Inesistente la delibera assembleare di una società di capitali assunta con la partecipazione esclusiva di non soci
"E' inesistente la delibera assembleare di società di capitali assunta con la sola partecipazione di soggetti privi della qualità di socio della stessa". Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26199 del 27.9.2021.
I Sig.ri M. D. P., in proprio e nella qualità di amministratore unico della I. O. C. Spa, e S. P., quale socio di maggioranza della suddetta società, convenivano in giudizio F. L, G. S. e G. V. Quest'ultimo aveva partecipato a due assemblee della I. O. C. Spa in qualità di rappresentante di G. S. che asseriva possedere il 99,5 % del capitale sociale.
Alle suddette adunanze, egli aveva adottando due delibere: una di nomina del nuovo amministratore nella persona di F. L. e, successivamente, un'altra di scioglimento della società con conseguente messa in liquidazione della stessa e nomina quale liquidatore sempre di F. L.
Gli attori chiedevano, per quanto qui interessa, la dichiarazione d'inesistenza delle delibere giacché all'assemblea aveva partecipato solo il rappresentante di G. S. che, contrariamente a quanto dalla stessa sostenuto, non era socia in quanto la sua dante causa aveva alienato la partecipazione in I. O. C. Spa prima che G. S. la ereditasse. Il Tribunale di Tempio Pausania accoglieva le domande attoree, mentre la Corte d'Appello di Cagliari le respingeva. M. D. P. e S. P. proponevano ricorso per cassazione. La Suprema Corte, dunque, ha dovuto stabilire se, dopo la riforma del diritto societario del 2003, possa parlarsi d'inesistenza delle delibere assembleari nella Spa e, come si dirà, nelle società di capitali.
Il combinato disposto degli artt. 2377 e 2379 c.c. regola l'annullabilità e la nullità delle delibere assembleari della Spa dettando una disciplina applicabile, in quanto compatibile, anche alle altre società di capitali. Accanto a tali fattispecie d'invalidità, ante riforma del diritto societario, la giurisprudenza e la dottrina avevano elaborato la categoria dell'inesistenza ravvisabile laddove "… lo scostamento della realtà dal modello legale risultava così marcato da impedire di ricondurre l'atto alla categoria stessa di deliberazione assembleare …".
In particolare, la giurisprudenza riteneva inesistente la delibera assunta: senza la convocazione (Cass. 1186/01, Cass. 9364/03) e l'adunanza dei soci (Cass. 835/95); con il voto di soggetti privi di tale diritto (Cass. 233/67); a seguito di assemblea avvenuta in luogo diverso da quello indicato nella convocazione (Cass. 403/93) oppure in caso di mancata verbalizzazione delle operazioni (Cass. 11601/90).
Il Legislatore della riforma, animato dall'esigenza di certezza giuridica e di stabilità degli atti, è intervenuto, da un lato, disconoscendo l'inesistenza, che non è stata regolata, e, dall'altro, riformulando gli artt. 2377 e 2379 c.c. Essi prevedono una dettagliata disciplina delle ipotesi di nullità e annullabilità a cui ricondurre tutti i vizi delle delibere. E' stata respinta, dunque, la tesi degli operatori del diritto che ritenevano le delibere inesistenti delle " … non delibere …" piuttosto che atti viziati.
La sentenza in commento , tuttavia, ricorda che per aversi una delibera sono necessari una riunione dell'organo assembleare e "… un momento di "appropriazione" della decisione da parte dell'organizzazione societaria …"; oppure, secondo una diversa interpretazione, "… una manifestazione di volontà dei soci espressa nella forma del voto al termine della riunione (anche "potenziale") e proveniente da una maggioranza anche apparente..., cui abbiano preso parte soci titolari del diritto di voto …". In entrambi i casi, ne discende che una delibera priva dei suddetti requisiti minimi non è nemmeno astrattamente qualificabile come tale e riconducibile alla società. Non vi è allora alcun atto annullabile o nullo.
Per di più, nonostante il Legislatore abbia inteso espungere l'inesistenza dall'ordinamento, tentando di arginare l'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, essa è ancora configurabile poiché rimane "… una categoria logica e non una (possibile) fattispecie giuridica: sicché su di essa è impossibile per la legge incidere in modo definitivo…". Quest'ultima, peraltro, è un'opinione condivisa, anche dopo la riforma del 2003, dalla giurisprudenza che ha affermato l'inesistenza di una delibera dell'assemblea degli obbligazionisti di Spa (Cass. 7693/2006).
In conclusione, facendo buon governo dei suddetti principi, la Suprema Corte ritiene che "… alla categoria dell'inesistenza delle deliberazioni societarie, benché dichiaratamente espunta dall'ordinamento giuridico a seguito della riforma del diritto societario, debba continuare a ricondursi il caso di una "deliberazione" scaturita da un'adunanza di soggetti, dichiaratisi soci di una società, cui abbiano partecipato - come accaduto nella specie - soltanto soggetti che di quella società non siano, invece, affatto soci. Si è qui al cospetto, invero, di un'ipotesi di inesistenza materiale della delibera che risulta estranea alla categoria di cui agli artt. 2377 c.c. e segg., non sussistendo un atto imputabile, in via astratta, alla società".