Comunitario e Internazionale

Interconnessioni tra disciplina fiscale e normativa antiriciclaggio in ambito fiscale e il dispositivo europeo sulla condivisione delle informazioni

Dalla DAC 6 al provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 26 novembre 2020.

di Marco Letizi*


Contrasto ai fenomeni BEPS. L'agenda politica internazionale degli Stati a fiscalità avanzata e delle organizzazioni internazionali appare sempre più incentrata sul tema del potenziamento e del rafforzamento della cooperazione amministrativa e dello scambio di informazioni, quali strumenti di contrasto alla frode e all'evasione fiscale internazionale.

In tale contesto, è evidente la necessità - sia a livello unionale che internazionale - non solo di rafforzare le azioni di contrasto delle politiche fiscali delle giurisdizioni non cooperative e i centri internazionali offshore che rifiutino di adottare i principi di trasparenza e di scambio delle informazioni, ma anche di esortare gli Stati a incentivare l'adozione di good tax governance, fondata necessariamente sui principi di trasparenza, efficace scambio di informazioni e fair tax competition.

Le priorità politiche nella fiscalità internazionale sono attualmente incentrate nell'assicurare che l'imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore vengono generati, al fine di ristabilire la fiducia nell'equità dei regimi di imposizione e consentire ai governi di esercitare la loro sovranità fiscale. La conflittualità tra politiche fiscali nazionali in competizione tra di loro (manifestatasi anche a livello unionale) ha indotto i singoli Stati, a bassa intensità fiscale, a sviluppare strumenti di aggiustamento macroeconomico sostitutivi rispetto ai meccanismi di politica monetaria, che si sostanziano in pratiche concorrenziali fiscali sleali volte ad attirare capitali e assets con la conseguente erosione della base imponibile in danno di altri paesi.

Tali asimmetrie impositive sono state sfruttate dalle organizzazioni criminali che collocano le diverse fasi della loro attività illecita nella giurisdizione che offre i maggiori vantaggi fiscali, le maggiori garanzie di impunità e le migliori occasioni per l'occultamento degli assets. Interrelazioni tra disciplina fiscale e AML/CFT in tema di scambio delle informazioni. In tale contesto, le interrelazioni tra la disciplina fiscale e la normativa in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo (AML/CFT) si sono progressivamente rafforzate tanto da fondarsi su interventi normativi che regolano un vero e proprio processo di osmosi informativa da un comparto all'altro e tali da influenzare sia il diritto interno che il diritto tributario internazionale afferente allo scambio di informazioni in ambito fiscale tra diverse giurisdizioni. Invero, la cooperazione amministrativa in ambito fiscale prevede non solo lo scambio automatico dei dati reddituali fiscalmente rilevanti ma anche dei dati finanziari, a seguito delle modifiche introdotte dalla DAC 2 con l'inserimento del paragrafo 3 bis nell'art. 8 della direttiva 2011/16/UE.

Le modifiche introdotte dalla direttiva 2014/107/UE e l'attivazione dello standard informativo Common Reporting Standard (CRS) dell'OCSE scaturiscono dall'accelerazione riformatrice impressa dagli USA nel 2010 con l'approvazione del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), che ha esteso lo spettro delle informazioni ottenibili attraverso lo scambio dei dati, imponendo alle istituzioni finanziarie estere (presso le quali sono instaurati rapporti finanziari riconducibili, direttamente o indirettamente, a cittadini statunitensi) di comunicare un ampio spettro di dati afferenti ai potenziali evasori all'Internal Revenue Service (IRS).

