Penale

L’acquisizione del traffico telefonico di nuovo alla Corte Ue

Il Tribunale di Rieti solleva nuove pregiudiziali dopo la sentenza di marzo degli eurogiudici

di Giovanni Negri

La questione data retention torna all’attenzione della Corte di giustizia europea. A decidere di porre la questione pregiudiziale è stato il tribunale di Rieti con ordinanza del 4 maggio. Ai giudici europei viene chiesto di chiarire se la disciplina comunitaria è di ostacolo a una normativa, come quella italiana, che autorizza il pubblico ministero, organo dotato di piena autonomia e indipendenza, ad acquisire, con decreto motivato, i dati relativi al traffico telefonico.

Il tema, di forma e sostanza, è diventato di estrema attualità dopo la sentenza della Corte Ue dello scorso 2 marzo, con la quale, pronunciandosi sulla legislazione dell’Estonia, è stata affermata la contrarietà alla disciplina Ue dell’acquisizione dei tabulati solo su iniziativa dell’accusa, senza controllo di un’autorità terza e che, in ogni caso, l’accesso ai dati, e quindi la compressione del diritto alla privacy, è possibile solo per contrastare forme gravi di criminalità e per prevenzione di gravi minacce per la sicurezza pubblica.

Di fatto, la ricaduta della sentenza è stata forte, con gli uffici giudiziari che hanno adottato soluzioni diverse: per esempio il Gip di Roma che ha dato letture diametralmente opposte in due pronunce oppure il tribunale di Milano che ha negato efficacia alla sentenza Ue nel nostro ordinamento. E all’orientamento del tribunale di Milano si iscrive quello di Rieti che però fa un deciso passo in più.

In sintonia con i giudici milanesi infatti, quelli di Rieti mettono in evidenza la differenza tra la figura del pubblico ministero italiano ed estone. A differenza del primo, infatti, il secondo è di nomina governativa. Il pm italiano invece si configura come «un’Autorità “diversa” poiché dotata di più evidenti e pieni caratteri di autonomia e indipendenza, ponendolo al riparo da indebite interferenze di soggetti pubblici portatori di interessi di parte».

L’ordinanza mette in evidenza anche come, in Italia, dopo l’acquisizione da parte del pm, è comunque previsto un passaggio davanti al giudice nel contraddittorio tra le parti. Inoltre, impedire l’acquisizione dei tabulati anche solo su decreto del Pm provocherebbe la paralisi dell’attività d’indagine proprio sulle più gravi forme di criminalità.

Così, gli elementi di criticità sottolineati impediscono la diretta disapplicazione della normativa nazionale e impongono piuttosto un nuovo pronunciamento della Corte sull’efficacia della sentenza di marzo.

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