Penale

Infortuni sul lavoro: la Cassazione ritorna ( con non poche criticità ) sulla posizione di garanzia del coordinatore della sicurezza

La Cassazione, con la sentenza n. 227 depositata lo scorso 12 aprile, è intervenuta nuovamente in materia di sicurezza sul lavoro, (ri)delineando il perimetro della responsabilità del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori.

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di Ottavia Murro*


Il caso di specie
La Cassazione, con la sentenza n. 13471 depositata lo scorso 12 aprile, è intervenuta nuovamente in materia di sicurezza sul lavoro, (ri)delineando il perimetro della responsabilità del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori.
Nel caso di specie l'imputato veniva condannato perché, in qualità di coordinatore della sicurezza, ometteva di verificare la corretta realizzazione delle operazioni di coordinamento e di controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza da parte delle imprese esecutrici dei lavori.
La questione giuridica sottoposta al vaglio della Corte ed inerente allo spettro di responsabilità del coordinatore è stata pertanto la seguente: il coordinatore ha il dovere di sovraintendere – momento per momento – la corretta applicazione delle prescrizioni che lui stesso ha imparitto, oppure è chiamato ad assicurare la sicurezza del cantiere con una funzione di alta ed autonoma vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni?
La Cassazione – in senso difforme da alcuni orientamenti più recenti (ex multis Cass. Pen. Sez. IV, 19 novembre 2020, n. 947) – ha sposato la prima delle due soluzioni, ritenendo che l'art. 92, comma 1 lettera a) del d.lgs. 81/08 prevede che tra i compiti del coordinatore vi sia quello di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano della sicurezza e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; tuttavia tale verifica non deve essere eseguita solo attraverso un'opera di coordinamento, ma anche attraverso un'opera di controllo materiale dell'operato svolto dalle imprese esecutrici.
Si è pertanto ritenuto che impartire le istruzioni e sollecitarne il rispetto non esaurisce i doveri di controllo e di vigilanza del coordinatore, il quale è sempre chiamato a compiere anche una puntuale opera di controllo – momento per momento – dell'effettivo rispetto delle prescrizioni.
Il coordinatore diventa sempre di più una figura chiave del cantiere che, per parte della giurisprudenza, deve pianificare, organizzare, vigilare, ma anche controllare in modo effettivo e costante il rispetto delle prescrizioni. La conseguenza - strettamente connessa alla struttura (critica) dell'art 92 in esame e dell'art. 5 del D.L. 494/96 - è il rischio di una interpretazione normativa troppo spesso protesa alla costante rideterminazione dei compiti del coordinatore della sicurezza, con conseguente incertezza circa i reali confini della posizione di garanzia su di esso ricadente.

Gli orientamenti giurisprudenziali
Gli obblighi del coordinatore della sicurezza sono stati più volte al centro del dibattito giurisprudenziale che ha visto continuamente modificare i confini (mai certi) della sua posizione di garanzia. Si frappongono, infatti, distinti orientamenti che allagano o restringono il contenuto degli obblighi che sorgono in capo al coordinatore della sicurezza.
Un primo orientamento – a cui aderisce la sentenza in esame – ritiene che il coordinatore debba costantemente vigilare sul rispetto del piano di sicurezza (Cass. Pen. Sez. IV, 3 aprile 2003, n. 24010); debba altresì verificare la corretta esecuzione dei lavori con costanti controlli finalizzati ad evitare pericolosi vuoti di vigilanza (Cass. Pen. Sez. IV, 3 ottobre 2008, n. 38002). Tale giurisprudenza, protesa all'ampliamento a dismisura della posizione di garanzia del coordinatore, mira a ritiene che questi debba attuare un vero e proprio controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate (Cass. pen. Sez. VII, 2 maggio 2017, n. 20703).
Frapposto a tale orientamento altra giurisprudenza ha ritenuto che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni; tuttavia, questi non è obbligato a verificare il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, poiché tale controllo è demandato ad altre figure operative quali il datore di lavoro, il dirigente e il preposto (Cass. Pen. Sez. IV, 21 aprile 2010, n. 18149; Sez IV, 19 novembre 2020, n. 2293).

Rilievi critici
Dalla breve analisi fin qui condotta emerge che il contenuto degli obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori risulta controverso, infatti, si passa da orientamenti giurisprudenziali (come quello in esame) protesi ad ampliare a dismisura la sua posizione di garanzia; ad orientamenti che ritengono il coordinatore titolare di autonoma funzione di alta vigilanza.
Invero, l'ampliamento incontrollato della posizione di garanzia del coordinatore, effettuato dagli orientamenti c.d. iperprotettivi, determina la concentrazione su un'unica figura di un obbligo di assoluta e continua vigilanza, con la pericolosa conseguenza di deresponsabilizzare e quindi lasciare impunite le altre figure dei garanti delle imprese coinvolte, quali i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti.
L'attività del coordinatore andrebbe meglio delineata, non potendosi (umanamente e realisticamente) estrinsecare in un controllo capillare ed incessante di tutte le diverse fasi di lavorazione effettuate dai singoli lavoratori. Il garante, infatti, non può trasformarsi in una sorta di "angelo custode che, senza soluzione di continuità, sorvegli ogni procedura di lavoro".
A ben vedere, sarebbe auspicabile una maggiore linearità sia legislativa sia giurisprudenziale.
Sarebbe opportuno, infatti, delineare in modo univoco e chiaro i doveri e gli obblighi ricadenti su ciascuna figura in posizione di garanzia – in particolar modo su quella del coordinatore della sicurezza – al fine di tendere ad un modello c.d. collaborativo in cui gli obblighi sono ripartiti tra tutti i soggetti coinvolti (sia i soggetti in posizione apicale delle imprese esecutrici, sia gli stessi lavoratori). Questo permetterebbe di individuare i limiti della responsabilità di ciascun soggetto in posizione di garanzia; di avere, altresì, una migliore organizzazione sul cantiere; una adeguata distribuzione degli obblighi di controllo e verifica; responsabilizzando così, da un lato, le varie figure coinvolte e, dall'altro, impedendo il proliferare di pericolosi contrasti interpretativi che rischiano di rendere estremamente incerta la delicata materia della sicurezza sul lavoro.

a cura dell' Avv. Ottavia Murro *Dottore di Ricerca in Diritto e Procedura Penale, Università degli Studi Roma "La Sapienza" – Partne24Ore

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