Responsabilità

Infezioni nosocomiali, la responsabilità delle strutture sanitarie tra il “decalogo” della Cassazione e le prime cause post Covid

Il tema presenta una particolare attualità alla luce delle cause promosse contro le strutture sanitarie a seguito della pandemia da Covid 19 la cui “onda lunga” si è ora presentata nelle aule dei Tribunali

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di Giovanni Piazza*

Le infezioni nosocomiali, ossia quelle contratte durante il periodo di degenza ospedaliera, rappresentano un tema di grande rilevanza non solo per la salute pubblica, ma anche dal punto di vista legale. La responsabilità civile e penale delle strutture sanitarie in caso di infezioni nosocomiali è stata oggetto di numerose sentenze e interpretazioni giurisprudenziali, soprattutto negli ultimi anni.

Il tema presenta una particolare attualità alla luce delle cause promosse contro le strutture sanitarie a seguito della pandemia da Covid 19 che, come noto, ha colpito duramente anche all’interno degli ospedali e la cui “onda lunga” si è ora presentata nelle aule dei Tribunali.

Vale la pena ricordare che secondo la giurisprudenza italiana, la responsabilità degli ospedali e dei medici per le infezioni nosocomiali rientra nell’ambito della cosiddetta responsabilità contrattuale. Ciò significa che la struttura sanitaria deve garantire un certo standard di sicurezza e igiene, e qualsiasi danno derivante da negligenza o inadempimento di tali obblighi può essere soggetto a risarcimento.

La Cassazione ha stabilito che la struttura sanitaria è tenuta a dimostrare di aver adottato tutte le misure preventive necessarie per evitare le infezioni (mentre al paziente compete la prova di avere contratto l’infezione in ospedale, prova che tuttavia può essere fornita, piuttosto agevolmente, mediante presunzioni). In altre parole, la struttura sanitaria deve provare di non avere colpa per l’infezione contratta dal paziente. Di fatto, quella che viene contestato alla struttura sanitaria è una “ responsabilità omissiva ”, ovvero la responsabilità derivante dall’omissione di comportamenti dovuti per prevenire le infezioni, quando esse siano prevedibili e prevenibile.

Pietra miliare in questa materia è considerata la recente sentenza della Cassazione n. 6386/2023 , conosciuta anche come il “decalogo sulle infezioni nosocomiali” . Questa sentenza ha fornito un quadro dettagliato delle dieci principali linee guida che le strutture sanitarie devono seguire per prevenire e gestire le infezioni ospedaliere. Il decalogo enfatizza l’importanza di protocolli rigorosi, della formazione continua del personale sanitario e della trasparenza nei confronti dei pazienti riguardo ai rischi e alle misure preventive adottate. La sentenza n. 6386/2023 ha quindi ulteriormente rafforzato (ma si può anche dire inasprito) gli oneri posti a carico delle strutture sanitarie italiane al fine di garantire un ambiente sicuro e protetto per tutti i pazienti.

Anche nel “decalogo” – così come nelle numerose pronunce giurisprudenziali in argomento – si legge costantemente che, tuttavia, la responsabilità della struttura sanitaria non deve considerarsi di natura oggettiva, ossia quella tipologia di responsabilità che opera indipendentemente da colpa e per il solo fatto che il danno è avvenuto sotto la gestione o controllo del soggetto ipoteticamente responsabile.

Tale – corretta e logica sottolineatura – rischia tuttavia di essere concretamente svuotata di significato laddove, come non di rado accade, l’inadeguatezza dei protocolli e delle misure di prevenzione delle strutture sanitarie è dedotta sic et simpliciter dalla circostanza che l’infezione nosocomiale si è verificata. 

Un’applicazione di tale sillogismo sarebbe di particolare gravità per le strutture sanitarie a fronte dei contagi nosocomiali da Covid 19 che, come tutti ricordano, hanno avuto una grave diffusione proprio negli ospedali, colpendo non solo pazienti ma anche il personale sanitario.

Allo stato attuale non si può dire che si sia formato un chiaro orientamento giurisprudenziale e la Cassazione non si è ancora pronunciata in proposito. Alcune corti di merito hanno tuttavia negato la responsabilità delle strutture sanitarie valorizzando la circostanza che il Covid 19, almeno nella sua prima e più virulenta fase, presentava connotati assolutamente nuovi, eccezionali ed emergenziali, dal che la natura imprevedibile ed inevitabile di tale forma di contagio nosocomiale e la conseguente mancanza di responsabilità delle strutture nei confronti dei soggetti contagiati.

Si tratta quindi di una situazione ancora in evoluzione che si inserisce nel più generale e delicato contesto della responsabilità per le infezioni nosocomiali, ambito in cui resta assai difficile il contemperamento fra la tutela della salute dei pazienti e quella delle strutture di non essere considerate responsabili a prescindere da una reale carenza di risk management.

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*A cura dell’avv. Giovanni Piazza, Counsel Bird & Bird

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