Interviste a politici e personaggi noti, se il giornalista aggiunge proprie "chiose capziose" non è diritto di cronaca
Laddove l'attività del giornalista si sostanzi nella raccolta di informazioni su una determinata persona avente rilievo pubblico è necessario che verifichi se non l'assoluta verità di quanto dichiarato dall'intervistato almeno l'attendibilità di quest'ultimo
Laddove l'attività del giornalista si sostanzi nella raccolta di informazioni su una determinata persona avente rilievo pubblico è necessario che verifichi se non l'assoluta verità di quanto dichiarato dall'intervistato almeno l'attendibilità di quest'ultimo. Se il soggetto intervistato è "autorevole" le sue dichiarazioni pur mancando di continenza, di norma sono suscettibili di essere divulgate senza responsabilità per l'intervistatore. Con la sentenza 41013/2021 la Corte di cassazione ha chiarito che tuttavia perché sussista reale interesse alla pubblicazione dell'intervista, la "notorietà" dell'intervistato non deve essere intesa come sinonimo di "autorevolezza"; quasi che la giustificazione del giornalista discenda da una sorta di inganno in cui la statura professionale, istituzionale o morale del suo interlocutore lo abbia fatto cadere in merito alla indubbia affidabilità delle dichiarazioni.
In via generale non è scriminata dall'esercizio del diritto di cronaca la condotta del giornalista che riporti, anche se alla lettera, le dichiarazioni dell'intervistato di contenuto lesivo dell'altrui reputazione. Ciò in quanto al giornalista incombe, sempre, il dovere di controllare la veridicità delle circostanze riferite. In altre parole il giornalista deve fare tutto quanto in suo potere per verificare l'autenticità di quanto raccolto. E se non ha tale possibilità deve rinunciare alla pubblicazione dell'intervista. Naturalmente è diverso il caso in cui, pur effettuando le dovute verifiche, il giornalista cada in errore sulla veridicità di quanto gli sia raccontato; in questo caso soccorrono i principi sulla "verità putativa" che lo esimono da responsabilità.
Spesso le dichiarazioni diffamatorie sono rilasciate da soggetti che occupano posizioni di rilievo nell'ambito della vita politica, sociale, economica, scientifica o culturale, nei confronti di altri personaggi altrettanto rilevanti negli ambiti sopra indicati. Ebbene in tal caso è la dichiarazione rilasciata dal personaggio intervistato che "crea di per sé la notizia" indipendentemente dalla veridicità di quanto affermato e dalla continenza formale delle parole usate. Notizia che quindi anche se potenzialmente lesiva della reputazione altrui merita di essere pubblicata perché soddisfa l'interesse della collettività all'informazione.
La questione si concentra sulla qualificazione da dare al personaggio che rilascia l'intervista al fine di accertare se effettivamente trattasi di personaggio noto e affidabile, le cui dichiarazioni siano comunque meritevoli di pubblicazione. Il giudice dovrà verificare se il giornalista si sia limitato a riferire l'evento piuttosto che a divenire "strumento" della diffamazione; in quale contesto valutativo e descrittivo siano riportate le dichiarazioni altrui; quale sia la plausibilità e l'occasione di tali dichiarazioni. Per distinguere l'illecito dal lecito si dovrà accertare attraverso una attenta lettura dell'articolo, se il giornalista abbia assunto la prospettiva del "terzo osservatore" dei fatti, agendo per conto dei suoi lettori, oppure di "coautore" della dichiarazione diffamatoria. Il criterio da applicare consiste nel chiedersi non se tali giornalisti possano dimostrare la veridicità delle dichiarazioni, ma se abbiano agito in buona fede e si siano conformati all'obbligo che hanno di verificare una dichiarazione fondandosi su una base sufficientemente precisa e proporzionata alla natura e alla forza di quanto affermato. E più l'affermazione è seria, più la "base di fatti" deve essere solida.
Per altro verso sanzionare in ogni caso un giornalista per aver contribuito alla diffusione di dichiarazioni fatte da un soggetto noto durante un colloquio ostacolerebbe gravemente il contributo della stampa ai dibattiti su problemi di interesse generale.
Può quindi affermarsi che per l'operatività della scriminante in argomento è necessaria la rilevanza pubblica della notizia, ma anche che il giornalista riporti le dichiarazioni del soggetto autorevole in maniera fedele e soprattutto imparziale; senza commenti o chiose capziose. Tutto ciò perché se compito del giornalista è riportare fedelmente e in funzione di una completa informazione, il pensiero e il giudizio dei big della politica o dei personaggi noti, pur se lesivi dell'altrui reputazione, certo non deve "amplificare" il contenuto lesivo dell'informazione "aggiungendo la propria voce".