È evidente che l'ampliamento del monitoraggio anche ai dati finanziari, ha determinato la naturale allocazione di parte dell'impianto attuativo nell'ambito delle procedure previste dalla legislazione AML/CFT, in tema di identificazione e adeguata verifica della clientela. Invero, FACTA, CRS e le direttive ATAD, rimandano espressamente alla normativa AML/CFT con riferimento agli obblighi di identificazione in capo agli intermediari bancari e finanziari della clientela e dei titolari effettivi così come gli schemi di adeguata verifica fiscale ricalcano sostanzialmente quelli propri del comparto antiriciclaggio. Il processo di naturale integrazione tra la disciplina fiscale e quella antiriciclaggio origina dalla stessa legislazione internazionale ed europea. In ambito eurounitario, la direttiva 2015/849/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 ha stabilito che, in linea con le raccomandazioni del GAFI aggiornate al febbraio 2012, i «reati fiscali» connessi alle imposte dirette e indirette rientrano nell'ampia definizione di «attività criminosa», introdotta dall'articolo 3, paragrafo 4), della stessa direttiva prevista dalla disciplina antiriciclaggio.

Più nel dettaglio, la IV direttiva, pur evidenziando che le definizioni di reati fiscali previste dalle normative nazionali potrebbero divergere e che ciascuno Stato membro potrebbe ricondurre reati fiscali diversi alla nozione di «attività criminosa», definita all'articolo 3 della stessa direttiva, sottolinea come gli Stati membri dovrebbero consentire, nella massima misura possibile ai sensi dalla propria legislazione, lo scambio di informazioni o la prestazione di assistenza tra le Unità di informazione finanziaria dell'Unione (FIUs).

La direttiva 2018/1673/UE sottolinea come la definizione di «attività criminose», che costituiscono reati- presupposto del riciclaggio, dovrebbe essere uniforme in tutti gli Stati membri ed esorta questi ultimi ad assicurare che tutti i reati punibili con una pena detentiva definita dall'articolo 2 della stessa direttiva siano considerati reati-presupposto del riciclaggio.

Nell'elenco dei reati definiti dalla VI direttiva come "attività criminosa" e, quindi, reato- presupposto del riciclaggio, figurano anche «i reati fiscali connessi alle imposte dirette e indirette», in linea con le raccomandazioni aggiornate del GAFI. Sul tema della cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri in tema di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, che possa svilupparsi sinergicamente alla mutua assistenza amministrativa fiscale, interviene anche la direttiva 2018/843/UE, la quale all'articolo 50 bis esorta gli Stati membri ad assicurarsi che le competenti autorità non rifiutino richieste di assistenza avanzate da altri Stati membri in quanto ritenute inerenti, tra l'altro, a questioni fiscali. Nell'ambito della cooperazione amministrativa ai fini fiscali, la direttiva 2014/107/UE effettua numerosi rimandi alla disciplina AML/CFT statuendo l'obbligo in capo alle istituzioni finanziarie in tema di adeguata verifica in materia fiscale di acquisire, tra gli altri, la più recente documentazione in conformità delle procedure antiriciclaggio.

Tale acquisizione appare necessaria con particolare riferimento alla: verifica dell'anagrafica principale aggiornata del cliente; aperura di nuovi conti relativi alle persone fisiche; determinazione della residenza riferita ai titolari effettivi di conti preesistenti di entità o di soggetti che esercitano il controllo su entità finanziarie passive per i quali sussiste l'obbligo di comunicazione; verifica se una persona che esercita il controllo su un'entità non finanziaria passiva sia oggetto di comunicazione ovvero se il conto sia detenuto da una persona o più persone oggetto di comunicazione o da entità non finanziarie passive con una o più persone che esercitano il controllo se queste ultime siano o meno oggetto di comunicazione.

La direttiva 2016/2258/UE, relativa all'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio, evidenzia come la direttiva 2011/16/UE preveda che, qualora il titolare del conto sia una struttura intermediaria, le istituzioni finanziarie devono individuare e segnalare i beneficiari effettivi sulla base delle procedure antiriciclaggio introdotte dalla direttiva 2015/849/UE volte ad identificare, tra gli altri, i beneficiari effettivi.

La direttiva 2016/2258/UE rimarca l'importanza che le autorità fiscali accedano alle informazioni antiriciclaggio, al fine di monitorare, confermare e verificare se le istituzioni finanziarie stiano applicando correttamente le disposizioni contenute nella direttiva 2011/16/EU in materia di adeguata verifica anche con riferimento all'identificazione e segnalazione dei beneficiari effettivi delle strutture intermedie. Peraltro, l'accesso alle informazioni antiriciclaggio detenute dai soggetti indicati nella direttiva 2015/849/UE, nell'ambito della cooperazione amministrativa in ambito fiscale, garantirebbe alle autorità fiscali un più efficace assolvimento degli obblighi contenuti nella direttiva 2011/16/UE nei vari dispositivi di scambio delle informazioni e nelle varie forme di cooperazione amministrativa a livello eurounitario.

