Penale

L'ageing testator al cospetto del reato di circonvenzione di incapaci

Nota a Cass. Pen., Sez. II, sent. 22 gennaio 2021 n. 2727

di Valeria Cianciolo *


In un Paese con un elevato numero di persone anziane, spesso ammalate, ma compos sui, il dilemma, con il quale le corti sono costrette a scontrarsi molto spesso, riguarda la scelta tra il continuare a dare tutela, in assenza di prova di artifici e raggiri, (in verità, estremamente difficoltoso), alla fragile volontà di un testatore molto avanti negli anni e in condizioni di minorata capacità (scelta questa fino ad ora percorsa e fatta propria anche dalla sentenza in commento), ovvero supporre che la "fragile" volontà del de cuius, porti a presumere una condotta deviante del beneficiario che abbia influito sulla volontà del disponente, in un senso diverso da quello in cui si sarebbe manifestata se fosse stato in condizioni di piena capacità di agire.

Anche questa sentenza ci impone delle riflessioni sui profili di criticità che la redazione di una scheda testamentaria può presentare per il disponente anziano o comunque, facilmente influenzabile: quali cautele si prestano ad assicurare il rispetto della reale volontà del testatore e l'efficacia dei lasciti disposti?

La difficoltà sta nel fatto che l'atto di ultima volontà redatto da un soggetto che ha certamente minori reattività per motivi legati all'età, pur essendo lucido, presta il fianco a facili contestazioni che minacciano la stabilità delle disposizioni da lui fatte.

Dei casi contemplati dall'art. 591 cod. civ. quello dell'incapacità naturale è senza dubbio il più problematico; gli altri (compimento della maggiore età e interdizione per infermità di mente) si possono verificare senza difficoltà (1)

Nei repertori di giurisprudenza, la fattispecie più ricorrente è proprio l'annullamento del testamento del soggetto che, a causa di una malattia o dell'età, ha scritto di proprio pugno le ultime volontà in uno stato mentale alterato.

Le obiezioni avanzate in casi come questi, riguardano la capacità in sé del testatore e/o le interferenze che un terzo può aver esercitato al fine di condizionare la distribuzione dell'asse. E' incontestabile d'altro canto che nella prassi, è frequente, e anche naturale, che un anziano, emotivamente fragile o malato, venga guidato nella redazione delle proprie ultime volontà: è una situazione fisiologica e perfino, richiesta dal soggetto che vuole fare testamento.

Occorre dunque, considerare la condizione di questi «older adults in the "grey zone" – not incapable but more vulnerable» (2).

Nella letteratura straniera c'è chi consiglia di affrontare la questione dell'ageing testator addirittura rovesciando l'implicita presunzione relativa al possesso della capacità di intendere e di volere: si prevede, infatti, una disposizione con cui «it is presumed that a testator who is 70 years or older is no longer capable of appreciating the nature and effect of his act unless otherwise proven» (3)

L'attenzione che comunemente si offre a chi voglia assicurare il rispetto delle proprie ultime volontà è quella di scegliere la forma pubblica per la redazione del testamento: la presenza del notaio e di due testimoni, richiesti dall'art. 603 c.c., e il formalismo tipico dell'atto sono una garanzia di solidità del lascito.

Al cospetto di questi problematici aspetti, sempre più spesso al vaglio del giudice, qualcuno auspica che venga modificata la regola sulla capacità di testare rendendo obbligatorio l'intervento del Notaio con lo strumento del testamento pubblico, se il testatore superi un certo limite d'età: "La preoccupazione, dunque, che un anziano, negli ultimi istanti di vita, negliga gli affetti lungamente vissuti, e premi, per mezzo del testamento, chi lo abbia per un istante infatuato, potrebbe trovare soluzione nella più salda possibilità di svigorirne l'atto mortis causa, là dove, appunto, il giudice acquisisca l'assenza d'una seria, genuina, definitiva, volontà, o la fragilità dell'intelligenza del testatore. L'agevole, domestica, figura del testamento olografo, infatti, spesso si presta a falsificazioni o ad alterazioni, sovente di non facile accertamento, sicchè gioverebbe un ripensamento, e, forse, anche la scelta normativa di precluderla, o scoraggiarla, là dove la persona sia in età avanzata, o nel caso in cui la fermezza della sua volontà, o la pienezza delle sue capacità intellettive, sia, quanto meno, dubbia". (4)

