Civile

Interessi e decorrenza: la proposizione della domanda risulta individuabile nella attività di deposito del ricorso

Non risultano precedenti in termini, con riguardo all’espressione, contenuta nell’articolo 1284, comma 4, Cc dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali…

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di Mario Finocchiaro

Quando la legge prevede che gli interessi decorrano dalla proposizione della domanda giudiziale e la forma di introduzione della domanda è costituita dal ricorso da depositari davanti al giudice e successivamente notificarsi alla parte convenuta (nella specie: procedimento sommario di cognizione ex articolo 702-bis Cpc), la proposizione della domanda risulta individuabile nella attività di deposito del ricorso. Il riferimento legislativo alla proposizione della domanda giudiziale, infatti, è da ritenersi volto a ‘privilegiare il mero momento della formulazione della richiesta al giudice e non già quello della partecipazione della richiesta al debitore (come nelle eventualità si esige una intimazione o richiesta scritta ex articolo 1219 Cc). Lo hanno affermato i giudici della terza sezione con l'ordinanza 14 maggio 2021 n. 13145 ( Pres. Frasca; Rel. Gorgoni).

La novità recata dalla decisione della Cassazione n. 13145

Non risultano precedenti in termini, con riguardo all’espressione, contenuta nell’articolo 1284, comma 4, Cc dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali…

Analogamente, comunque, e, in particolare, nel senso che nel concetto di domanda giudiziale, la cui proposizione è idonea, a norma dell'art.icolo 1283 del Cc, a far decorrere gli interessi anatocistici, deve ricomprendersi anche la domanda giudiziale formulata con il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, restando irrilevante che il contraddittorio si attui in un momento successivo, in ragione della specialità del procedimento, poiché il legislatore con il riferimento in detta norma alla domanda giudiziale ha voluto privilegiare il mero momento della formulazione della richiesta al giudice e non già quello della partecipazione della richiesta al debitore (come avrebbe potuto fare esigendo un'intimazione o richiesta scritta ex articolo 1219 del Cc), Cassazione, sentenze 24 maggio 1999, n. 5035 e 10 settembre 1990, n. 9311, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 1991, I, p. 317, con nota di Sinesio D., Il saggio degli interessi anatocistici.

In un’ottica parzialmente diversa, rispetto alla giurisprudenza ricordata sopra, in altra occasione si è osservato - peraltro - che poiché, ai sensi dell'articolo 9, legge n. 143 del 1949, gli interessi sui compensi dovuti agli ingegneri o agli architetti decorrono ex lege dal sessantunesimo giorno successivo alla consegna della specifica, tale decorrenza, in mancanza di prova circa la data di invio della medesima parcella, va fissata in quella della notifica del decreto ingiuntivo, quale primo atto di costituzione in mora, Cassazione, sentenza 4 novembre 2011, n. 22951.

Sempre in tema di decorrenza degli interessi si è precisato, tra l’altro:

- nel caso di ritardo nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie nell'ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori ai sensi degli art. 4 e 5 decreto legislativo n. 231 del 2002 con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza che vi sia bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza che nella domanda giudiziale il creditore debba specificare la natura e la misura degli interessi richiesti, Cassazione, sentenza 31 maggio 2019, n. 14911;

- la controversia finalizzata ad ottenere la condanna in forma specifica al pagamento di un credito per interessi già genericamente riconosciuto in un precedente lodo - con l'indicazione dei relativi tassi, ma non delle date di decorrenza - rientra nell'ambito applicativo della clausola compromissoria in base alla quale tale ultimo lodo è stato pronunciato e, dunque, appartiene alla cognizione degli arbitri e non del giudice ordinario, Cassazione, sentenza 12 novembre 2013, n. 25372;

- il carattere costitutivo della sentenza di revoca di pagamenti, ai sensi dell'articolo 67 legge fallimentare, comporta che soltanto la sentenza stessa produce - dalla data del passaggio in giudicato - l'effetto caducatorio dell'atto giuridico impugnato e che soltanto a seguito di essa sorge il conseguente credito del fallimento alla restituzione di quanto pagato dal fallito, e, finché non è sorto il credito (restitutorio) per capitale, neppure sorge il credito accessorio per interessi; ne deriva che, sino alla sentenza di revoca del pagamento passata in giudicato, non può parlarsi di interessi scaduti e che non può, pertanto, farsi luogo all'anatocismo (nella fattispecie, richiesto dal curatore anche sugli interessi primari maturati nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 345, comma 1, seconda parte, Cpc), perché l'articolo 1283 Cc presuppone l'intervenuta scadenza (e dunque esistenza del credito) degli interessi primari. Né rileva, in contrario, che gli interessi sul credito riconosciuto al fallimento rientrino tra gli effetti restitutori, rispetto ai quali la sentenza di revoca retroagisce alla data della domanda, perché la decorrenza degli interessi (dalla data della domanda) non va confusa con la scadenza, la quale, nell'ipotesi di credito derivante da pronuncia giudiziale costitutiva, non può che coincidere con la data della pronuncia stessa, ossia con il passaggio in giudicato, giacché solo in tale data, perfezionatosi l'accertamento giudiziale ed il suo effetto costitutivo, sorge la conseguente obbligazione restitutoria, Cassazione, sentenze 30 luglio 2012, n. 13560 e 11 giugno 2004, n. 11097;

- la norma dell'art. 1283 cod. civ., secondo la quale possono produrre interessi dal giorno della domanda giudiziale solo gli interessi scaduti, va interpretata nel senso che gli interessi di un credito certo ma non liquido, pur maturando nel corso del giudizio promosso per la sua liquidazione, scadono in senso tecnico, cioè divengono esigibili, solo con la pronuncia giudiziale e solo da tale data producono interessi (anatocistici). Questi ultimi possono essere richiesti con apposita domanda formulata in sede di appello, ai sensi del comma 2 dell'art. 345 Cpc, sempreché si tratti di debito di interessi semplici dovuti per almeno sei mesi e con decorrenza degli interessi composti dalla domanda medesima, in ragione del principio per cui la durata del processo non deve ritorcersi in danno della parte vittoriosa, Cassazione, sentenza 22 gennaio 1997 n. 658, in Giurisprudenza italiana, 1998, p. 658 (M. Fin.).

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