Amministrativo

Indennizzi legge Pinto, richiesta inammissibile senza istanza di prelievo

La Consulta nega che la condizione costituisca un vulnus costituzionale

di Patrizia Maciocchi

È legittimo subordinare l’ammissibilità della domanda per ottenere l’indennizzo per l’eccessiva durata del processo amministrativo, alla presentazione dell’istanza di prelievo sei mesi prima che sia scaduto il termine ragionevole di durata del procedimento fissato dalla legge Pinto. Questo perché l’istanza di prelievo, con la quale si sollecita il giudice ad anticipare la discussione del ricorso, consente una più rapida definizione del giudizio, utilizzando un modello procedimentale alternativo.

La Corte costituzionale ( sentenza 107 Redattore D'Alberti), nega che la condizione posta dall’articolo 2 comma 1 della Legge Pinto (89/2001), costituisca un vulnus costituzionale, come ipotizzato dalla Corte d’Appello di Bologna. Il giudice remittente, considerava applicabili i principi affermati proprio dalla Consulta nel 2019 (sentenza 34). In quell’occasione, infatti, il giudice delle leggi, aveva bollato come incostituzionale l’articolo 54, comma 2, del Dl n. 112/2008 per la parte in cui faceva derivare l’inammissibilità della domanda di indennizzo, dalla mancata presentazione dell’istanza di prelievo. L’omissione del rimedio preventivo poteva pesare, aveva spigato la Consulta, solo sulla quantificazione dell’indennizzo, ma sull’ ammissibilità del ricorso.

Quell’istanza rappresentava, infatti, solo un adempimento formale, non utile a consentire un’efficace accelerazione della decisione di merito. La sua mancata attivazione non poteva quindi condizionare la proponibilità del ricorso per l’equa riparazione. Ora la Corte Costituzionale valorizza invece il cambio di passo e la diversa capacità dell’istanza di rimedio di incidere sui processi “lumaca”. Nella fattispecie regolata dall’articolo 54, comma 2, del Dl 112/2008, la presentazione dell’istanza di prelievo era, infatti, solo sollecitatoria. Mentre il rimedio introdotto dalla legge 208/2015 supera la funzione «puramente dichiarativa», per raggiungere lo scopo di una rapida definizione, attraverso l’utilizzo del modello procedimentale alternativo» della decisione del ricorso in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata. Né contrasta con l’effettività del rimedio il fatto che sia mediato dalla decisione del giudice, chiamato a stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate, se ci siano i presupposti della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, il che giustifica la definizione con sentenza in forma semplificata.

È così raggiunto, per la Consulta, il giusto punto di equilibrio tra la necessità di garantire alla parte un rimedio effettivo, nei termini indicati anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, e l’esigenza di salvaguardare il rispetto delle garanzie previste nel processo amministrativo.

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