disciplina nel corso degli anni.

In particolare, se con l'entrata in vigore della c.d. IUC (Imposta Unica Comunale) il tributo in esame componeva quel trittico formato da:- IMU (Imposta Municipale propria);- TASI (Tributo sui servizi indivisibili)- TARI (Tassa sui rifiuti), con la Legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019) il legislatore, nel voler semplificare la gestione dei tributi locali e definire con precisione i dettagli legati al calcolo dell'imposta, ha deciso di accorpare la TASI all'IMU, di fatto abrogando la prima.

La nuova imposta, al di là di taluni accorgimenti "di sistema", ricalca comunque quella che era l'impostazione primigenia e, con essa, anche il presupposto impositivo: il possesso di immobili, esclusa l'abitazione principale (salvo che si tratti di unità abitativa appartenente alle c.d. categorie catastali di lusso "A/1", "A/8" e "A/9").

Dunque, in presenza di terreni, ancor più se edificabili, sembra dunque integrarsi il requisito oggettivo.

Cionondimeno, ed è questa la particolarità esclusiva di tale tributo, il legislatore a partire dal 01.01.2016 ha espressamente previsto un'esenzione ad hoc che esonera da tassazione i c.d. soggetti passivi d'imposta (proprietario, titolare di diritto reale, concessionario e via a seguire).

Invero, per effetto dell'art. 1, c. 13, della L. n. 208/2015 "Sono, altresì, esenti dall'IMU i terreni agricoli:a)posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;".

Esemplificando, le condizioni per godere dell'esenzione in esame sono ben 2:
I. è necessario che i soggetti interessati siano i c.d. IAP (acronimo per imprenditore agricolo professionale), vale a dire coloro che per le competenze professionali acquisite dedicano all'attività agricola almeno il 50% del proprio tempo di lavoro e ritraggono da essa almeno il 50% del proprio reddito globale;
II. è necessario che alla destinazione agricola del terreno si accompagni la conduzione diretta da parte del contribuente, con la conseguenza che tale agevolazione non compete al proprietario che, pur iscritto negli elenchi dei coltivatori diretti, non conduca direttamente il fondo ( cfr. C.T.R. Lombardia Milano, Sez. XII, Sent. n. 2802 del 20.07.2021; Cass., Sez. Trib., n. 12422 del 17.05.2017).

Ordunque, se in presenza di entrambe le condizioni l'operatività di tale norma non può discutersi, stesso non può invece dirsi laddove il terreno appartenga a più comproprietari, di cui almeno uno ne sia privo.

In siffatta ipotesi, opera comunque l'esenzione in esame tout court o solo per coloro che rispecchino i requisiti previsti dalla norma?

Orbene, nel rispondere a tale interrogativo un plauso merita senz'altro la soluzione individuata dall'A.F la quale, con una prima circolare interpretativa, ha affermato che "nell'ipotesi in cui il terreno posseduto da due soggetti ma è condotto da uno solo, che abbia comunque i requisiti sopra individuati, l'agevolazione in discorso si applica a tutti i comproprietari. Tale assunto si ricava dalla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione (si veda fra tutte la sentenza n. 15566 del 30 giugno 2010), la quale ha statuito che "ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti" (cfr. A.F., Circolare n. 3/DF/2012 ).

Sulla scia di tale intervento chiarificatore, si è poi allineata anche la giurisprudenza di vertice che, partendo dal fatto che lo "svolgimento di attività agricola… è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell'area" ha dunque ritenuto che tale condizione "si riflette anche a favore degli altri comproprietari, i quali, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all'esercizio dell'attività agricola da parte di un coltivatore diretto dimodoché, gli stessi, si trovano in una situazione d'impossibilità di sfruttamento edificatorio dell'area" (cfr. ex multis Cass., Sent. n. 15566 del 30.06.2010; Cass., Ord. n. 16796 del 2017, Cass., Ord. n. 17337 del 2018; Cass., Ord. n. 23591 del 2019).

