Comunitario e Internazionale

Industria: Tribunale Ue respinge richiesta danni Dyson da 176 mln

Il danno sarebbe derivato da un regolamento Ue in cui si prevedeva un metodo di prova standardizzato per calcolare il consumo energetico degli aspirapolvere

Il Tribunale dell'Ue , con la sentenza nella causa T-127/19, ha respinto una richiesta di risarcimento avanzata dalla Dyson contro la Commissione Europea, in cui chiedeva 176 mln di euro, il danno che le sarebbe derivato da un regolamento Ue in cui si prevedeva un metodo di prova standardizzato per calcolare il consumo energetico degli aspirapolvere, che avrebbe penalizzato gli apparecchi senza sacco, come quelli prodotti dalla Dyson.
Dal settembre 2014 tutti gli aspirapolvere venduti nell'Ue devono avere un'etichetta che indichi il consumo di energia, le cui modalità sono state precisate dalla Commissione in un regolamento del 2013. La Dyson Ltd e altre ricorrenti, che appartengono allo stesso gruppo, producono aspirapolvere ciclonici senza sacco. Ritenendo, in sostanza, che il metodo di prova standardizzato adottato dalla Commissione nel regolamento del 2013 per misurare il livello di efficienza energetica degli aspirapolvere penalizzasse i suoi prodotti rispetto agli aspirapolvere con sacco, la Dyson ha chiesto al Tribunale dell'Unione Europea di annullarlo. Nel 2015 il ricorso è stato respinto. Pronunciandosi sull'impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale e ha rinviato la causa al Tribunale stesso. Nel novembre 2018 il Tribunale ha annullato il regolamento del 2013, poiché il metodo di prova che prevedeva l'utilizzo di un contenitore vuoto non rispecchiava condizioni il più possibile vicine a quelle effettive di utilizzo. Con il ricorso la Dyson e le altre ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno, 176 min di euro circa, che sostengono di aver subito a causa dell'illegittimità del regolamento. Per i giudici di Lussemburgo, "adottando il metodo di prova standardizzato basato sull'utilizzo di un contenitore vuoto, la Commissione non ha violato in modo manifesto e grave i limiti del suo potere discrezionale né ha commesso una violazione sufficientemente qualificata dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione".

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