Penale

Ingiusta detenzione, per professionisti e politici indennizzo più alto

Per la Cassazione, sentenza n. 32069/2021, si deve superare il criterio aritmetico se il pregiudizio è maggiore

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di Francesco Machina Grifeo

Il pregiudizio subito dal professionista, così come dal politico, per l'ingiusta detenzione produce un danno ulteriore rispetto a quello ritenuto "fisiologico" a seguito della privazione della libertà e come tale può dar luogo ad un indennizzo maggiore di quello derivante dal mero calcolo aritmetico dei giorni di custodia cautelare subiti. Lo ha stabilito la IV Sezione penale della Cassazione, sentenza n. 32069/2021, accogliendo il ricorso di un politico locale alle prime armi oltreché medico convenzionato, che aveva lamentato un forte impatto sul numero degli assistiti.

Il ricorrente privato della libertà personale dall'ottobre 2005 al febbraio 2006 - perché "gravemente indiziato dei reati di concussione ed abuso di ufficio, dai quali veniva assolto con sentenza, divenuta irrevocabile, del Tribunale di Livorno, con la formula «perché il fatto non sussiste» – aveva ottenuto la condanna del Ministero dell'Economia al pagamento di 17.804 euro a titolo di equa riparazione. Una somma tuttavia considerata incongrua in quanto basata unicamente sul numero di giorni di custodia cautelare patiti, «omettendo di valutare gli ulteriori danni patrimoniali e non patrimoniali».

Per prima cosa, la Corte ricorda la natura indennitaria e non risarcitoria del ristoro per ingiusta detenzione, «essendo il medesimo diretto a compensare solo le ricadute sfavorevoli (patrimoniali e non) procurate dalla ingiusta ed incolpevole privazione della libertà, attraverso un sistema commisurato alla sua durata ed intensità». I giudici tuttavia aggiungono che «sono consentiti aggiustamenti alla quantificazione aritmetica allorquando emergano profili di ulteriori rispetto al "fisiologico" danno da privazione della libertà».

Più nel dettaglio, la decisione chiarisce che «un discostamento dal parametro aritmetico si giustifica allorquando la situazione creatasi a seguito dell'ingiusta detenzione sia tale da implicare il superamento del criterio della medietà, ciò verificandosi in presenza di un impoverimento tale da modificare uno stile complessivo di vita o lo scioglimento irrecuperabile di rapporti personali o ancora l'induzione di grave malattia».

In questo senso, il provvedimento impugnato incorre in un insanabile vizio motivazionale nella parte in cui «ritiene, nondimeno, idonea a compensare tutti gli effetti derivanti dall'ingiusta detenzione la somma aritmeticamente calcolata, secondo i parametri di cui all'art. 315 cod. proc. pen.». Senza dunque confrontarsi con la domanda di riparazione «con la quale si fa valere un quadro complessivo divergente e più grave rispetto alle normali conseguenze determinate di ingiusta ed incolpevole detenzione». Comprendendo una serie di pregiudizi di «rilevante natura economica, professionale e familiare (consistente perdita del numero degli assistiti, impossibilità di attendere ad obblighi assunti verso terzi), nonché la compromissione dell'avviata carriera politica». Né infine viene affrontato il tema della definitività o meno della compromissione della reputazione in una realtà di piccole dimensioni.

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