Incasso abusivo dell'assegno spedito con posta ordinaria: c'è il concorso di colpa del mittente
La spedizione per posta ordinaria di un assegno, anche se non trasferibile, fa scattare il concorso di colpa del mittente nel caso venga incassato da una persona non legittimata. L'iniziativa comporta, infatti, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l'esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gli interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda. L'”imprudenza” si configura dunque come un antecedente necessario all'evento dannoso concorrente con il comportamento colposo, eventualmente tenuto dalla banca nell'identificare chi presenta l'assegno. Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 9769, mettono il punto su un contrasto giurisprudenziale, in prevalenza concorde nell'escludere una colpa concorrente del mittente, valorizzando soprattutto la clausola di non trasferibilità. La Cassazione fa leva invece sul rischio sempre più frequente che i beni, e nello specifico gli assegni, affidati alla posta ordinaria vengano sottratti, tanto da essere una condotta vietata dai regolamenti di servizio. Né il pericolo che l'assegno finisca in mano a terzi è scongiurato dalla clausola di non trasferibilità. E neppure dall'obbligo della banca di procedere all'identificazione del presentatore, visto il perfezionamento di tecniche di contraffazione dei documenti, che rendono sempre più difficile scoprire “l'inganno” anche con controlli accurati. Le Sezioni unite chiariscono che, anche a fronte di molti sistemi di pagamento che eviterebbero di fare ricorso all'assegno, come ad esempio il bonifico, non esiste una norma che escluda di ricorrere a tale mezzo, spesso imposto anche dal fatto che il destinatario non ha un conto corrente. Esiste però la via della posta raccomandata e assicurata che offre molte garanzie in più. E chi non la usa si espone e accetta un rischio che va oltre quello ritenuto accettabile in base alle regole di comune prudenza.
Corte di cassazione – Sezioni unite – Sentenza 26 maggio 2020 n.9769