Indennizzato il deprezzamento dell’immobile causato dal rumore del traffico autostradale
La società ristora la limitazione di valore subita dal bene in misura commisurata all’indennità di esproprio, applicando la norma civilistica sulle immissioni, anche se l’opera “rumorosa” rientra nel regime pubblicistico
La società autostradale anche in assenza di esproprio di terreni o edifici per realizzare e mantenere in uso la rete può essere condannata a “indennizzare” il privato che, pur essendo rimasto proprietario dell’immobile, ne ha subito il deprezzamento a causa di immissioni di rumori e/o sostanze dannose. E non vi è vizio di ultrapetizione nella sentenza che imponga anche tale ristoro commisurandolo però all’indennità di esproprio per la riduzione del valore del bene, a fronte di richiesta del privato di limitare le immissioni e la sua domanda di danni e di indennizzo della perdita patrimoniale subita.
Così la Corte di cassazione - con l’ordinanza 631/2025 - ha rigettato il ricorso della società contro la decisione di appello che aveva imposto anche l’indennizzo da parte della società autostradale per il deprezzamento dell’immobile oltre alla conferma dell’obbligo di posizionare le barriere fonassorbenti e di risarcimento del danno esistenziale già riconosciuti dal giudice di primo grado.
La Corte d’appello nell’accogliere parzialmente i motivi di impugnazione dei privati aveva ritenuto intollerabili le immissioni di rumore in base all’articolo 844 del Codice civile, ma ritenendo di difficile realizzazione le barriere e non considerandole totalmente “risolutive” aveva condannato la società autostradale a risarcire agli appellanti il danno da deprezzamento dell’immobile quantificato per equivalente ai sensi dell’articolo 2058, comma 2, del Codice civile.
La società ricorrente lamentava in materia di immissioni rumorose che la Corte d’appello avesse mal statuito in merito alla esatta applicabilità delle normative pubblicistica e privatistica, sostenendo che al caso concreto andasse applicata la normativa pubblicistica sui limiti di accettabilità del rumore individuati dal Dpr 142/2004 (disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare).
Ma la Cassazione ha ribadito il proprio orientamento in base al quale - in tema di immissioni acustiche provenienti da circolazione stradale - va comunque tenuto conto dell’articolo 844 del Codice civile, che detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue qualora le immissioni superino la normale tollerabilità e che, solo in caso di svolgimento di attività produttive, consente l’elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il diritto fondamentale alla salute, da considerarsi valore comunque prevalente rispetto a qualsiasi esigenza della produzione, in quanto funzionale al diritto a una normale qualità della vita.
In conclusione, la Cassazione nella materia del rumore prodotto dal traffico dei veicoli - o comunque da attività connesse ai trasporti o alla produzione - è sempre pervenuta alla conclusione che in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità (sia nella vigenza del Dpr 142/2008 evocato dalla difesa sia dall’entrata in vigore dell’articolo 6 ter del Dl 208/2008), ma da ciò non può derivare una portata derogatoria e limitativa del disposto dell’articolo 844 del Codice fino al punto di escludere l’accertamento “in concreto” del superamento del limite della normale tollerabilità.