Penale

L’abuso d’ufficio dopo la riforma non scatta per violazioni di regolamenti

Rileva solo la violazione di norme primarie, cioè aventi forza di legge e non quelle secondarie cui rimandano, a meno che queste costituiscano solamente una specifica tecnica

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di Paola Rossi

Non scatta l’abuso d’ufficio per il dipendente pubblico che viola norme regolamentari. Ciò dipende dalla corretta applicazione della legge 120/2020 che ha riformato il reato previsto dall’articolo 323 del Codice penale estromettendo dalla fattispecie la violazione di norme secondarie, quali i regolamenti appunto.

Con la sentenza n. 2314/2024 la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio le condanne per abuso d’ufficio comminate per violazione del regolamento sullo svolgimento dei concorsi pubblici per l’accesso alla dirigenza sanitaria, ossia il Dpr 483/1997.

La Cassazione accoglie i ricorsi affermando che la violazione delle norme del regolamento non costituiscono reato, in quanto la norma primaria cioè l’articolo 15, comma 7, del Dlgs 502/1992 che rinvia al Dpr attribuisce a quest’ultimo tutte le specifiche dettagliate per lo svolgimento delle prove d’esame. Dunque la norma primaria opera un rinvio in bianco alle norme di secondo livello, la cui violazione appunto a partire dalla riforma dell’abuso d’ufficio non costituisce reato.

Va però specificato, come indica la sentenza che ha accolto in questa vicenda il ricorso degli imputati, che in alcuni casi la violazione della norma secondaria può integrare il reato: ciò si verifica quando la norma primaria, cioè avente valore di legge, è specificamente dettagliata e la norma secondaria, quali i regolamenti, recano semplicemente a completamento della disposizione legislativa una specifica tecnica.

 

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