L'importanza pivotale assunta dalla normativa antiriciclaggio in seno alla cooperazione amministrativa in ambito fiscale viene ribadita nell'articolo 1 della direttiva 2016/2258/UE che inserisce il paragrafo 1 bis all'articolo 22 della direttiva 2011/16/UE, il quale stabilisce che «Ai fini dell'attuazione e dell'applicazione delle leggi degli Stati membri che attuano la presente direttiva e al fine di garantire il funzionamento della cooperazione amministrativa da essa stabilita, gli Stati membri dispongono per legge l'accesso da parte delle autorità fiscali ai meccanismi, alle procedure, ai documenti e alle informazioni di cui agli articoli 13, 30, 31 e 40 della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio». Rapporti tra DAC 6 e disciplina antiriciclaggio. La direttiva 2018/822/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 100/2020, suggella definitivamente l'interrelazione esistente tra la disciplina fiscale e il comparto antiriciclaggio.

In primo luogo, con riferimento al concetto di meccanismo transfrontaliero, la direttiva 2018/822/UE rimanda alla disciplina antiriciclaggio non solo rimarcando come la direttiva 2016/2258/UE abbia disposto l'obbligo per gli Stati membri di fornire alle autorità fiscali l'accesso per legge alle procedure di adeguata verifica della clientela applicate dalle istituzioni finanziarie ai sensi della direttiva 2015/849/UE e sottolineando, al contempo, l'utilità che il patrimonio informativo del comparto antiriciclaggio può avere per le autorità fiscali, ma evidenziando nell'Allegato IV gli elementi distintivi di meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di notifica che «compromettono le procedure di adeguata verifica utilizzate dalle istituzioni finanziarie per ottemperare agli obblighi di comunicazione di informazioni sui conti finanziari o ne sfruttano le debolezze, compreso l'uso di giurisdizioni con regimi inadeguati o deboli di attuazione della legislazione antiriciclaggio o con requisiti di trasparenza deboli per quanto riguarda le persone giuridiche o i dispositivi giuridici».

In secondo luogo, la direttiva 2018/822/UE - sviluppando ulteriormente l'ipotesi introdotta dalla direttiva 2016/2258/UE circa la possibile coincidenza tra titolare del conto e struttura intermediaria - ha dato rilevanza centrale alla figura dell'intermediario (avvocati, dottori commercialisti, consulenti, istituzioni finanziarie) nell'ambito del flusso automatico obbligatorio informativo a fini fiscali afferente ai meccanismi transfrontalieri (reportable cross border arrangement - RCBA), tracciando dei punti di contatto, ulteriori rispetto a quelli già esistenti, con la normativa AML/CFT, sia sotto il profilo soggettivo (sostanziale coincidenza dei soggetti obbligati alle comunicazioni) che oggettivo (la comunicazione dei meccanismi transfrontalieri e la segnalazione per operazioni finanziarie sospette ai fini antiriciclaggio contengono analoghi elementi informativi).

Al riguardo, è importante evidenziare che gli obblighi di comunicazione previsti dalla direttiva 2018/822/UE sono imposti ai partecipanti del cross border arrangement per il solo fatto che l'arrangement presenti almeno uno degli hallmark (indicatori di elusione o di abuso) di cui all'Allegato IV della direttiva (Allegato I del D.Lgs. n. 100/2020), indipendentemente da qualsiasi preventiva valutazione in ordine alla sua eventuale e potenziale elusività.

