Penale

Iva omessa, fatto tenue se il debito è estinto

Secondo la Cassazione, la condotta successiva, alla luce della riforma Cartabia, va infatti valutata dal giudice insieme ad altri elementi ai fini della non punibilità

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di Laura Ambrosi

Non è punibile per particolare tenuità del fatto l’omesso versamento Iva se il contribuente ha pagato integralmente il debito anche dopo l’apertura del dibattimento: la condotta successiva, infatti, alla luce della riforma Cartabia va valutata dal giudice insieme ad altri elementi ai fini della non punibilità.

A fornire questo principio è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28031 depositata il 28 giugno.

Nei confronti di tre imputati veniva confermata dalla Corte di appello la condanna per omesso versamento Iva. Gli interessati ricorrevano in Cassazione lamentando, che la Corte territoriale non avesse considerato il pagamento del debito avvenuto successivamente alla commissione del reato, ai fini della non punibilità per la particolare tenuità del fatto (articolo 131 bis del Codice penale). Ciò anche in considerazione di un comportamento non abituale dei soggetti coinvolti.

L’accusa, sul punto, evidenziava che tale causa di non punibilità era applicabile solo se l’omissione riguardasse un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità.

La Suprema Corte ha ritenuto invece fondata la doglianza della difesa. Innanzitutto i giudici hanno constatato che in base agli atti, la somma non versata a titolo di Iva era superiore quasi al triplo della soglia di punibilità. Tuttavia, la riforma Cartabia (Dlgs 150/2022) ha modificato in modo sostanziale l’istituto che consente l’esclusione della punibilità quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Spetta poi al giudice valutare caso per caso, secondo i criteri individuati dall’articolo 133 del Codice penale (intensità del dolo e grado della colpa; gravità del danno, ecc) l’esclusione della punibilità.

Fino al 30 dicembre 2022 vi rientravano i reati con pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, ovvero sanzionati con pena pecuniaria, sola o congiunta. Il legislatore con il Dlgs 150/2022 ha implementato questa causa di non punibilità prevedendo:

l’estensione ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione indipendentemente dal massimo edittale e fatta eccezione per determinate fattispecie individuate dalla norma;

la rilevanza anche della condotta susseguente al reato per la valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa, in passato non prevista.

Il comportamento successivo alla commissione del reato va quindi valutato nell’ambito del giudizio complessivo.

A tal fine rilevano così in prima istanza la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, l’intensità del dolo o della colpa, e in secondo luogo anche la condotta successiva volta a ridurre la misura dell’offesa come restituzioni, risarcimento del danno, condotte riparatorie, ripristino dello stato dei luoghi, accesso a programmi di giustizia riparativa, adempimento dell’obbligo tributaria con integrale pagamento.

Nella specie, gli imputati avevano pagato integralmente il debito tributario. Se tale pagamento fosse avvenuto prima dell'apertura del dibattimento avrebbe consentito l’applicabilità dell'altra causa di non punibilità (articolo 13 del Dlgs 74/2000).

Tuttavia, alla luce della riforma, il versamento integrale, pur successivo, doveva essere valutato dal giudice ai fini della particolare tenuità del fatto.

Sul punto, la Cassazione ha poi precisato che la nuova norma esplica effetti anche alle vicende pendenti.

La pronuncia è importante in quanto apre nuovi scenari per la non punibilità di molti reati tributari con il pagamento del debito tributario anche successivo all’apertura del dibattimento fermo restando ovviamente il rispetto delle altre condizioni previste per la particolare tenuità.

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