Giustizia

Anno giudiziario 2021: in primo grado oltre il 50% di assoluzioni

Un numero così elevato di assoluzioni in dibattimento, sia pure in assenza di una maggiore profondità di conoscenza per esempio sulla tipologia dei reati, di certo testimonia di una difficoltà evidente della nostra giurisdizione

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di Giovanni Negri

Oltre la metà dei processi che arrivano a dibattimento si conclude con l’assoluzione. Percentuale che sale ancora sino a sfiorare il 70% quando è in discussione l’opposizione a un decreto penale di condanna, quando cioè a essere contestato è il pagamento di una sanzione solo pecuniaria per reati ritenuti “minori”.

Dati che emergono con evidenza dalla relazione del primo presidente della Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. E che spingono a riflessioni sia in termini di sistema sia sulle contingenze della politica della giustizia.

Dalla tabella qui pubblicata è messo in evidenza come a dibattimento circa la metà dei processi che si celebrano con il rito ordinario (50,5%) e oltre i due terzi dei giudizi di opposizione al decreto penale (69,7%) si concludono con una pronuncia di assoluzione.

Va puntualizzato che da questa percentuale non sono esclusi i procedimenti conclusi con dichiarazione di non doversi procedere (per prescrizione o per altre cause di improcedibilità che non riguardano direttamente l’infondatezza dell’accusa: per esempio, ricorda la relazione, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto), ma tuttavia resta significativo l'indicatore che se ne ricava.

«Il complesso dei dati relativi alle percentuali di assoluzione all’esito di dibattimento - sottolinea la relazione di Pietro Curzio - evidenzia un problema sia di valutazione prognostica sulla sostenibilità dell’accusa a dibattimento da parte del pubblico ministero (articolo 125 disp. att. cod. proc. pen.) che di effettività dei controlli giurisdizionali da parte del giudice per le indagini preliminari».

Dal vertice della Cassazione arriva anche una possibile cura visto che «da tempo viene segnalata l’opportunità di incrementare e rendere più penetranti i poteri definitori attribuiti al Gup in sede di udienza preliminare, ampliando la discrezionalità allo stesso attribuita dal codice di rito, onde ulteriormente ridurre le ipotesi di assoluzione al dibattimento per infondatezza dell’accusa».

Come spesso può avvenire, il dato statistico si presta a una pluralità di letture e non sarebbe certo testimonianza della buona salute del sistema giudiziario una percentuale di condanne molto elevata. E tuttavia un numero così elevato di assoluzioni in dibattimento, sia pure in assenza di una maggiore profondità di conoscenza per esempio sulla tipologia dei reati, di certo testimonia di una difficoltà evidente della nostra giurisdizione. Soprattutto se si tiene conto della durata comunque assai elevato del nostro giudizio penale di primo grado, dai 378 giorni del 2017/18 si è passati ai 100 di più, 478, nel 2019/20 (con tutte le avvertenze della pandemia) e dei danni collaterali subiti dal cittadino che al procedimento penale è esposto.

Quanto poi all’intreccio con la cronaca, basta qui ricordare come l’attuale correttivo alla riforma Bonafede della prescrizione intende fare leva proprio sulla distinzione tra assolti e condannati in primo rado.

Dalla relazione, infine, quanto all’esame dell’attività dell’Ufficio Gip-Gup emerge che la quasi totalità delle richieste di archiviazione avanzate dal pubblico ministero viene accolta (407.986 nel 2019/2020) e che le imputazioni coatte costituiscono un evento marginale.

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