Dalla DAC 6 al provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 26 novembre 2020. Nell'ordinamento interno l'interconnessione tra la disciplina fiscale e AML/CFT è stata recentemente evidenziata dalla comunicazione UIF del 10 novembre 2020 avente ad oggetto "Operatività connessa con illeciti fiscali", nella quale viene sottolineato non solo come «l'evasione fiscale e il riciclaggio siano fenomeni strettamente collegati» ma anche come «l'analisi finanziaria conferma la versatilità egli illeciti tributari, inseriti spesso in un contesto criminale più ampio, messo in atto per celare l'origine illecita delle risorse. Anche le indagini giudiziarie dimostrano come l'evasione fiscale rappresenti lo strumento per precostituire fondi da reinserire nel circuito economico o per agevolare più articolate condotte criminose».

Al fine di agevolare la valutazione delle operatività sospette in ambito fiscale, l'UIF ha elaborato, in collaborazione con la Guardia di Finanza e con l'Agenzia delle entrate i seguenti schemi di anomalia: A. utilizzo ovvero emissione di fatture per operazioni inesistenti; B. frodi sull'IVA intracomunitaria; C. frodi fiscali internazionali e altre forme di evasione fiscale internazionale; D. cessione di crediti fiscali fittizi e altri indebiti utilizzi.

Estremamente interessante appare poi la risposta della Guardia di Finanza a Telefisco 2021 al quesito "3 - Presupposti differenti da Dac 6"; più nel dettaglio, "In caso di obbligo di segnalazione di operazione sospetta per conformità ad alcuni indici di anomalia fiscale contenuti nelle comunicazioni Uif del 10 novembre 2020 ovvero di indicatori di cartiera quando la dimensione dell'operazione sia transfrontaliera", il Corpo ha precisato che, sebbene la direttiva 2018/822/UE presenti evidenti elementi di somiglianza con il comparto AML/CFT disciplinato dal D.Lgs. n. 231/2007, «si basa su presupposti informativi differenti destinati ad autorità diverse (agenzia delle Entrate e Unità di informazione finanziaria di Banca di Italia), con una compresenza dei quadri sanzionatori».

Le due discipline seppure interconnesse «prevedono adempimenti distinti a carico dei soggetti attivi e pertanto, secondo la Dac 6, l'intermediario e il contribuente sono esonerati dall'obbligo di comunicazione a favore dell'agenzia delle Entrate solo se provano di aver già comunicato le medesime informazioni in un altro Stato membro in forza di uno dei requisiti di connessione territoriale, a prescindere dalle ulteriori azioni di collaborazione attiva nel settore antiriciclaggio». Dai chiarimenti forniti dalla Guardia di Finanza si deduce che il soggetto, nell'ipotesi prospettata nel quesito, dovrà effettuare sia la comunicazione in ambito fiscale all'Agenzia delle entrate che la segnalazione per operazioni finanziarie sospette all'UIF, al fine di evitare di incorrere nei due distinti sistemi sanzionatori. Il D.Lgs. n. 100/2020, che ha recepito la DAC 6, ha demandato al D.M. 17 novembre 2020 l'individuazione delle "regole tecniche per l'applicazione" della disciplina in argomento, «ivi compresa l'ulteriore specificazione degli elementi distintivi dei meccanismi ai sensi dell'Allegato I, nonché i criteri in base ai quali verificare quando i suddetti meccanismi sono diretti ad ottenere un vantaggio fiscale».

Nel decreto ministeriale viene chiarito all'articolo 6 che gli elementi distintivi di cui all'Allegato 1, lettere A, B, C ed E, al D.Lgs. n. 100/2020 «rilevano solo se suscettibili di determinare una riduzione delle imposte, cui si applica la Direttiva 2011/16/UE», dovute da un contribuente in un paese UE o in altre giurisdizioni estere con le quali è in vigore uno specifico accordo per lo scambio delle informazioni. Il decreto specifica, altresì, che il «valore del meccanismo transfrontaliero da comunicare» si identifica con il «valore del vantaggio fiscale derivabile dal meccanismo transfrontaliero» relativamente agli hallmarks A, B, C, E e chiarisce, inoltre, che il "criterio del vantaggio principale" (main benefit test) - afferente agli hallmarks A, B e C, punto 1, lettera b), sub 1), c) e d), indicati nell'Allegato 1 al D.Lgs. n. 100/2020 - risulta integrato «quando il vantaggio fiscale relativo alle imposte cui si applica la Direttiva 2011/16/UE derivabile dall'attuazione di uno o più meccanismi transfrontalieri (…) è superiore al cinquanta per cento della somma del suddetto vantaggio fiscale e dei vantaggi extrafiscali», precisando che il vantaggio fiscale deve intendersi quale «differenza tra le imposte da assolvere sulla base di uno o più meccanismi transfrontalieri e le medesime imposte che sarebbero dovute in assenza di tale o tali meccanismi».