Al notaio è imposto di indagare quale sia la volontà delle parti (nel caso del testamento, ovviamente, del solo testatore) rispetto all'atto e al suo contenuto; nel fare questo il Notaio non potrà ricevere il testamento, quando si accorga dell'incapacità di intendere e di volere del testatore: i commentatori utilizzano, non a caso, verbi quali «accorgersi», «avvedersi» ecc., e spesso l'incapacità naturale che impone al notaio di non ricevere l'atto è qualificata dall'aggettivo «palese» (5)

In altre parole, al Notaio non si chiede una reale indagine sulla capacità naturale della parte, che d'altra parte, non avrebbe l'idoneità per compiere; solo se l'incapacità di intendere e di volere dovesse palesarsi nel corso della ricerca delle volontà espresse con l'atto, egli potrebbe e dovrebbe venire meno all'obbligo, di cui all'art. 27 l. not., di prestare il suo ministero. (6)

Se la soluzione appare dal punto di vista pratico, certamente appropriata ci sono due problemi che discendono a cascata se si adottasse una soluzione del genere: ci sarebbe una chiara discriminazione dei soggetti in età che sarebbero da considerarsi vulnerabili, fragili solo per questioni anagrafiche imposte per legge.

Ed imposte attraverso quale norma?

Mentre la legge stabilisce quando finisce la minore età e l'incapacità di agire ad essa collegata, manca qualsiasi traccia sul momento iniziale della vecchiaia e nessuna limitazione della capacità di agire è prevista in considerazione dell'età. Sarebbe costituzionalmente corretto?

Inoltre, un testamento pubblico può sempre essere revocato. Bisognerebbe dunque, costringere il disponente a fare un nuovo testamento pubblico. Lasciando da parte il problema dei costi, io potrei voler revocare un mio precedente testamento in punto di morte.

E se non fosse possibile? Se è vero che bisogna assicurare la migliore tutela della persona, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, per questa strada si arriva ad affermare non la tutela dell'autonomia della persona, si afferma presuntivamente la sua incapacità provata solo dal dato anagrafico. Il che non è pensabile perché contrario al dato costituzionale, ma anche allo spirito della legge in tema di amministrazione di sostegno.

Questi i problemi sul campo.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione con la sentenza 22 gennaio 2021 n. 2727, la de cuius era lucida, sebbene avesse 87 anni al momento della morte e come pure confermato dalla sentenza del Tribunale, non presentava che problemi di deambulazione e difficoltà legate al suo stato di ipertensione. L'imputata aveva da anni con la testatrice un rapporto molto stretto.

Come noto, ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persone incapaci descritto dall'art. 643 cod. pen., sono necessarie le seguenti condizioni:

a) l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica;

b) l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso;

c) l'abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine e cioè quello di procurare a sé o ad altri un profitto;

d) la oggettiva riconoscibilità della minorata capacità , in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti.

L'attività di induzione può essere desunta in via presuntiva quando la persona offesa sia affetta da una malattia che la privi gravemente della capacità di discernimento, di volizione e di autodeterminazione ed il soggetto attivo non abbia nei suoi confronti alcuna particolare ragione di credito (Cass. pen., Sez. II, 7 ottobre 2019, n. 41081) e l'incapacità deve essere comunque presente al momento dell'induzione e deve essere verificata caso per caso, in base a criteri relativistici, che impongono di tener conto delle situazioni concrete, delle contingenti condizioni del soggetto passivo dell'azione e anche dei suoi rapporti con il soggetto punibile. (Cass. pen., Sez. II, 15 febbraio 2017, n. 9734).