Non da meno è risultato anche l'approccio ermeneutico che si registra nella più recente giurisprudenza di merito la quale, sulla scorta di una interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. b) per cui "un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell'imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale: b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione", ha dunque ritenuto che in presenza di "tali presupposti, il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali.
Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti"
(Cass. 14696/2018) … il terreno in oggetto è interamente posseduto e condotto, esercitandovi pacificamente attività agricola, da soggetti che ne sono comproprietari e che possiedono i requisiti di cui al comma 1 dell'art. 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992, pertanto, l'agevolazione fiscale, essendo correlata a un requisito, lo svolgimento di attività agricola, che è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell'area, si riflette anche a favore degli altri comproprietari, i quali, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all'esercizio dell'attività agricola da parte di un coltivatore diretto sicché gli stessi, si trovano in una situazione d'impossibilità di sfruttamento edificatorio dell'area" (cfr. C.T.R. Lazio Roma, Sez. III, Sent. n. 2805 del 01/06/2021).

Al cospetto di tale situazione oramai resa stabile e ben delineata, si segnala un intervento legislativo che, nel "mischiare le carte in tavola", potrebbe averne minato tale condizione.

Invero, poiché la modifica apportata dalla Legge di Bilancio 2020 sembra delimitare il godimento dell'esenzione sul piano soggettivo, la questione in esame si è nuovamente riproposta.

Anche in tale occasione, l'intervento dirimente dell'A.F. pare averne risolto i più che legittimi interrogativi.

Ebbene, con un'interpretazione che appare senza meno rispettosa sia della ratio sottesa alla disciplina di riferimento che degli istituti diritto civile (si pensi alla "comunione ex art. 1102 c.c." ) , il M.E.F. con risoluzione n 2/DF del 10.03.2020 ha puntualizzato che, anche nel caso di comproprietà su più soggetti (alcuni dei quali privi di qualifica di coltivatore diretto o di IAP) l'esenzione si applica ugualmente poiché questa va a qualificare oggettivamente e univocamente il bene immobile che costituisce il presupposto impositivo dell'IMU e non a operare un distinguo soggettiva rispetto alla qualifica detenuta dai singoli comproprietari .

TASI

Discorso parzialmente differente riguarda la TASI giacché la relativa disciplina, diversamente da quanto espressamente stabilito per l'IMU, non contempla un'esenzione ad hoc per l'ipotesi di terreno e/o area destinata ad attività agricola.

Invero, prim'ancora che tale tributo venisse abrogato per effetto della Legge di Bilancio 2020, il presupposto d'imposta era dato dal "possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell'abitazione principale, come definiti ai sensi dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 2011".

In buona sostanza, per stabilire se fosse o meno integrata la componente oggettiva (fabbricati e aree fabbricabili), la norma richiamava i concetti predefiniti dalla disciplina IMU.

Tra questi, per quanto attiene al concetto di area fabbricabile, emerge la definizione contenuta all' art. 2 del D.Lgs. n. 504/1992 .

Ebbene, precisando tale disposizione che "Sono considerati, tuttavia, NON fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 9, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali", ne consegue quale logico corollario che ove tali aree siano:
- destinate all'esercizio di attività agricole, nell'accezione codicisticamente assunta all'art. 2135 c.c. e
- da parte di soggetti c.d. qualificati (come l'imprenditore agricolo a titolo principale e/o professionale) , esse NON possono considerarsi fabbricabili a norma di Legge, e quindi escluse dal tributo in esame.

Pertanto, al di là della mancata previsione di un'esenzione ad hoc, la ricorrenza di tali condizioni impedisce l'insorgere della pretesa impositiva; pretesa che, ove esercitata, può dunque essere contrastata per difetto del presupposto impositivo.

TARI

Ulteriori e ben distinte considerazioni sono da farsi sul tema in relazione alla TARI e alla sua impostazione giuridico-tributaria, come ad essa impressa dal D.Lgs. n. 147/2013.