Al riguardo è interessante soffermarsi sulla determinazione del valore riferito al vantaggio fiscale ed extrafiscale. Riguardo alla determinazione del vantaggio fiscale, il legislatore nazionale sembra voler richiamare in qualche misura i più recenti criteri di individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata, attraverso l'applicazione dell'adeguato scambio di informazioni tra i paesi e di un parametro di riferimento rappresentato dal tax rate nominale, in base al quale si considerano paesi a fiscalità privilegiata «i regimi in cui "il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia"», in linea con i chiarimenti forniti dalla Circolare/35E del 4 agosto 2016 nell'ambito della disciplina CFC. Per quanto concerne il concetto di vantaggio extrafiscale, definito dall'art. 2 del decreto ministeriale come «qualunque vantaggio economico quantificabile di natura non fiscale derivante dal meccanismo transfrontaliero» si ritiene che lo stesso possa assimilarsi ai potenziali vantaggi di natura extrafiscale che orientano un'impresa a delocalizzare le proprie attività in un paese piuttosto che in un altro e che afferiscono al livello di stabilità politica dello Stato (tale da assicurare continuità alle regolamentazioni di carattere valutario ed economico e la garanzia degli investimenti), a ben determinate caratteristiche geo- politiche, alla localizzazione geografica del territorio e alla possibilità di fare ricorso a efficienti reti di collegamento fisiche e virtuali (si pensi, ad esempio, al trasferimento elettronico dei fondi).

Al riguardo, nel dicembre 2019, il Consiglio europeo, in relazione alla più recente lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, ha invitato tutti i paesi membri ad attuare, a partire dal 1 gennaio 2021, misure di difesa efficaci in ambito fiscale ed extrafiscale, volte a proteggere i gettiti fiscali degli Stati membri e contrastare la frode fiscale, l'evasione fiscale e il fenomeno BEPS; nelle conclusioni del 18 febbraio 2020 (GU C 64 del 27 febbraio 2020), lo stesso Consiglio ha dichiarato che «L'UE e gli Stati membri possono applicare misure di difesa efficaci e proporzionate, tanto nel settore fiscale quanto in quello non fiscale, nei confronti delle giurisdizioni non cooperative, fino a quando queste figurino nella lista». Con riferimento alla lista UE dei paradisi fiscali, i settori extrafiscali (politica estera, cooperazione allo sviluppo e relazioni economiche con i paesi terzi), ritenuti a rischio dal Consiglio e per i quali lo stesso Consiglio ha esortato le istituzioni europee ad attuare misure di difesa efficaci, potrebbero, in astratto, generare correlati «vantaggi extrafiscali» richiamati dal legislatore nazionale. È evidente che le conclusioni adottate dal Consiglio europeo non aiutano rispetto alla necessità di determinare, in termini quantitativi, il valore di detti vantaggi extrafiscali.

Con il provvedimento n. 364425 del 26 novembre 2020, il direttore dell'Agenzia delle entrate ha definito i termini e le modalità di presentazione delle comunicazioni in tema di "meccanismi transfrontalieri" soggette a obbligo di notifica e ha fissato le regole per la successiva trasmissione delle stesse da parte dell'Agenzia delle entrate alle competenti autorità degli altri Stati dell'Unione europea.

