Rassegne di Giurisprudenza

Inapplicabilità della legge sul procedimento amministrativo agli atti di gestione del rapporto di pubblico impiego

a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

Pubblico impiego privatizzato - Rapporto di lavoro - Applicabilità della disciplina del silenzio assenso - Inconfigurabilità
Non è applicabile la disciplina del silenzio-assenso nell'ambito dei rapporti pubblici privatizzati perché la L. n. 241 del 1990, si applica agli atti amministrativi propriamente detti, non agli atti - ormai di natura privatistica - di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze d'una pubblica amministrazione. Le norme della L. n. 241 del 1990, riguardano, infatti, i procedimenti strumentali all'emanazione da parte della P.A. di atti autoritativi, destinati ad incidere sulle situazioni giuridiche soggettive dei relativi destinatari e caratterizzati dalla situazione di preminenza dell'organo che li adotta. Dette norme, quindi, non sono applicabili agli atti concernenti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, i quali sono adottati nell'esercizio dei poteri propri del datore di lavoro privato, connotati dalla supremazia gerarchica, ma privi dell'efficacia autoritativa propria del provvedimento amministrativo.
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 14 settembre 2021, n. 24698

Pubblica amministrazione - Attività amministrativa - Pubblico impiego - Gestione del rapporto - Diritto privato - Principi generali buona fede e correttezza - Applicabilità - Art. 97 costituzione.
Nel pubblico impiego contrattualizzato la P.A., nella sua qualità di datore di lavoro esercita poteri privatistici: gli atti di gestione del rapporto devono pertanto essere valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per il datore di lavoro privato e non è applicabile in materia alcuna disposizione della l. 7 agosto 1990, n. 241; in particolare deve ritenersi che gli atti della P.A. debbano essere conformi ai principi generali di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., letti in correlazione con il principio di buon andamento della P.A. di cui all'art. 97 Costituzione.
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 22 agosto 2013 n. 19425

Impiego pubblico - In genere (natura, caratteri, distinzioni) - Pubblico impiego privatizzato - Recesso durante il periodo di prova - Obbligo di motivazione - Necessità - Esclusione - Limiti.
In tema di lavoro in prova, il principio secondo il quale il recesso del datore di lavoro per esito negativo della prova ha natura discrezionale e dispensa dall'onere di provarne la giustificazione (differenziandosi, pertanto, dal recesso assoggettato alla disciplina limitativa dei licenziamenti) si applica anche al recesso della P.A. nel rapporto di lavoro privatizzato, cui non si estende l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi previsto dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, trattandosi di atto gestionale del rapporto di lavoro adottato con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 27 giugno 2013, n. 16224

Impiego pubblico - Impiegati dello stato - Promozioni - Diritto alle - Conferimento di incarichi dirigenziali - Natura privatistica - Conseguenze - Soggezione ai principi fondamentali dell'autonomia privata - Affermazione - Soggezione alle disposizioni della legge n. 241 del 1990 - Esclusione - Motivi dell'atto - Rilevanza - Esclusione.
L'intera materia degli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni statali è retta dal diritto privato e l'atto di conferimento è espressione del potere di organizzazione che, nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'art. 2 primo comma, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche, è conferito all'amministrazione dal diritto comune. Ne consegue che se gli atti di conferimento e revoca degli incarichi sono ascrivibili al diritto privato, non possono che essere assoggettati ai principi fondamentali dell'autonomia privata e, in primo luogo, alla regola della normale irrilevanza dei motivi e non sono soggetti alle disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241 sui procedimenti amministrativi, né ai vizi propri degli atti amministrativi.
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 22 febbraio 2006, n. 3880

Pubblica amministrazione - Attività amministrativa - Pubblico impiego privatizzato - Atti e procedimenti dell'amministrazione - Valutazione - Parametri propri dei datori di lavoro privati - Utilizzabilità in via esclusiva - Fondamento - Conseguenze - Legge n. 241 del 1990 - Applicabilità - Esclusione - Fattispecie
In tema di rapporto di lavoro privatizzato, gli atti e procedimenti posti in essere dall'amministrazione ai fini della gestione dei rapporti di lavoro subordinati devono essere valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo una precisa scelta legislativa (nel senso dell'adozione di moduli privatistici dell'azione amministrativa) che la Corte costituzionale ha ritenuto conforme al principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. (sentenze nn. 275 del 2001 e 11 del 2002). Ne consegue che, esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in particolare, le disposizioni dettate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. (Nella specie, la Corte Cass., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto che la privatizzazione del rapporto di lavoro tra l'ente lirico del teatro La Fenice di Venezia ed un dipendente primo flautista ha comportato la trasformazione del potere dell'amministrazione di disporre la riammissione in servizio, ai sensi dell'art. 132 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, da potere amministrativo autoritativo a potere privato, che si esercita mediante atti di natura negoziale, versandosi fuori delle materie di cui ai numeri da 1 a 7 dell'art. 2, primo comma, lett. c) della legge 23 ottobre 1992, n. 421 conservate al diritto pubblico a norma dell'art. 68, primo comma, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e, poi, dell'art. 69, primo comma, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165).
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 18 febbraio 2005, n. 3360