Partendo sempre da un'analisi di stampo giuridico del tributo l'art. 1, c. 641, del citato Testo prevede testualmente sul piano oggettivo che "Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva".

A controbilanciare tale disposizione, sovviene l'art. 1, c. 649, del citato D.L. n. 147/2013 in base al quale "Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente".

Ebbene, alla luce del dettato normativo, un primo interrogativo sorge spontaneo.

Poiché il presupposto della TARI è delimitato al "possesso o la detenzione di locali o di aree scoperte", si è certi che anche il possesso di un terreno possa considerarsi come tale?

Tanto più laddove, per quanto consta, non vi è una norma specifica che consenta di individuare il concetto di "area scoperta" o, se rintracciabile all'interno del panorama normativo, deve comunque trattarsi di superficie ove vi sia la "presenza di una comunità di persone, anche indipendentemente da una fissa dimora, in un dato spazio perché quella comunità produce naturaliter rifiuti urbani che debbono essere smaltiti (cfr. Sent. n. 3289 del 18.02.2009).

Quel che è dunque certo attiene al fatto che tali aree, così come i locali, per integrare il presupposto d'imposta devono esser suscettibili di produrre rifiuti urbani e/o assimilati.

Di lì, trasponendo tale riflessione alla casistica in argomento, laddove il terreno e/o area NON produca né sia in grado di produrre rifiuti urbani ovvero si limiti a produrre rifiuti agricoli assimilati a quelli speciali, potrà escludersi dall'assoggettabilità al tributo per carenza del presupposto impositivo.

Non a caso, la più attenta giurisprudenza di merito, in accoglimento delle doglianze del contribuente, ha riconosciuto la non assoggettabilità dei terreni e capannoni agricoli al prelievo comunale afferente il servizio di raccolta dei rifiuti (TARI) precisando che "I rifiuti, prodotti nei fabbricati destinati all'esercizio dell'attività agricola, non possono considerarsi rifiuti solidi urbani, stante la loro specifica e intrinseca natura, la quale appunto per questo fa sì che essi vengano dispersi in campagna, come confermato dal fatto che "la loro assimilazione ai rifiuti urbani o a quelli industriali o artigianali non è neanche rinvenibile nel Regolamento Tarsu del Comune accertatore". (cfr. C.T.P. Pavia, Sent. n. 307, dep. il 16.11.2017).

Di lì, si è dell'avviso che sui fondi rurali o comunque deputati all'esercizio di attività agresti, stante la loro destinazione "agricola", debba escludersi il presupposto impositivo della TARI, salva la specifica prova da parte dell'Ente impositore circa la produzione di rifiuti urbani e/o assimilati; elemento che, costituisce requisito ineludibile ai fini della potenziale legittimità della pretesa impositiva.

A voler concludere, laddove siano rispettate le condizioni stabilite dalla Legge per ogni singolo tributo è ragionevole ritenere che la fattispecie in esame, al di là della sua particolarità, può escludersi dal raggio della pretesa impositiva.

E ciò, può ad oggi affermarsi con maggior convincimento grazie allo sforzo esegetico offerto dall'A.F. prima, e dalla giurisprudenza poi, nel ricercare quell'interpretazione teleologico-sistematica delle norme (civili-tributarie) idonea ad individuarne il reale significato.

Ad ogni buon conto, occorre attender quale sarà l'approccio della giurisprudenza: in buona sostanza se la stessa, al pari dell'A.F intervenuta con la citata Risoluzione del 2020, sposerà l'interpretazione "oggettivistica" sin qui proposta anche per quelle fattispecie IMU in cui si dovrà tener conto della modifica apportata dalla Legge di Bilancio 2020.
L'auspicio, è che ciò avvenga, pena un'inaccettabile distorsione dei principi giuridici e giurisprudenziali sin qui evocati.

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*A cura dell'Avv. Leonardo Maria Galieni, junior lawyer, contenzioso tributario, Studio Tributario Associato Mainardi Tasini - Pesaro