Con riferimento alle prime scadenze, «il provvedimento stabilisce che la comunicazione sui meccanismi transfrontalieri relativi al periodo tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2020 vada effettuata entro trenta giorni a decorrere dal 1° gennaio 2021. Inoltre, la prima relazione periodica relativa a meccanismi commerciabili, per i quali gli intermediari presentano ogni tre mesi una relazione periodica, deve essere presentata dagli intermediari all'Agenzia delle entrate entro il 30 aprile 2021

Infine, per quanto riguarda il periodo tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020, le comunicazioni vanno effettuate entro il 28 febbraio 2021». Il dispositivo europeo sulla condivisione delle informazioni. Dalla disamina comparata delle direttive sulla cooperazione amministrativa in ambito fiscale e delle direttive antiriciclaggio si assiste ad una sorta di sovrapposizione in tema di scambio delle informazioni, tanto da far emergere come l'adeguata verifica in campo fiscale (due diligence) e l'adeguata verifica antiriciclaggio (know your client) siano, in buona sostanza, due facce della stessa medaglia. Al di là di questa compenetrazione normativa, il legislatore europeo ha istituito anche un framework tecnologico strumentale alla conservazione e alla fruizione delle informazioni nei rispettivi comparti (fiscale e antiriciclaggio); più nel dettaglio:

a.in ambito fiscale, un registro centrale unico, accessibile a tutti gli Stati membri, contenente le informazioni scambiate tra le competenti autorità in modo automatico e obbligatorio afferenti a un'ampia gamma di redditi;

b.in ambito antiriciclaggio:

(1) un registro centrale, contenente i dati sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche (da istituire entro il 10 gennaio 2020);

(2) un registro centrale, contenente i dati sulla titolarità effettiva dei trust (da istituire entro il 10 marzo 2020);

(3) un meccanismo centralizzato automatizzato, contenente le informazioni sull'identità dei titolari, dei rappresentanti e dei titolari effettivi di conti bancari, conti di pagamento e cassette di sicurezza (da istituire entro il 10 settembre 2020);

(4)"piattaforma delle FIUs dell'Unione", volta ad agevolare lo scambio informativo tra le FIUs europee, mediante la rete informatica decentralizzata FIU.net, e tra queste e quelle dei paesi terzi.

In ambito antiriciclaggio, il legislatore europeo ha, altresì, previsto che il registro centrale sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche e quello sulla titolarità effettiva dei trust istituiti in ciascuno Stato membro dovrebbero essere interconnessi attraverso la "piattaforma centrale europea" istituita dall'articolo 22 della direttiva 2017/1132.

Il piano elaborato dal legislatore europeo di contrasto ai reati fiscali, ai fenomeni BEPS, al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo è ambizioso, in quanto non solo investe una materia, soprattutto quella fiscale, che presenta ancora asimmetrie impositive tra i vari ordinamenti nazionali, ma che coinvolge una molteplicità di soggetti istituzionali (alcuni dei quali non sono neanche stati istituiti) e i cui ruoli, nell'ambito del nuovo dispositivo di contrasto, non sono ancora stati definiti; a ciò si aggiunga che la gestione delle informazioni, sia in ambito fiscale che AML/CFT, viene affidato a diverse piattaforme che, in concreto, devono essere rese tra di loro interoperabili.

Con riferimento al framework tecnologico sopra delineato, non solo è necessario che i vari registri centrali e meccanismi centralizzati siano tra di loro interoperabili ma è oltremodo auspicabile che si possa prevedere una piattaforma centrale unica a livello europeo (single point access) sulla quale ospitare i vari databases sia relativi alla due diligence fiscale che in materia di AML/CFT e che renderebbe immediato l'accesso ai dati, sia nel settore della mutua assistenza amministrativa a fini fiscali che nel comparto AML/CFT, alle competenti autorità e alle FIUs. L'idea di rendere operativa una piattaforma unica europea, pensata come single point access , nella quale vengano ospitati tutti i databases centrali in precedenza elencati e tra di loro interoperabili, è essenziale per assicurare l'efficace operatività dello scambio di informazioni e, più in generale, del complesso network istituzionale istituito dalla Commissione europea nell'Action Plan del 7 maggio 2020 e delle autorità fiscali degli Stati membri.

*a cura di Marco Letizi, Avvocato e Dottore Commercialista Esperto della Commissione europea, del Consiglio europeo e dell'OSCE

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