Certamente, l'anzianità non è stata mai indicata, anche dalla giurisprudenza più risalente, come di per sé sufficiente a cagionare incapacità (cfr. in merito, App. Caltanissetta, 23 dicembre 1957, in Mass. Giust. civ., 1957, 44 secondo cui l'età senile, di per sé, non costituisce prova dell'incapacità naturale, citata in DI LALLA, In tema di incapacità naturale e di annullabilità del vitalizio oneroso, in Foro it., 1979, I, 2728, che riporta numerose pronunce giurisprudenziali).

L'età avanzata è irrilevante quando non sia accompagnata da apprezzabili manifestazioni di decadimento mentale e la giurisprudenza ha più volte affermato che: "Le manifestazioni di tipo emozionale strettamente collegate con l'età fisiologica avanzata non assumono rilevanza ai fini dell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 643 c. p. che richiede una menomazione psichica tale da incidere concretamente sulle condizioni del soggetto e da menomarne sensibilmente le capacità volitive e intellettive". (Cass. pen. Sez. II, 25 giugno 1990 in Riv. Pen., 1992, 263).

L'art. 643 cod. pen. fa riferimento allo stato di infermità e allo stato di deficienza psichica in alternativa, condizioni queste che presentano un connotato comune: sottintendono entrambi una riduzione oggettivamente anomala delle facoltà intellettive o volitive e dei poteri di critica, tale da agevolare l'induzione al compimento dell'atto. Ma la giurisprudenza unanime precisa che la sussistenza della condizione di incapacità del soggetto passivo, essendo questa presupposto del reato, deve essere assolutamente certa.

L'idoneità della condotta ad incidere sulla volontà del de cuius deve essere valutata avuto riguardo all'età, allo stato di salute e alle condizioni di spirito del testatore, e pertanto in relazione alle particolari condizioni anche psicofisiche del medesimo, contenga già in sé la possibilità di ulteriori sviluppi, nel caso di testamento redatto da persona molto avanti negli anni e che risulti in condizioni di fragilità nel corpo e nella psiche.

Nel caso di specie, nulla portava a considerare la scelta della de cuius di attribuire il suo compendio immobiliare a favore dell'imputata, come condizionata o indotta in qualche modo, ma come una scelta ponderata, avendo una sorella con la quale non aveva particolari rapporti - e alla quale ha comunque, lasciato un piccolo vitalizio – ed avendo rapporti consolidati con la beneficiaria che nel corso di oltre un decennio aveva stabilito particolari rapporti di continuità ed affetto.

Per questi motivi, la sentenza della cassazione 2727/2021 ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

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* Avvocato del foro di Bologna e associato ONDIF

(1) La letteratura sul punto è estremamente vasta: cfr. per tutti, C.M. Bianca, Diritto civile, 2.2, Le successioni, 5a ed., Giuffrè, 2015, 273 ss.; Sassi-Stefanelli, Incapacità testamentarie, nel Commentario Schlesinger, Giuffrè, 2014, sub artt. 591-600; C. Scognamiglio, La capacità di disporre per testamento, in Trattato breve delle successioni e donazioni, I, diretto da Rescigno, coordinato da Ieva, 2a ed., Cedam, 2010, 747.

(2) HALL, Equitable Fraud: Material Exploitation in Domestic Settings, in Elder Law Rev., 2006, 7)

(3) SONNEKUS, Freedom of Testation and the Ageing Testator, in Exploring the Law of Succession, edited by Reid-de Waal-Zimmermann, Edinburgh University Press, 2007, 78 ss. (spec. 88 ss.).

(4) BONILINI, Sulla proposta di novellazione delle norme relative alla successione necessaria, in Fam. pers. succ., 2007, p. 586

(5) BOERO, La legge notarile commentata, I, Utet, 1993, sub art. 28 l. not., 216 s.

(6) LEO, Incapacità naturale e attività notarile, in Riv. notar., 1999, 1037 ss., per il quale non esiste nell'ordinamento notarile una norma che esiga dal notaio l'accertamento della capacità naturale delle parti)

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